Quello che nessuno (o quasi) si sarebbe mai immaginato sino a pochi mesi fa è accaduto.
Ci siamo dentro fino al collo e stiamo facendo di tutto per uscirne, ma una cosa è certa: il maledetto virus nonnsolo continua a uccidere ma sta cambiando la realtà che ci circonda (forse per sempre) così come lo conoscevamo.
Il mercato del lavoro ad esempio non tornerà facilmente come prima, in nessun luogo.
Più che legittima è la preoccupazione per un possibile rapido aumento della disoccupazione.
In Gran Bretagna la campagna “Rethink. Reskill. Reboot ” (a dire il vero molto contestata a causa di un brutto manifesto) è stata avviata con lo scopo di incoraggiare coloro i cui mezzi di sussistenza sono a rischio a prendere in considerazione lavori alternativi e a rivedere le opportunità educative per riavviare la propria carriera.
“Rethink. Reskill. Reboot ” significa più o meno "Ripensa. Riposiziona le tue competenze. Ricomincia"
Se la disoccupazione aumenta la riqualificazione diventa essenziale.
Una crisi come questa accelera ogni cambiamento già in corso nel mercato del lavoro: imprese e dipendenti si orientano necessariamente a diversi modi di lavorare e pure a tipi di lavoro diversi.
A partire da un’altra crisi, quella del 2008 la trasformazione del mercato del lavoro ha visto incrementarsi in misura straordinaria il numero di lavoratori autonomi, in tutti i settori .
Gli sgraditi effetti della pandemia spingeranno inevitabilmente:
1. alcuni a tentare di prendere in mano direttamente la propria attività attuale
2. mentre altri potrebbero decidere di cambiare completamente carriera.
Appare chiaro che alla fine di questo orribile periodo una parte essenziale della ripresa sarà incentrata sulla riqualificazione e quindi sull’istruzione.
In Inghilterra come negli Usa e in gran parte dei Paesi del Nord Europa questo è un concetto acquisito.
Non altrettanto nel nostro Paese dove il passaggio da un’attività all’altra è sentito ancora - per ragioni culturali e a causa della legislazione vigente - come un terrificante salto nel buio.
Scuole e Università sono dunque destinate a svolgere un ruolo importante nell'aiutare coloro che hanno perso i propri mezzi di sussistenza ad acquisire nuove competenze e apprendere nuovi modi per navigare in questi tempi complessi.
Lo faranno? Lo faranno ovunque ce ne sarà la necessità?
Visto che la necessità sarà ovunque non cominciare immediatamente ad attrezzarsi è da considerarsi criminale.
La palla (sperabilmente tra poco) passerà nelle mani di chi ha la responsabilità di programmare il futuro prossimo venturo: quindi politici e docenti.
I primi dimostrino per una volta di essere seri: blaterale a vanvera e impugnare decreti pesantissimi ma pure necessari è un giochetto davvero meschino di fronte a un'emergenza come questa...
Per i secondi il lockdown e la didattica a distanza non possono essere un alibi per posticipare e piangersi addosso...
La responsabilità è enorme...
È il founder director del tendermagazine SudStyle.
Milanese di nascita, vive tra Catania, Cenobbio, New York e Washington, dove lavorano i suoi figli.
Tra il 1980 e il 1982 collabora con le riviste “Belfagor” di Luigi Russo e “Alfabeta” di Nanni Balestrini.
Giornalista professionista, tra il 1989 e il 2000 dirige il periodico specializzato nel settore tessile abbigliamento come “L’Uomo Vogue”.
Nel 2013 e 2014 dirige “Tar magazine”, rivista di arte scienza ed etica. Blogger di “Huffington Post Italia”, “Artribune”. Ha pubblicato libri di saggistica ed è tra i fondatori dell’Associazione Mediterraneo Sicilia Europa e il Centro Studi sulle migrazioni che porta lo stesso nome.