Il romanzo “Di notte, solo di notte” di Giusi Russo, racconta la storia di Angela una donna depauperata e scarnificata a tal punto, della propria persona, integrità e femminilità, da raggiungere la totale degradazione di sé.
Il libro, che tratta il tema centrale della violenza sulle donne, è stato vincitore del Premio Nadia Toffa 2022 e finalista al Premio letterario internazionale Dostoevskij 2021.
Un racconto intriso di sofferenza e dolore così come queste emozioni sono proprie della storia di questa donna, fin da quando era solo una bambina, prima vittima del padre rabbioso e alcolizzato poi vittima di un compagno violento e di un amore “tossico e totalizzante”.
Giusi Russo è un’insegnante di letteratura e latino, ha esordito come scrittrice con una raccolta di poesie “Il cielo nell’anima” e in seguito si è dedicata alla narrativa iniziando dal suo romanzo “Chilometro 9”.
L’autrice ha presentato il suo capolavoro alla Mondadori di Piazza Roma a Catania, in una chiacchierata con la scrittrice Rosalda Schillaci e la dott.ssa Arianna Ciccia, coordinatrice della Casa rifugio per donne vittime di violenza nonché del Centro antiviolenza “Generosa”.
«Cosa vorresti che dicessero sul tuo romanzo»? La risposta di Giusi è tagliente e profonda:«Vorrei mi dicessero che è un libro che emoziona, poiché un buon libro è un coltello che taglia la tua vita lasciandoti la possibilità di cambiarla. Quel dettaglio, quella parola sono necessari affinché i tuoi muri interiori si possano sgretolare».
Angela originaria della Sicilia, è un’antropologa con una personalità matura e forte. Incontra Ivano molto più grande di lei nel 1966 a Lampedusa, già dal primo incontro in cui lei era ancora un’adolescente, si rende conto delle tendenze violente dell’uomo.
La narrazione si apre con un incipit dal ritmo martellante, difatti la scrittura dell’autrice si differenzia e valorizza per il suo ritmo e registro poetico che permane nella narrativa, vi è una vera e propria trasposizione della poesia nella prosa per “emozionare”.
La ripetizione del predicato verbale “c’è” apre il racconto, Angela si trova in prigione ed è spronata dalla psicologa a raccontare la sua storia, con questa anafora l’autrice dà un messaggio chiaro: il corpo di Angela è imprigionato ma, la sua anima è finalmente libera, Angela, c’è.
A fronte della storia di questa donna, la domanda che probabilmente chiunque si pone ed è naturale che così sia è:”Com’è possibile che una donna che ha tutti gli strumenti per affrontare il mondo, diventi nuda di fronte a quell’uomo violento e perda addirittura la sua identità”?
Bisogna riconoscere che alla base c’è l’amore e l’amore rende fragili, riconoscere l’ambivalenza in un uomo che è stato buono e ha saputo dare tanto amore ma che è stato anche violento ed è stato capace di fare del male e infliggere odio è una questione difficile, molte donne “giustificano” la violenza perché la considerano meno frequente rispetto ai momenti non “direttamente violenti”.
Angela è una donna vittima di una concezione d’amore tossica: l’amore assoluto e disperato, “amare da morire” fino a perdere realmente se stessa.
Durante il racconto si può evincere quella personalità violenta propria di Ivano dalle più piccole parole “Angela non partire, chi ama, resta”, violenza psicologica che fa leva sulle fragilità e debolezze.
La parole chiave è: “paura”. La paura lega vittima e carnefice in un loop di reciproca dipendenza, il vuoto dell’una è il vuoto dell’altro, un incontro di fragilità “perfetto”.
Quando si ha paura, tutto è preferibile. La protagonista del romanzo non è una donna priva di consapevolezza, al contrario, alterna momenti in cui è pienamente cosciente della violenza che subisce e la sua forza riemerge ma è un momento altalenante che cede poi ancora una volta alla paura.
Il corpo di Angela è per Ivano un mero strumento, attorno a lei fa “terra bruciata", la isola dal resto del mondo, così “smette di vivere” nel suo senso più genuino di sognare ed essere felice.
Un passo struggente del libro racconta di un giorno come tanti altri in cui i due guardano la televisione e d’un tratto Ivano commenta quei lunghi capelli di certe donne che vede nello schermo, sono “capelli poco adatti a una donna seria”.
Angela ride, ma lui non scherza affatto, anche la donna ha infatti dei lunghi capelli che per Ivano sono troppo “lunghi e sfrontati”, animato da un improvviso istinto violento, l’uomo cerca delle forbici, spinge violentemente la testa di Angela della vasca da bagno e inizia a tagliare.
«“Di notte, solo di notte” non racconta la storia di una sola donna, siamo state tutte Angela».
Con questo romanzo Giusi Russo ha l’ambizione di parlare alle donne affinché prendano coscienza del proprio valore e agli uomini a cui basterebbe aprirsi alla vulnerabilità.
Bisogna assumere una “nuova postura”, indagare il proprio vuoto e affrontare le paure per evitare di cadere in quel pozzo buio e profondo. La ricerca di un amore puro permette di “mostrare debolezza senza generare forza”, quella forza che è violenza, fisica e psicologica.