Altro che sicurezza stradale. A Catania, come a Treviso, l’autovelox si conferma essere più uno strumento di tassazione impropria che un presidio per salvare vite. Ma stavolta la notizia non arriva dalla cronaca, bensì dalla giurisprudenza: e quella, si sa, non perdona. A meno che non si trovi qualcuno abbastanza “furbo” da giocarsela con un’interpretazione creativa del diritto. Spoiler: non è questo il caso.
Tutto comincia nel profondo Nord, nel 2024, quando un avvocato trevigiano impugna una serie di verbali per eccesso di velocità. A un occhio distratto sembravano multe come tante: dispositivo installato, fotografia, notifica a casa. Fine. Ma l’occhio dell’avvocato non era distratto. E s’imbatte in un dettaglio giuridico tutt’altro che secondario: l’autovelox usato non è omologato, bensì solo approvato dal Ministero. Differenza da azzeccagarbugli? Nient’affatto.
La questione arriva in Cassazione. La sentenza n. 10505 del 18 aprile 2024 è lapidaria: le multe sono nulle se il dispositivo non è omologato. Non basta l’approvazione ministeriale. Serve il timbro vero, l’omologazione. Come a dire: se un dispositivo non è stato testato, certificato e ufficialmente dichiarato attendibile, ogni sua “accusa” è carta straccia.
A quel punto, il diluvio: piovono ricorsi a tempesta. E il Governo – in particolare il ministro Salvini, nella sua inedita veste di tecnico giuridico – tenta la diga: una circolare ministeriale inviata ai prefetti per calmare le acque e salvare il salvabile. Peccato che la giurisprudenza, quando si forma, non si disfa con un colpo di penna su carta intestata. Le circolari non vincolano i giudici, e i giudici – da allora – si mettono a parlare chiaro. Chiarissimo.
La Cassazione del 2024 ribadisce il concetto: l’approvazione non equivale all’omologazione, e se il dispositivo non è conforme, le multe vanno annullate. Altro che "è tutto in regola". Segue nel 2025 una vera raffica di pronunce: la n. 1332/2025 e poi la n. 13996/2025 fino alla 13997, che introduce una postilla che farà tremare i polsi a molti.
Ed è proprio sulla scia di queste sentenze che chi scrive decide di vederci chiaro anche a casa propria. Fatta richiesta di accesso agli atti, arrivano i documenti: si tratta dei dispositivi installati sulla circonvallazione di Catania. La risposta? Uno stillicidio di carta intestata, ma la sostanza è semplice: gli autovelox in uso non sono omologati. Sono solo approvati e tarati. Come a Treviso. Come in decine di Comuni italiani.
A questo punto, gli automobilisti potrebbero finalmente tirare un sospiro di sollievo. Ma ecco l’intoppo, o meglio, l’inganno. Qualcuno tira fuori l’ultima arma disperata: una sentenza della Cassazione – la n. 13997/2025 – che afferma che per fare ricorso serve una querela di falso. Panico. Sconforto. Titoloni allarmistici. Ma anche qui, come sempre, la verità è nei dettagli, non nei titoli.
Quella sentenza non dice affatto che per annullare tutte le multe serve la querela. Dice, semplicemente, che se e solo se il verbale attesta falsamente che l’autovelox è omologato, allora sì, per smentire la dichiarazione di un pubblico ufficiale serve querela di falso. Ma se il verbale non contiene quella dicitura, il ricorso è pienamente ammissibile. E sapete cosa? I verbali che mi sono stati inviati in privato non contenevano quella dicitura. Niente omologazione scritta, niente fede privilegiata. Il castello cade.
Chi scrive non è un anarchico del pedale. Gli eccessi di velocità vanno puniti. Ma non con strumenti illegittimi, non con “apparecchi” che servono più a far cassa che a salvare vite. Perché di questo si tratta: un sistema opaco, figlio di amministrazioni che pensano di sistemare i conti comunali spremendo gli automobilisti invece che facendo buona politica.
A Catania, il sindaco Trantino, che dovrebbe rappresentare la legalità, rischia di passare alla storia come quello che ha fatto installare autovelox senza omologazione, ben sapendo che la giurisprudenza nazionale stava per ribaltare il tavolo. Una leggerezza? O un calcolo troppo ottimista, con l’idea che "tanto la gente paga e non fa ricorso"?
Se i ricorsi andranno avanti – come è probabile – il Comune si troverà non solo a restituire le somme incassate, ma a dover fare i conti con una valanga di debiti fuori bilancio, con tutto ciò che comporta per una città già economicamente in apnea. Non sarà solo un danno per i cittadini sanzionati ingiustamente. Sarà un boomerang finanziario.
Chi pagherà? Forse i responsabili tecnici? Forse l’assessore alla viabilità? O, più probabilmente, ancora una volta i catanesi, sotto forma di nuove tasse o tagli ai servizi.




