Tre persone agli arresti domiciliari, sei in totale gli indagati. Tra questi anche l'(ormai ex) assessore delfino del Governatore Musumeci Ruggero Razza.
Così l'inchiesta sui falsi dati Covid non lascia indenne la politica
247 pagine.
È la lunghezza dell’ordinanza di custodia cautelare dell’inchiesta che vede nell’occhio del ciclone la gestione dei bollettini dei dati sui contagi del Covid-19 in Sicilia.
A finire agli arresti domiciliari la dirigente generale del DASOE Maria Letizia Di Liberti, Salvatore Cusimano dipendente regionale collaboratore della Di Liberti ed Emilio Madonia dipendente della Pricewaterhousecoopers Public Sector, società che si occupa della gestione informatica dei dati dell’assessorato.
Ma sono in sei ad essere iscritti nella lista degli indagati. Oltre ai tre finiti ai domiciliari, a ricevere l’avviso di garanzia ieri sono stati anche l’assessore alla Sanità Ruggero Razza, Direttore del Servizio 4 D.A.S.O.E. dell’Assessorato Regionale
della Salute Mario Palermo, quale Referente Unico della Regione Sicilia per i dati Covid-19 e il Vicario capo di Gabinetto dell’Assessorato alla Sanità Ferdinando Croce.
L’accusa per tutti è di falso materiale ed ideologico. Oggetto di falsificazione i dati giornalieri sui contagi, le morti e i ricoveri legati alla diffusione del Covid19.
L’ordinanza contiene una disamina quotidiana di quattro mesi di conversazioni intercorse tra i dirigenti posti ai domiciliari e quelli indagati e di quelle registrate tra la stessa Di Liberti e l’(ormai ex) assessore alla Salute per la Regione Siciliana Ruggero Razza.
Il periodo analizzato dagli inquirenti va dal 4 novembre 2020 (data in cui il Governo Conte dichiara la Sicilia Zona Arancione) al 19 marzo 2021: mesi in cui ci hanno ripetuto come un mantra che “i dati sono importanti”, che “i numeri sono chiari”.
E invece quello che emerge dalla disamina degli inquirenti e che i numeri fossero “artatamente alterati” così da essere usati a supporto delle tesi politiche, per dimostrare che tutto fosse sotto controllo.
I morti “spalmati” su più giorni, altri mai comunicati. Numeri posizionati in una “zona grigia” da utilizzare all’occorrenza a seconda delle esigenze.
“Siccome abbiamo pochi deceduti a domicilio - dice in un’intercettazione del 19 marzo 2021 Giuseppe Rappa, dipendente dell’ASP di Palermo, a Letizia Di Liberti - deceduti di oggi ne abbiamo 4, vuol dire che se
diamo quelli che abbiamo a domicilio non ne abbiamo più da parte, siccome ne abbiamo una sfilza... ne abbiamo 27, che sono vecchi deceduti che non abbiamo mai comunicato eh.. noi aspettiamo autorizzazione se li possiamo comunicarli o meno”.
“Ma sono vecchi nel senso che risalgono a marzo – aprile dell’anno scorso (2020, ndr)” prosegue Rappa.
E poi c’è il numero di tamponi, aumentati discrezionalmente e artificiosamente per tenere bassa l’incidenza dei positivi. E il numero dei guariti che diventa importante per non tanto e non solo per evitare l’inasprimento delle misure di contenimento.
“Determinati dati - chiede la Di Liberti a Francesco Lamiani, addetto stampa e colleboratore dell’Assessore alla Salute - ti servono per migliorare, quindi far fare bella figura o ti servono per affossare La Paglia (Paolo, ex direttore generale dell’Asp di Messina decaduto a seguito di una commissione ispettiva inviata dallo stesso Assessore Razza, ndr)? Perché dipende da quello che devi fare, capito?”
“Serve per bilanciare le polemiche su De Luca”, risponde Lamiani.
E sarebbe solo l’inizio.
Il filone d’indagine all’interno del quale si inserisce l’inchiesta che ieri ha scosso la Regione, infatti sarebbe più ampio: si legge sull’ordinanza, che le intercettazioni che hanno portato alla custodia cautelare in carcere della dirigente Di Liberti e l’assessore Razza a dimettersi siano da inserirsi “nel corso di indagine avente ad oggetto frode in pubbliche forniture e truffa aggravata”.
Frode e truffa.
Accuse a carico di chi non è ancora dato saperlo, visto le indagini sono ancora in corso.
L’esigenza di procedere con celerità alla richiesta dei provvedimenti di custodia cautelare di ieri è spiegata dallo stesso giudice per le indagini preliminari Caterina Brignone:
“Il fatto che taluni degli indagati siano alti vertici dell’amministrazione pubblica – quindi soggetti dotati di indubbio potere e circondati da una rete di sostegno – rende concreto ed attuale il rischio di condizionamento delle fonti dichiarative, nell’interesse proprio e di soggetti vicini, allo scopo di depotenziare gli elementi di accusa o di introdurre artatamente elementi a favore”.
Ed evidenzia il giudice, in accordo con il PM, che vi è anche “il rischio di distruzione, occultamento od ulteriore falsificazione della documentazione a riscontro e delle informazioni rilevanti di ogni genere eventualmente contenute nelle banche dati dell’amministrazione e nei dispositivi mobili degli indagati o di altri soggetti di interesse investigativo”.
Al netto di ogni commento politico e “social” sulle intercettazioni pubblicate dalle diverse testate giornalistiche nella giornata di ieri, ci limitiamo a riportare quanto dichiarato dal gip Brignone nell’ordinanza:
“La deliberata e continuata alterazione dei dati pandemici, la natura e le conseguenze delle condotte delittuose poste in essere nonché la qualità dei soggetti coinvolti ed il loro concertato agire inducono a ritenere che gli indagati non abbiano perseguito finalità eminentemente personali, ma abbiano operato nell’ambito di un disegno più generale e di natura politica”.
E prosegue:
“Le conversazioni che vedono direttamente coinvolto o chiamano in causa Razza sono estremamente chiare e significative, dimostrano la sua pregressa consapevolezza delle modalità criminose di trattamento dei dati e delle finalità perseguite”.
Molto probabile che sia solo l'inizio...