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Lavorare da casa è possibile? Si, Giuseppe Virzì spiega cos'è il Remote Worker

25-01-2020 04:21

Alessandra Di Marco

Cronaca, accenture, manutenzione, parcheggi, maresciallo salvo mirarchi, dario bussolari,


Gran parte della nostra vita si svolge nel mondo online: mandiamo messaggi su WhatsApp, condividiamo ogni momento della nostra giornata sui social, facciamo acquisti online. Internet e l'incalzante tecnologia hanno trasformato la nostra vita e noi non possiamo che accettare il cambiamento, adattarci - così come si è sempre fatto nel corso della storia - e accettare il fatto che basta un computer/un telefono/un tablet e una buona connessione Internet per stravolgere tutto. Così come ha fatto Giuseppe Virzì, il quale ha trasformato il suo classico lavoro da ingegnere informatico in un Remote Worker.



"Il Remote Worker non indica uno specifico lavoro ma è una modalità di lavoro che si svolge lontano dal centro dell'azienda", precisa Giuseppe.



Ma come ci si avvicina a questa modalità? Per capirlo, Giuseppe ci racconta la sua esperienza personale: "Due anni fa ho lasciato il mio lavoro tradizionale per diventare un lavoratore dipendente ma remoto e questo mi ha dato la possibilità di ritornare in Italia - Giuseppe ha lavorato per alcuni anni a Dublino - ed esistono diversi siti Internet con offerte di lavoro di questo tipo e circa un anno fa abbiamo creato un nostro sito in cui ci sono queste tipologie di offerte di lavoro e un canale Telegram in cui vengono inviate notifiche push quando c'è una nuova offerta".



Nello specifico, Giuseppe è un ingegnere informatico e il suo ruolo è quello di SRE - Site Reliability Engineering.  In poche parole gestisce l'affidabilità dei servizi cloud per un azienda americana; un lavoro che prima svolgeva in ufficio con il classico orario (9-18) e che adesso svolge tranquillamente da casa: "lavoro con delle macchine che non si trovano fisicamente vicino a me", anche se manca "la collaborazione con i colleghi, ma così non devo spostarmi da casa e dalla Sicilia. Dialogo con il team tramite telefono o software di video conferenza".



Dunque, la tecnologia per lavorare da remoto c'è: adesso bisogna fare quel passo in più per capire che questa modalità esiste e non possiamo continuare a NON darle il giusto peso. Per questo motivo, Giuseppe Virzì insieme ad altri membri del team, tra i quali Angelo Venturelli, ha creato una community - Remote Workers Catania - per aggregare tutti coloro che lavorano da remoto: "siamo arrivati a più di 700 membri e successivamente abbiamo iniziato ad organizzare i Meet Up, a cadenza bimestrale, degli incontri in cui tre speaker raccontano la loro esperienza da remote workers e si affrontano argomenti inerenti". Ma il gruppo non è formato solo da ingegneri informatici, ci sono anche giornalisti, web master, programmatori, content editors e social media manager.



L'obiettivo di Giuseppe e della sua community non è solo divulgare l'esistenza di questa modalità di lavoro, ma anche sensibilizzare: "il lavoro remoto, ancora, non si capisce cosa vuol dire". E il luogo perfetto per far passare questo messaggio è l'Università degli Studi di Catania: "giovedì 30 ci sarà un altro Meet Up e saremo ospiti del COF - Centro Orientamento Formazione e Placement (l'ente che collega gli studenti al mondo del lavoro). Molti di loro lasciano la Sicilia per andare alla ricerca di migliori opportunità lavorative, noi vogliamo far capire che un remote worker in Sicilia è un cervello in fuga in meno. "



Ma Catania, o in generale la Sicilia, è pronta per questa nuova frontiera lavorativa?: "Catania presenta alcuni problemi infrastrutturali, alcune zone non hanno una buona connettività - come nei piccoli centri dell'entroterra siciliano che stanno subendo uno spopolamento - per cui si presenta il problema del digital divide (il divario digitale tra chi ha accesso alle tecnologie dell'informazione e chi no, un problema assurdo se si pensa che il 50% delle nostre vite dipende proprio da queste tecnologie). In più, c'è un ulteriore problematica a livello normativo. Non siamo pronti perchè al remote worker non viene riconosciuta una sua dignità individuale. Come vengo tutelato a livello assicurativo dall'azienda per cui lavoro se ho incidente a casa durante le ore di lavoro?"



Bisogna superare questa diffidenza perchè solo così aziende, ma anche l'amministrazione pubblica, possono giovarne: "devono capire che il lavoratore deve essere pagato non per le sue ore in ufficio, ma per il lavoro che svolge."



Come Giuseppe pensiamo che questo rappresenti il futuro del mondo lavorativo, anche se: "in Italia ci siamo arrivati un po' dopo. Ora se ne parla di più e può abbracciare diverse tipologie di lavoro"


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