Catania vive la situazione "post covid" come se il virus, in realtà, non fosse mai esistito. Oggi facciamo un viaggio nel cuore del centro storico della nostra città per documentare come, ancora una volta, noi catanesi possiamo essere "allergici" alle regole, anche quelle che potrebbero salvarci la vita.
"Non ce n'è coviddi". Nonostante nelle settimane passate sia stato detto da molti di noi con un misto di derisione, ironia e compatimento; evidentemente a pensarlo davvero poi siamo in tanti. Almeno a giudicare da come stiamo "bellamente" ignorando le misure previste della cosiddetta "fase 3".
E non lo diciamo noi, lo dicono i fatti. Basta fare un semplice giro per la città per rendersi conto che praticamente nessuno si sta "scicando le vesti" pur di rispettare le ordinanze regionali e nazionali per la limitazione dei contagi da Covid-19. Dai proprietari dei locali commerciali ai clienti, dai passanti e alle stesse forze dell'ordine.
E le prove di ciò sono tutte intorno a noi. Basta "solo" interpretarle come tali per iniziare a vederle.
Basta solo capire che la possibilità di contagio aumenta del 70% anche quando soltanto una persona nelle immediate vicinanze non ha la mascherina per iniziare a notare come nei panifici, nei bar e nei ristoranti spesso il personale non rispetti assolutamente le norme per evitare il contagio.
Come documentato per noi anche da un cittadino della zona di Viale Mario Rapisardi: "a Catania quasi tutti i bar hanno impiegati che non usano o che tengono sotto il mento le maschere. Ovviamente molti clienti sono pure rilassati ma gli esercenti devono dare il primo segnale, ma alcuni non hanno alcun gel lavamani. É vergognoso e pericoloso."
"Ma cosa fa il questore? Cosa fanno i poliziotti del commissariato di piazza Eroi d'Ungheria? Ho tante care persone sui 70/80 anni e pensarli morti per strafottenza mi manda su tutte le furie".
E sempre restando nel fantastico tema di "persone care che potrebbero morire"; basta forse che un proprio amico/parente accusi i sintomi del virus per accorgersi che probabilmente i tavolini in cui si è seduti non solo non permettono di rispettare il distanziamento sociale, ma spesso non sono proprio a norma di legge - come per altro avviene da anni nelle zone del nostro centro storico, in cui la questione occupazione di suolo pubblico da parte dei locali va avanti da interi anni.
O per rendersi conto della gravità della situazione basta mettersi nei panni di una cittadina residente in via Gemmellaro: "io e tutti gli altri residenti di questa via siamo costretti ad attraversare orde di persone (senza dispositivi anticontagio) per rientrare a casa.
"Già da prima era abbastanza un'impresa per via del suolo pubblico aggredito senza permessi - se potessero metterebbero i tavolini anche sul nostro balcone - ma adesso c'è davvero da farsi il segno della croce. Ma in questa città cosa conta di più? Le ordinanze del Presidente o i locali notturni?!".
Oppure infine è sufficiente osservare i contributi video e le immagini raccolte da noi, dai nostri collaboratori, dai cittadini che ci hanno contattato indignati per accorgersi di tutto quello che non va?
E le conseguenze di tutto questo? Oltre a rappresentare in molti casi reati amministrativi e/o penali, sono proprio un rischio per la salute di tutti noi.
Ma lo diceva anche Tomasi di Lampedusa "i siciliani non vorranno mai migliorare, per la semplice ragione che credono di essere perfetti". E noi perfetti siamo, vero?