Nel momento in cui il dibattito politico interno ad un Paese si fa via via sempre più agitato e agitatore, aumentano le probabilità che pure quelle questioni apparentemente del tutto chiare, nitide, vadano comunque a creare un paradosso.
Una delle tante questioni paradossali italiane, creata in tempi più o meno recenti e riproposta con cadenza annuale, ha in effetti molto a che fare con le parole “chiarezza” e “nitidezza”.
In realtà, il sinonimo più giusto da affiancare è “lucidità”.
Lo sballo dei mestieri…
Il 30 ottobre 2007, a seguito della Conferenza Unificata Stato-Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, viene emanato un provvedimento col quale si individuano i lavori (o le mansioni) per i quali l’assunzione di sostanze stupefacenti, “anche solo sporadica”, può comportare rischi per la propria o altrui incolumità.
Diviene perciò ufficialmente obbligatoria l’analisi periodica e preventiva sui lavoratori, finalizzata all’accertamento dell’eventuale uso di sostanze.
Nell’allegato all’articolo 1 sono definite con maggiore chiarezza le categorie soggette a tale provvedimento: l’obbligo si espande dai conducenti di veicoli stradali di classe C, D ed E fino al personale addetto alla circolazione e allo scambio di veicoli navali e su binari.
Un’attenzione particolare viene inoltre richiesta a coloro che hanno responsabilità di produzione, confezionamento, trasporto e vendita di esplosivi.
Per procedere con l’effettiva visita, il medico competente deve concordare con il datore di lavoro su modalità e tempistiche e comunicare poi al lavoratore interessato la data e il luogo in cui il test dev’essere effettuato.
Fin qui, tutto chiaro e nitido. Anzi, lucido.
…e delle arti
Nel pomeriggio del 16 settembre 2011, l’Istituto fiorentino Francesco Baracca è teatro di uno sconvolgente caso di cronaca: all’interno della Scuola Primaria, infatti, una maestra si assenta dalla classe per andare in bagno; dopo diversi minuti, un collega, preoccupato, comincia a cercare per i corridoi della scuola la donna che non ha ancora fatto ritorno nell’aula.
L’educatrice viene ritrovata di lì a poco, distesa sul pavimento del bagno, priva di sensi.
All’arrivo dei soccorsi, la donna confessa “mi sono fatta di eroina”.
L’evento sconcerta così tanto la comunità scolastica (e non) che Rosa Maria di Giorgi, allora assessora al comune di Firenze, propone il test antidroga anche per insegnanti ed educatori.
In commento all’accaduto, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega anche alle politiche di contrasto delle tossicodipendenze, Carlo Giovanardi, afferma che non è necessario creare di tutto punto una nuova normativa: basta integrare anche queste due categorie in quella già in atto.
Nel febbraio 2014, lo stesso Giovanardi vede affossare la famosa legge di cui è co-autore, la Fini-Giovanardi: a causa della forzata equiparazione delle droghe leggere a quelle pesanti, la Corte Costituzionale ne dichiara l’illegittimità.
Non proprio l’uomo più giusto per la parte, se così possiamo dire.
La lucidità della politica
Nella giornata del 16 aprile 2024, i deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana sono invitati nell’infermeria di Palazzo dei Normanni, a Palermo, per sottoporsi volontariamente alla somministrazione del test antidroga.
Frontmen dell’iniziativa, riproposta per il secondo anno di fila, sono lo stesso presidente dell’ARS, Gaetano Galvagno, e il parlamentare Ismaele La Vardera.
Ai microfoni dei giornalisti presenti, La Vardera dichiara “neppure questo Palazzo è indenne alla cocaina, c’era chi andava a comprare la droga con l’auto blu”.
Lo scorso anno, infatti, il capo della segreteria tecnica, Giancarlo Migliorisi, viene pizzicato mentre acquista tre grammi di cocaina nei pressi del ristorante Villa Zito.
Alla gestione del locale c’è lo chef Mario Di Ferro, definito come “il pusher dei vip di Palermo”.
Tutti d’accordo sul test antidroga ai politici, quindi, o quasi: è proprio in questo passaggio che si crea il paradosso.
Lo scorso anno, soltanto 35 deputati ARS su 70 si sottopongono volontariamente al test mentre altri gridano alla “demagogia”.
Il caso più eclatante avviene però nella Regione Umbria, in cui non c’è nessun politico della Giunta a farsi avanti sua sponte.
Non è presente alcuna norma che obbliga il politico a sottoporsi al drug test in quanto, a ben vedere, il “mestiere del politico” non rientra nella categoria di lavoro o mansione.
Che situazione dovrebbe essere prevista, però, per quei politici che rivestono ruoli di responsabilità amministrativa come, ad esempio, un Ministro della Difesa?
Per intenderci, tra i vari provvedimenti di cui un sindaco può disporre, in qualità di garante dell’incolumità dei cittadini, troviamo il Trattamento Sanitario Obbligatorio: a prescindere dalla volontà dell’individuo interessato, il primo cittadino può appunto provvedere per il TSO.
Come è possibile però verificare che lo stesso sindaco sia idoneo a garantire l’incolumità dei cittadini?
“La politica è l’arte di organizzare la società per gli uomini. La mancanza di onestà in chi governa, perciò, è una cosa gravissima” Nilde Iotti