È evidentemente in forte difficoltà Confindustria Catania, recentemente tenuta fuori dalle altre organizzazioni datoriali sulla vertenza Camera di Commercio-SAC, segno di un isolamento che ne evidenzia una perdita di ruolo nel confronto istituzionale come di presenza sul territorio.
Nelle scorse settimane si sono accavallate le notizie dell'acuirsi delle tensioni interne, già covate con gli scontri per arrivare ad una contestata presidenza e poi tra vice presidenze vicarie o meno, ruoli regionali, probiviri che vanno e vengono. Insomma, qualche turbolenza come non si vedeva da anni.
Adesso arriva un vero e proprio terremoto che ha scosso sin dalle fondamenta la sede di viale Vittorio Veneto di Confindustria.
L'ultimo caso, che potrebbe non essere l'ultimo, assume particolare rilevanza, svuotando di fatto uno dei settori più importanti e delicati tra quelli rappresentati dall'organizzazione.
Ha infatti ritirato la propria iscrizione da Confindustria la quasi totalità delle imprese associate alla sezione Sanità.
Complessivamente le aziende dimissionarie (Policlinico Morgagni, Centro Catanese di Medicina e Chirurgia, Istituto clinico Vidimura, Mater Dei, Casa di cura Valsalva, Sant’Agata e Gibiino) contano circa 150 milioni di euro di fatturato, un buon 80% dei posti letto convenzionati della provincia e insieme arruolano ben oltre mille e ottocento professionisti.
Un vero e proprio tsunami per Confindustria Catania che in un sol colpo perde tutti i big della sezione sanità capitanata, ad oggi, dal dott. Domenico Musumeci, a cui fa capo l’unico gruppo imprenditoriale rimasto nella Confindustria oggi presieduta dall'anziano imprenditore dei trasporti Angelo Di Martino, già fortemente contestato per aver scelto un board di presidenza dal quale ha tenuto fuori i settori del Turismo e, appunto, della Sanità.
La durissima decisione delle aziende dimissionarie rappresenta non solo un segnale politico pesante per l'attuale governance, ma anche un serio problema di sostenibilità della sede catanese, considerando che le casse della confederazione saranno di certo fortemente alleggerite dalla fuoriuscita dei principali imprenditori della sanità locale, dei quali adesso mancheranno le cospicue quote, che tra l'altro servono anche a pagare le auto di servizio.
Quello che trapela è che gli imprenditori del settore non abbiano gradito le recenti modalità di avvicendamento al vertice della sezione sanità e ancor meno le azioni di marginalizzazione subite nel corso degli ultimi mesi, con una organizzazione che a questo punto dovrebbe chiarire quali settori ed interessi rappresenta, anche considerando che altre grandi imprese non hanno lesinato critiche e malumori e non sorprenderebbero ulteriori movimenti.
E quindi le domande adesso cominciano a farsi impellenti e probabilmente decisive:
Chi o cosa rappresentano certe organizzazioni?
Quanto sono utili realmente ai loro associati ed alla comunità di riferimento?
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