Una battaglia legale contro l'Ordinanza n°5 del Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci che giorno 8 gennaio ha impedito il rientro in classe a migliaia di studenti
Una battaglia di principio, difficile ma necessaria.
Con i due ricorsi al TAR presentati ieri dalla rete di famiglie coordinata da Catania Family Lab il dibattito sulla necessità di tornare alla scuola in presenza si riapre e si accende.
Il 9 gennaio, il giorno dopo la firma dell'ordinanza che ha impedito a migliaia di ragazzini siciliani di tornare in aula, il presidente Musumeci ha pubblicato sulla sua pagina facebook i risultati di un sondaggio di Demopolis "che conferma come la stragrande maggioranza dei siciliani sia favorevole alle misure restrittive che abbiamo dovuto adottare nelle ultime ore", scrive Musumeci.
In realtà sono tantissime le famiglie siciliane che non hanno accolto per niente bene i provvedimenti restrittivi che - nonostante le disposizioni del Governo nazionale prevedano altro - lasciano a casa non solo i liceali, ma anche i ragazzi di elementari e medie.
Ferma restando la gravissima emergenza sanitaria che però continua a generare sprechi e affidamenti con procedure amministrative "artistiche", era davvero necessario tenere a casa gli studenti mentre tutto il resto della vita fuori va avanti?
I negozi sono aperti, i centri commerciali pure, gli uffici, le banche, le poste con le loro file chilometriche dentro e fuori gli uffici.
I nostri ragazzi però non possono andare a scuola. Non possono imparare, accrescere la loro cultura, farsi un'opinione.
E le famiglie vanno in crisi: i genitori continuano a lavorare e oltre che i turni di lavoro devono incastrare le esigenze della DAD agli orari più disparati. O una sola ora al giorno, invece delle 5 in presenza, come succede a Misterbianco (e in tante altre scuole) perchè i bimbi delle elementari non reggono le lezioni al pc.
E non tutti riescono ad organizzarsi e se la situazione dovesse continuare a farne le spese sarebbero tantissime donne e mamme: costrette a lasciare il lavoro perché a casa, con i bimbi in DAD, qualcuno deve pur starci.
Su queste basi nascono i due ricorsi depositati ieri al TAR di Palermo (RG 35/2021 e 40/2021).
A seguire nella battaglia legale i genitori un team di amministrativisti che per due giorni hanno lavorato no stop alla stesura delle motivazioni sulle quali nelle prossime ore dovranno pronunciarsi i giudici del Tribunale Amministrativo Regionale.
"Le gravi limitazioni di un diritto di così elevato rango - scrivono nel ricorso gli avvocati Rocco Todero, Giovanni Pappalardo, Gianfranco Fidone e Giuseppe Vitale - possono trovare giustificazione solo nella presa d’atto di non potere tutelare diversamente il nucleo fondamentale di un diritto di pari rilievo costituzionale.
L’effettività del principio di proporzione e del fondamentale canone della ragionevolezza esige che la grave limitazione del diritto allo studio, imposta con il provvedimento impugnato, debba essere nell’ordine:
1) Adeguata, quale mezzo al fine di interrompere o ridurre sensibilmente la
diffusione del contagio;
2) Necessaria, quale unico strumento in grado di perseguire lo scopo prefissato. Non devono cioè esistere altre e diverse misure in grado di
raggiungere il medesimo obiettivo e capaci di incidere, allo stesso tempo, in misura meno gravosa sul diritto sacrificato;
3) Proporzionata in senso stretto, tale cioè da rendere sopportabile, in un’ottica di adeguato bilanciamento, la limitazione del diritto allo studio a fronte dei sicuri benefici che la compressione del diritto garantisce al bene posto sull’altro piatto della bilancia, in questo caso la salute individuale e collettiva".
E proseguono elencando una serie di motivazione che renderebero "irragionevole" l'ordinanza.
Tra queste - proseguono gli avvocati - il fatto che "la Regione ha imposto ex
abrupto la sospensione della didattica in presenza ma non ha bilanciato l’imposizione di tale sacrifico ai genitori con misure di sostegno al reddito o con misure che rendessero compatibile l’assistenza a casa ai propri figli con lo svolgimento dell’attività lavorativa (smart working)".
L'ordinanza dell'8 gennaio, sarebbe anche in "contraddittorietà rispetto alla Circolare dell’Ufficio Scolastico regionale per la Sicilia del 10.11.2020, pure richiamata nell’ordinanza, la quale afferma che “la Regione Siciliana allo stato attuale è stata individuata con ordinanza del Ministero della Salute come area caratterizzata da scenari di “elevata gravità e da un livello di rischio alto”; tale individuazione non ha alcun effetto sulla scuola".
Circolare emanata in un contesto di dati legati all'emergenza sanitaria non troppo distante da quello attuale.
Insomma, il guanto è stato lanciato. Una decisione potrebbe arrivare già nei prossimi giorni, ma al di là dell'accoglimento o meno delle richieste di queste famiglie, l'occasione è sicuramente stata utile per porre l'accento su una cosa che sottolineamo spesso tra le pagine di questo giornale: la cultura non può essere messa da parte.
Chiudere scuole, teatri, musei è da scellerarti. Ma forse l'intento è proprio quello di boicottare le generazioni future, chissà.
Questi genitori non ci stanno.