Gli studenti e le studentesse dell'Università di Catania da giorno 15 maggio, in occasione del 76° anniversario della Nakba, hanno deciso manifestare all'interno del Monastero dei Benedettini per solidarietà alla Palestina. Le loro richieste sono semplici e precise: l'immediata interruzione di rapporti con le filiere belliche che forniscono le armi ad Israele come la Leonardo spa e l'interruzione di ogni tipo di relazione tra le università italiane e quelle israeliane, complici del genocidio in atto.
Una manifestazione mossa sicuramente da motivazioni valide che è però mutata in una vera e propria occupazione. Numerose tende sono state montate nel piazzale del Monastero. Sui social sono stati postati una serie di programmi con attività diurne e notturne: seminari di letteratura araba, proiezioni di film, video-call per testimoniare quanto di grave sta accadendo nel mondo, cortei per le vie della città etc. Programmi ben stilati che poi lasciano enormi perplessità dinanzi alle diciture: “karaoke e cena solidale con serata”.
Tutto ciò occupando abusivamente un Monastero, sede universitaria e Patrimonio mondiale dell'Unesco.
Proprio per questo motivo alcune delle associazioni universitarie ovvero, Azione Universitaria, Cambiamento Unict, Crediamoci Catania e We love Unict, attraverso un comunicato ufficiale hanno manifestato il loro dissenso dalle modalità attraverso le quali si stanno svolgendo le proteste: “Prima di discutere di merito occorre mantenere il rispetto delle regole fondanti di una Repubblica Democratica quale è la nostra. Siamo favorevoli a qualsiasi tipo di protesta e dissenso purché la libertà altrui non venga intaccata, purché si richiedano le dovute autorizzazioni, purché si permetta di esprimere le idee dissenzienti con la stessa enfasi con cui si rivendicano le proprie. Siamo venuti a conoscenza del disagio creato nei luoghi dell'Università, luogo pubblico, di studio, di aggregazione e ci sentiamo dunque in dovere di dissociarci da quanto sta accadendo in questi giorni nel nostro Ateneo.” Il virgolettato è parte del comunicato, estrapolato per rendere l'idea di ciò che le associazioni hanno dichiarato pubblicamente.
Le risposta degli studenti manifestanti sono state violente ed inaspettate con commenti offensivi, insulti e minacce "voi non ci rappresentate", "il disagio lo portate voi", "fate schifo pagghiazzi", "siete delle pecore, inutili come non mai" etc.
Si è innescato quindi un clima teso, inevitabilmente conflittuale e per fare un po di chiarezza i microfoni di SudPress hanno dato voce a Marta Pandolfo, studentessa in Ingegneria Edile-Architettura, membro attivo di We love Unict in quanto Senatrice Accademica (ruolo che ricopre da novembre 2023). Ho deciso di entrare in We love Unict, per semplice curiosità di conoscere un mondo che pensavo fosse distante da me. Ho deciso di restare perché ho trovato un ambiente sano, eterogeneo e stimolante con la costante possibilità di confrontarsi in un contesto ricco di ragazzi con idee diverse, ma allo stesso tempo accomunati tutti dallo stesso obiettivo, essere al servizio della comunità studentesca. We love Unict rappresenta per me una famiglia, delle spalle su cui piangere e degli amici con cui gioire per ogni piccolo traguardo. Sono e sarò sempre grata alle centinaia di studenti e studentesse che mi hanno supportata per avermi dato la possibilità di ricoprire questo incarico.
A lei è stato chiesto il motivo per il quale l'associazione universitaria, di cui fa parte, ha deciso di comunicare il proprio dissenso:
We Love ha deciso di uscire con un comunicato perché sentiamo fortemente il nostro dovere nei confronti della comunità studentesca, tanto da non riuscire a star zitti e non esprimere la nostra opinione su qualcosa che sta avvenendo all'interno del nostro Ateneo. Non volevamo in alcun modo entrare nel merito dei contenuti della protesta, ma il nostro esclusivo intento era soffermarci sulle modalità di svolgimento. Le proteste sono legittime quando si rispettano le regole e la legge e quando si configura come ultimo strumento da usare, dopo averle tentate tutte, per fare sentire la propria voce. Seguiamo sempre tutti i passaggi burocratici per raggiungere i nostri obiettivi, attraverso la rappresentanza eletta democraticamente dagli studenti. Da un primo confronto, probabilmente troppo prematuro, con i manifestanti, il sentore era quello che per loro l'occupazione fosse l’unica strada da perseguire, senza fare ulteriori passaggi, senza confrontarsi con la rappresentanza studentesca che magari avrebbe potuto aiutarli. Ho letto i programmi di ogni giornata, e devo dire che alcune delle attività erano anche molto interessanti. Poi a queste si sono unite serate più ludiche a mio avviso evitabili, anche perché si rischia di sminuire il valore del messaggio che si vuole portare avanti. Inoltre, mi chiedo non si potevano organizzare queste attività, senza dover ricorrere ad un'occupazione? Ci sono studenti che hanno preso parte all’occupazione ed altri a cui sono stati creati disagi, era davvero necessario arrivare a tanto?
I commenti sottostanti al Comunicato ufficiale sono accusatori, litigiosi ed offensivi. Ti aspettavi tutto questo?
Sicuramente sapevamo che prendere una posizione ci avrebbe esposto a critiche, ma non ci aspettavo di ricevere insulti, offese personali e minacce. Siamo sempre aperti alle critiche, purché ci si esprima e ci si confronti civilmente, perché vedere giovani studenti della nostra associazione insultati e denigrati sia attraverso i social che all’interno dei propri dipartimenti segna uno dei momenti più bui e tristi per la nostra generazione. Ritengo che in molti abbiano frainteso la nostra posizione, pensando di non essere attenti al tema, in realtà non era questo il contenuto del comunicato. Non dimentichiamoci che siamo ragazzi di 20 anni che hanno deciso di mettersi in gioco, e che sicuramente possono sbagliare e hanno tanto da imparare, e per farlo non servono gli insulti ma la strada da perseguire per noi è sempre quella del dialogo.
Marta allude ad un dialogo, un dialogo che in realtà è mancato e che è ancora assente. Sembra quasi che si sia creata un'ampia frattura dalla quale fuoriescono rancori e proteste. Come per la politica, troppo spesso manca la fiducia nella rappresentanza, nonostante spesso questa si muova per rendere onore ai diritti dei rappresentati. Proprio a tal fine We love Unict ha cercato di trovare un accordo, un compromesso tra gli studenti ed il rettore, ed è riuscita nell'intendo: Consapevole che il comunicato fosse stato frainteso - conclude Marta - e soprattutto comprendendo che forse si hanno visioni della rappresentanza diverse, già dal giorno dopo abbiamo cercato di chiarire la nostra posizione in primis con i manifestanti. Ci siamo messi a loro disposizione per fare da tramite con la governance d'Ateneo, proponendo loro di portare avanti le richieste in un modo differente. Io, in prima persona, coadiuvata dai colleghi Senatori, mi sono premurata, tramite un incontro con il direttore Generale ed il Rettore avvenuto lo scorso venerdì, che la loro richiesta fosse arrivata. Ho proposto, con l'appoggio anche dei miei colleghi, al Rettore di istituire un tavolo con una delegazione dei manifestanti, la governance d'Ateneo e noi rappresentanti degli studenti in Senato Accademico e CDA, in modo da stabilire un confronto civile tra le parti. Incontro che è stato consentito e fissato per questo lunedì pomeriggio.
Ciononostante gli studenti manifestanti non soltanto non fanno cenno al merito delle associazioni ma continuano a voler forzare il processo burocratico con la protesta: "Noi non abbassiamo la guardia e vi invitiamo in piazza Università a fare un presidio durante lo svolgersi dell'incontro con il Rettore ed il Senato Accademico". Forse l'unica verità che si evince da questa triste storia è che neanche i giovani, pur rappresentano il futuro, riescono a lavorare coesi, nella stima e nel rispetto reciproco, motivati da fini comuni.