Il magistrato: "Accettare un trasferimento d'ufficio connesso solo a ragioni di sicurezza sarebbe un segnale di resa che non intendo dare". Nino Di Matteo, il pm del processo sulla presunta trattativa stato-mafia, non lascerà la città di Palermo. Il magistrato, infatti, ha rifiutato la proposta di trasferimento avanzata dal Consiglio superiore della magistratura per motivi di sicurezza, dopo un'intercettazione in cui un mafioso avvisava la moglie dell'intenzione di ammazzarlo. “Non sono disponibile al trasferimento d’ufficio – ha detto Di Matteo -. Accettare un trasferimento con una procedura straordinaria connessa solo a ragioni di sicurezza costituirebbe a mio avviso un segnale di resa personale e istituzionale che non intendo dare”. Un forte gesto di integrità e coraggio, monito ed esempio per molti. “La mia aspirazione professionale di continuare a lavorare sulla criminalità organizzata trasferendomi alla Dna si realizzerà eventualmente solo se e quando sarò nominato in esito a una ordinaria procedura concorsuale”, ha aggiunto il magistrato, che da tempo ambisce alla Direzione Nazionale Antimafia. La pratica per il trasferimento d’urgenza è stata aperta nei mesi scorsi, dopo le rivelazioni del pentito Vito Galatolo che ha parlato di un progetto di attentato al pm. Il livello di protezione predisposto per Di Matteo, soprattutto dopo le dichiarazioni intercettate in carcere di Totò Riina, è massimo. Parole eloquenti quelle del boss, che medita la "fine del tonno". A Di Matteo è stato proposto quindi il trasferimento alla Dna, che oggi il magistrato ha rifiutato. Lo stesso ha però, nelle scorse settimane, presentato domanda per partecipare al concorso ordinario per sostituto della Direzione nazionale antimafia su cui il Csm dovrà pronunciarsi all’inizio del prossimo anno.