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Omicidio del brigadiere Luigi Venezia, i Carabinieri: "Non ci fermiamo"

29-09-2018 02:51

Giuseppe Nibali

Cronaca, Inchieste, renato lombardo, maresciallo salvo mirarchi,

Omicidio del brigadiere Luigi Venezia, i Carabinieri: "Non ci fermiamo"

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Proseguono incessantemente le indagini dei Carabinieri sull'agguato del 28 febbraio scorso, in cui ha perso la vita nelle campagne di Lentini, in provincia di Siracusa, Luigi Venezia, carabiniere in pensione con un passato da eroe dell'antimafia.



A sei mesi dal fatto, gli investigatori, chiusi nel più assoluto riserbo, sembrano procedere silenziosamente ma senza sosta. La speranza è certamente quella di far luce al più presto su un caso dai contorni oscuri, per dare giustizia ad un vero servitore dello Stato. Come troppo spesso è avvenuto in passato ad altre vittime cadute in circostanze simili, anche il brigadiere Venezia è stato immediatamente oggetto di ipotesi screditanti, fantasiose e offensive, costruite forse minuziosamente e diffuse, per distogliere l'attenzione dalla realtà dei fatti ma riportate troppo frettolosamente senza gli effettivi riscontri



Il timore che quanto avvenuto a fine febbraio scorso, appena fuori la provincia di Catania, potesse in qualche modo passare in sordina, ha certamente toccato negli ultimi mesi, tutti coloro che attendono di sapere cosa è accaduto quella maledetta mattina a Lentini, in particolare la famiglia e gli amici più stretti dell'ex membro della squadra dei "Lupi" dei Carabinieri di Catania.


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Ed invece, come conferma il Capitano Rossella Capuano, che guida la compagnia di Augusta ed è tra gli investigatori che si occupano di far luce sul caso, l'iter inquisitorio prosegue: "Andiamo avanti senza sosta con le nostre piste ed ovviamente non c'è nulla che si sappia ancora per nostra volontà, perchè questo potrebbe inficiare le indagini. Non ci fermeremo fin quando si saprà la verità e sarà fatta giustizia, per noi sarà un grande traguardo, questo è certo".


Dunque è viva la speranza di capire davvero e presto, per quale motivo un uomo di quasi sessant'anni, in pensione, con una famiglia e dei figli a cui era legatissimo, si trovasse lontano da casa, in un luogo isolato, a metà mattina e senza aver detto nulla a nessuno, quando in alcun modo Luigi Venezia era solito allontanarsi da Catania con regolarità, specie per andare nelle zone in cui si è verificato il delitto.


La diffusione poi di notizie a dir poco confuse quasi immediatamente dopo il fatto, ha reso i contorni del tutto, molto poco chiari. La possibilità paventata di una rapina a mano armata in pieno giorno, seppur in una zona isolata, era parsa quantomeno assurda, specie perchè tentata ai danni, guarda caso, di un ex militare, che girava costantemente armato per i trascorsi con i clan negli anni '90, contro cui si era battuto lancia in resta, al punto da subire un tremendo attentato ad Acireale nel 1992, da cui era uscito gravemente ferito pur riuscendo coraggiosamente a rispondere al fuoco della lupara della cosca dei Laudani.


Inoltre, le voci circa la presenza di una testimone, in particolare una prostituta, non hanno poi trovato un reale fondamento nè sono state successivamente confermate, ma sono evidentemente servite per indirizzare l'opinione pubblica, immediatamente verso una specifica idea sull'accaduto.


Ed egualmente il fatto che la stradina sterrata, contrada Sabbuci, luogo della sparatoria, fosse nota anche per gli incontri delle coppiette, con rapine già avvenute di recente, rafforzava oltremodo una tesi che avrebbe dovuto almeno essere verificata, anche soltanto per rispetto della famiglia e del vissuto dell'ex brigadiere, specie nei momenti immediatamente successivi al fatto.


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Il quadro delineato da alcuni organi di stampa, già poche ore dopo la tragica aggressione, cioè che l'uomo in macchina con la ragazza, fosse stato sorpreso dai due rapinatori e avesse reagito, perdendo la vita, era stato immediatamente messo in dubbio oltre che dai familiari anche dagli amici più stretti, dai colleghi di vecchia data compagni di mille battaglie ma anche da chi conosceva meno Luigi Venezia.


Il brigadiere infatti era risaputo fosse un'eccezionale persona, sempre pronto ad aiutare chi fosse in difficoltà, un amico sincero, oltre che un'ottimo padre ed un'investigatore d'altri tempi, un "segugio" fuoriclasse che in passato aveva contribuito a mettere le manette ai polsi ad alcuni tra i più pericolosi latitanti della criminalità catanese e per questo era stato preso di mira, divenendo un bersaglio per aver flagellato la mafia costantemente e senza sosta, incarnando l'ideale di giustizia e correttezza.


In generale dunque tutta la vicenda risulta estremamente incerta e ciò che colpisce, sono sopratutto le modalità dell’esecuzione: due individui a volto coperto che sparano contro l'uomo, che non è chiaro se fosse all'interno della sua auto, il quale reagisce, trovandosi in un conflitto a fuoco nel quale ha la peggio.


Successivamente, i due killer frugano le tasche della vittima, rubano la sua arma e fuggono, sparendo letteralmente come fantasmi. Troppi particolari strani e singolari coincidenze nell'accaduto, se si considera anche che da anni ormai la provincia di Siracusa, non è più quella "


babba

" dal punto di vista criminale, come veniva considerata un tempo, ma anzi è assolutamente attiva e pericolosa per i grandi interessi dei clan che comandano anche in accordo a quelli catanesi, come emerso dall'ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia del 2018.


Nello specifico, pizzo, estorsioni, violenze, spaccio di stupefacenti, intimidazioni, collusioni con la politica, le attività svolte dai clan aretusei con -"


L’operatività delle organizzazioni siracusane che continua a trovare linfa vitale in una strategia di pax mafiosa tra i sodalizi della provincia e nelle salde alleanze con le consorterie etnee"-

in base a quanto afferma la DIA.


Dunque una vicenda torbida, avvenuta immediatamente fuori la provincia di Catania, quasi ad escludere la possibilità che le indagini potessero essere svolte da chi Luigi Venezia lo conosceva bene, così come bene conosceva il territorio.


Si spera però che i Carabinieri e la Procura di Siracusa possano chiarire il quadro, il prima possibile e nel modo migliore, per rendere giustizia a chi aveva consacrato la propria vita alla difesa dello Stato e alla libertà di tutti dal cancro della criminalità organizzata.


 


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