Certo che a Catania sta succedendo di tutto: non c'è angolo del potere, pubblico e privato, che non si sia trasformato in farsa, che però non fa ridere più nessuno ed anzi queste “gestioni” sono diventate ormai decisamente problematiche per il perseguimento dell'Interesse Generale, cosa che dovrebbe rappresentare il limite invalicabile e che quando lo si valica porta guai per tutti.
Inutile girarci intorno, a Catania gli scontri di potere stanno devastando ogni settore possibile, ad esempio la recente nomina della nuova giunta comunale del volenteroso Enrico Trantino ha lasciato non pochi scontenti già in cerca di collocazione e il Vietnam delle partecipate ne farà altri.
Anche quanto sta accadendo sulle ceneri di Berlusconi non sarà privo di conseguenze e lo scontro tra le varie anime superstiti annuncia il paradosso di un partito, Forza Italia, che non esiste più eppure determinerà gli equilibri prossimi futuri del paese. Ammesso che il Paese sopravviva.
A Catania poi è successo che, proprio in quel “partito che non c'è più”, le elezioni le abbia vinte l'assessore all'Economia Marco Falcone, portando ben cinque consiglieri, e come risultato gli hanno riconosciuto a stento l'assessorato ai giardinetti, premiando il suo antagonista che le elezioni le ha perse e però fa eleggere in provincia un sindaco già condannato che frequenta mafiosi: bizzarrie frutto delle imposizioni schifaniane che poi si lamentano se provocano disastri elettorali come a Siracusa e Trapani: fatti loro si dirà, ma le macerie investono tutti.
E sempre a Catania, neanche ci soffermiamo stavolta sulle vicende della “Camera di Commercio del Sud Est che non esiste più” che tramite commissari, sempre schifaniani e non si capisce ancora quanto legittimamente, pretende di gestire il più importante aeroporto del Mediterraneo. Per fare cosa lo abbiamo scritto, mentre come andrà a finire lo vedremo. Probabilmente prima di quanto si immagini.
Quello che non ci si aspettava, non in questi termini almeno, è la deriva assunta da Confindustria Catania: ci mancavano solo loro.
Ne abbiamo seguito e raccontato il recente cambio di guardia, con tanto di accordi traditi e giravolte spaziali, ma ieri è accaduto qualcosa che nella più importante organizzazione imprenditoriale italiana probabilmente non si era mai visto, non in maniera così plateale almeno.
Già l'elezione del comitato di presidenza aveva suscitato forti polemiche, con un evidente sbilanciamento nella rappresentanza delle varie categorie in favore degli edili, peraltro neanche i maggiori contributori dell'organizzazione, lasciando fuori alcuni dei settori più importanti.
Ieri risultava convocato il Consiglio Generale, che riunisce i presidenti delle varie sezioni che votano in base al numero dei relativi iscritti e, cosa molto significativa, detengono ciascuno un numero di voti in relazione alle imprese che risultano in regola con le quote associative: ci torneremo tra poco.
Sei i punti all'ordine del giorno, i primi due solo formali: comunicazioni del presidente al primo ed il classico “varie ed eventuali” all'ultimo.
Nel mezzo, come sempre, c'è la sostanza.
Al punto due un argomento rognoso, la sanzione nientemeno che sull'affidabilità morale di un socio: al momento non siamo in grado di approfondire e quindi ci torneremo appena potremo essere precisi com'è giusto che sia considerata la delicatezza.
Al punto 3 la Candidatura di Catania come “Capitale della Cultura d'Impresa 2024”: mmm, certo che se quelle che raccontiamo sono le premesse, bell'esempio di "Cultura d'Impresa"…
Poi c'è il punto 4, anche questo rognosetto: deliberazioni in ordine alla situazione economico-finanziaria di Confindustria Sicilia. Un eufemismo che in realtà cela un contenzioso tra i due enti che potrebbe anche avere conseguenze sul punto 5, che però è già problematico di suo. E molto. Moltissimo.
Il punto 5 infatti rappresenta l'acme di quello che sta accadendo in Confindustria Catania, e scommettiamo che non sarà privo di conseguenze: quando il gioco si fa duro…
“Votazione, su proposta del Consiglio di Presidenza, del rappresentante di Confindustria Catania alla carica di Presidente di Confindustria Sicilia.”
E qua si scatena il putiferio perché la designazione imposta dal “Consiglio di Presidenza” non ha precedenti forse a livello mondiale, arrivando a scegliere come candidato Gaetano Vecchio, imprenditore edile, che è attualmente e contemporaneamente vice presidente vicario di Confindustria Catania e tesoriere di ANCE Catania, l'organizzazione degli edili che gestisce la maggioranza del “Consiglio di Presidenza” di Confidustria Catania con Angelo Di Martino che proprio per questo viene maliziosamente definito “presidente onorario”.
Alla notizia che il candidato alla presidenza di Confindustria Sicilia fosse Gaetano Vecchio nonostante gli altri incarichi già detenuti non pochi hanno sbottato: “E che siamo diventati?”
Sentiment che si è riversato nel risultato dello scrutinio che ha restituito un consiglio praticamente diviso in due, con il 44% che ha votato NO alla proposta del “Comitato di Presidenza”, che si è visto passare di misura la proposta grazie al cavillo tecnico della regolarità contributiva che, essendo scattato il secondo quadrimestre, ha visto molti degli iscritti impossibilitati a votare: probabilmente in altro momento il risultato sarebbe stato ancora più eclatante con la prevalenza dei no..
Una scelta, quella di Vecchio, che è suonata come una vera e propria provocazione per gli altri settori non rappresentati in un consiglio di presidenza ormai evidentemente a trazione edile e che rischia di provocare una vera e propria emorragia: possibile che tra i 400 soci, alcuni ed alcune particolarmente rappresentativi anche al di fuori dei confini locali, il consiglio di presidenza in carica non sia stato in grado di individuarne una/uno capace di rappresentare una più ampia maggioranza?
Un voto che sancisce, a poche settimane dall'elezione, lo scarso gradimento dell'attuale governance ed apre a scenari imprevedibili, ancora più interessante se inquadrata in uno scenario politico-istituzionale più che traballante e con una serie di dossier aperti che richiedono qualità diverse dalla mera capacità dei giochini a frega compagno.
E già: quando il gioco si fa duro…
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