
In queste ultime ore la lettura del decreto "Cura Italia", appena approvato dal governo centrale, sta lasciando sconcertate tutte le organizzazioni di rappresentanza dei vari interessi diffusi che ne giudicano del tutto inadeguate le misure. È forte in tutte le categorie la consapevolezza che la priorità al momento rimane quella sanitaria, ma lasciare del tutto scoperto o quasi il tessuto produttivo e le famiglie non è responsabile. Con una loro lettera aperta, le associazioni dei commercianti Fipet-Cidec spiegano come funziona la loro filiera, quali sono i problemi immediati e qualche soluzione tampone. Istituito numero wapp dedicato agli utenti.
"I tempi difficili che stiamo attraversando potrebbero essere solo l’inizio di un declino ancora peggiore.
E non dobbiamo e soprattutto NON POSSIAMO applicare la logica dello Struzzo. Dobbiamo invece essere ben consci di cosa stiamo parlando, della amarezza della verità e della necessità delle misure che occorrono per attraversare la tempesta, perché come dice un vecchio detto popolare “chi di speranza campa, disperato muore”.
Il fronte principale di questa battaglia riguarda, al momento, l’emergenza sanitaria, ed è più che giusto e doveroso per la tutela della salute pubblica e di ogni singola vita umana, adottare ogni precauzione necessaria e rispettare le regole che vengono emanate dall’autorità.
La Fipet-Cidec, rappresentate dal segretario confederale Cidec Lorenzo Costanzo, e per la Fipet il Pres. Roberto Tudisco e Vicepres. Elena Malafarina, invitano tutte le istituzioni a fare un attento e realistico ragionamento sulle conseguenze economiche di questa emergenza sanitaria.
Lo avevamo già detto, e speriamo di non finire come Cassandra, che questa emergenza è come una GUERRA, poiché la vita ordinaria del nostro paese e della nostra città si è azzerata, le saracinesche sono chiuse, le persone rischiano la vita ed il fronte sul quale si combatte sono le corsie degli ospedali dove migliaia di medici, infermieri, assistenti, personale amministrativo prestano il proprio lavoro, rischiando la propria incolumità personale, per salvare vite umane, così come le migliaia di persone che operano nel settore alimentare, dall’allevatore, al contadino, all’autotrasportatore che ci consentono, sempre correndo i medesimi rischi, di pranzare e cenare lo stesso.
Ma come in ogni guerra esistono anche fronti secondari, sui quali i riflettori non sono accesi con la medesima attenzione, dove si consumano tragedie umane e personali.
Il nostro pensiero va alle migliaia di piccoli imprenditori e commercianti ed al loro personale, che tribolanti si mettono le mani tra i capelli e si chiedono come faranno a superare questa crisi economica, come faranno a pagare i conti, come faranno ad evitare il fallimento, come daranno un futuro alle proprie famiglie.
La nostra società nel giro di neppure due settimane ha dimostrato la propria inequivocabile fragilità.
Il decreto del governo, “Cura Italia”, è purtroppo ridicolo rispetto alle reali esigenze economiche del paese, mentre stati come Francia e Germania si armano di piani che prevedono dai 300 MILIARDI ai 550 MILIARDI di euro, noi festeggiamo per 25 MILIONI mal distribuiti e che piegano in ginocchio i commercianti ed i lavoratori.
Pensiamo solo ad un momento a come funziona una ordinaria filiera commerciale, ad esempio quella di una normale pizzeria o di un bar, non ci sono piani economici di lunga scadenza, non ci sono fondi per le emergenze, non perché il povero commerciante sia uno stolto ma perché già da anni cerca di sopravvivere tra un balzello e l’altro, ed a stento con la cassa corrente copre l’affitto, le spese dei professionisti, le tasse, le retribuzioni dei dipendenti e il costo della merce.
Solitamente cosa fa?
Emette degli assegni, postdatati a 30 o 60 giorni, e poi corre il resto del tempo per accantonare quelle somme, e per quanto la legge dica che questo non si può fare, è così che funziona nella realtà, e oggi ne dobbiamo prendere atto se non vogliamo che quelle saracinesche restino chiuse per sempre.
I mancati incassi di questo mese, e realisticamente anche di quelli che verranno prima della fine dell’emergenza, produrranno echi nella nostra economia per anni, se non decenni.
Cerchiamo per un momento di analizzare questo decreto:
- una sospensione di ben 4 GIORNI– dal 16 marzo originariamente previsto al 20 marzo- dei contributi previdenziali ed assistenziali verso le pubbliche amministrazioni; non si capisce dove troveremo i soldi in quattro giorni stando chiusi a casa e con le attività chiuse, forse si tratta di scherzi a parte.
- Per imprese, autonomi e professionisti che sono sotto i 2 milioni di ricavi i versamenti alla cassa per saldare le ritenute, l’Iva annuale e mensile, nonché i contributi previdenziali e quelli Inail sono rinviati al 31 maggioe potranno essere pagati in un’unica soluzione o in massimo 5 rate mensili; anche qui ci appare incredibile e assurdo, e l’idea di essere su scherzi a parte continua a consolidarsi.
- Per gli esercenti di negozi e botteghe è riconosciuto un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di affitto, relativo al mese di marzo; questa misura sottolinea l’innaturale e beffeggiante ottimismo di una classe politica non abituata a fare i conti con la realtà, solitamente come categoria siamo abituati a sospirare, come nel celebre film di Totò….”ed io pago”, ma stavolta la cassa è vuota e salvo che non spunti la fatina dei denti non si riempirà.
- Ai lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali «che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il primo gennaio 2019» e la data di entrata in vigore del decreto, «non titolari di pensione e non titolari di rapporto di lavoro dipendente» alla data di entrata in vigore del provvedimento viene riconosciuta un’indennità per il mese di marzo di 600 euro «erogata dall’Inps, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 103,8 milioni di euro per l’anno 2020. L’Inps provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e comunica i risultati di tale attività al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e al ministero dell’Economia e delle finanze». Se dal monitoraggio emergeranno scostamenti rispetto al tetto di spesa «non possono essere adottati altri provvedimenti concessori». Qui davvero nemmeno ci sentiamo di commentare, così come le altre misure presenti nel decreto, invitando tutti a prenderne visione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Per Cidec Lorenzo Costanzo, per Fipet Roberto Tudisco ed Elena Malafarina