A Sferro, unica frazione del comune di Paternò, è successa una cosa che ha trovato ampio spazio sulla stampa locale e non solo: nella mattinata del 7 settembre scorso, viene celebrata una messa per invocare la pioggia.
Il parroco della piccola località agricola, Padre Alessandro Ronsisvalle, ha eseguito la liturgia di fronte ad una platea composta da diversi abitanti: nel complesso, si parla di neppure un centinaio di anime, quasi tutte dedite alla coltivazione della terra. Ciascuna di queste anime, però, versa in uno stato di profonda costernazione per la grave siccità che i terreni della Piana di Catania patiscono ormai da mesi.
Una preoccupazione più che condivisibile anche da chi non dovesse “masticare” molto di Chiesa. D’altro canto, se le istituzioni non intervengono, tanto vale tentare con Chi sta più in alto.
Come in cielo…
Già a febbraio di questo 2024, sono in migliaia gli agricoltori della Sicilia orientale che si vedono costretti ad attingere da pozzi privati per poter irrigare i terreni di proprietà.
Nel caso non bastassero le forti evidenze direttamente dai campi, i dati sull’andamento pluviometrico dello scorso aprile, registrati dalle reti SIAS (Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano), confermano a pieno l’arsura provata dalle campagne del nostro territorio.
Nella considerazione d’apertura a tali dati, che non lascia affatto spazio ad interpretazioni, in effetti si legge: “Il mese di aprile ha prolungato ulteriormente, in Sicilia, una ormai lunga serie di mesi con precipitazioni inferiori alla norma avviata lo scorso settembre 2023 […] un’anomalia estrema rispetto al clima siciliano.”
Alla conclusione del quarto mese dell’anno, le stazioni automatiche SIAS annotano un numero medio di giorni piovosi pari a 3,2 a fronte di un valore normale che, invece, si attesta su 6 giorni: nella provincia di Messina, la buona sorte porta in totale 8 giorni di pioggia; ben altra storia nel ragusano, zona in cui nuvoloni e precipitazioni si palesano per un solo giorno.
“Per l’area di Catania” – si legge, infine, nel report del Servizio Informativo – “il periodo settembre 2023/aprile 2024 appare essere stato in assoluto tra i più asciutti delle serie degli Annali Idrologici che partono dal 1916.”
Un record infranto di cui si sarebbe volentieri fatto a meno.
…così in terra
Il 26 aprile scorso, con un comunicato riportato sul sito istituzionale, la Regione informa i cittadini dell’imminente avvio dei lavori di canalizzazione provvisoria delle acque del fiume Simeto, a valle della traversa di Ponte Barca, luogo in cui le paratoie fanno purtroppo registrare gravi perdite.
Da Palazzo d’Orleans viene garantito che, grazie a questi interventi ad opera del Consorzio di Bonifica di Catania, potranno essere immessi su alcune porzioni della vastissima Piana “circa 600 litri d’acqua al secondo, una fornitura che sarà disponibile anche nei mesi estivi”.
A prescindere da questa notizia, a suonare come una grossa forzatura è però proprio quest’ostinarsi nel continuare a catalogare il Simeto come “fiume”.
Qualche mese addietro, il delegato della sezione catanese di LIPU, Giuseppe Rannisi, ha descritto perfettamente la pietosa condizione del Simeto, affermando che il corso d’acqua, non riuscendo più a sfociare nel Mar Ionio, si ferma e diventa niente più che un lago salmastro.
L’immagine di un Simeto le cui ali sono tarpate da eventi estremi come la siccità, dovuti soprattutto al cambiamento climatico, non ferma però chi con questa sete disperata ha fame di “piccioli”: non sono affatto pochi gli episodi di prelevamenti illeciti di enormi quantità d’acqua, tramite apposite pompe posizionate lungo il letto del fiume, che culminano con l’immissione e la rivendita del prodotto a tanti coltivatori, con pesanti sovrapprezzi.
“Abbiamo più fabbisogni che risorse”, ha dichiarato lo stesso Rannisi, con una nota di rassegnazione.
Ma, quando anche quei pochi fabbisogni finiscono, alla Sicilia non rimane altro che tenere le mani giunte e pregare.