Se agli otto milioni di studenti italiani è concesso ancora qualche giorno di vacanza, per i novecentomila docenti il tempo delle ferie è finito.
Molti di loro hanno già ripreso servizio per esaminare gli alunni con giudizio sospeso e l’1 settembre tutti si incontreranno per il consueto collegio.
Quest’anno la scuola incomincia in un clima più sereno, almeno per ciò che riguarda l’organizzazione contro la pandemia.
I contagi e i decessi sono ormai abbastanza stabili, anche se si teme un’impennata post vacanze.
Il governo ha comunque abrogato gran parte delle restrizioni, che hanno caratterizzato e complicato le lezioni degli ultimi due anni.
Non dovremmo avere più collegamenti da remoto, né per la didattica, né per i colloqui con le famiglie, tranne in caso di positività.
Le mascherine non saranno più obbligatorie per tutti, ma soltanto per chi sarà venuto in contatto con un positivo, qualora in aula si sarà raggiunto un numero di contagi pari o superiore a quattro. Inoltre, alle singole istituzioni scolastiche è data la facoltà di introdurre ulteriori disposizioni, tenendo conto del contesto in cui esse operano.
Se, dunque, sul versante sanitario la situazione è, nell’insieme, piuttosto chiara, molte incertezze incombono su quello politico, a causa della campagna elettorale in corso.
Ad onor del vero, gli schieramenti in campo non hanno dato finora molta importanza a questo tema.
La guerra, i rincari, le riforme costituzionali, il lavoro, sono le questioni sulle quali il confronto è più acceso.
E questo non è un buon segnale, anche perché i leader spesso parlano non di ciò che intendono seriamente realizzare, ma di quello di cui la gente vuol sentire parlare.
Se la scuola è un po’ snobbata, vuol dire che gli Italiani veramente interessati al suo destino sono molto pochi.
Tuttavia, negli ultimi giorni, probabilmente per l’approssimarsi della sua riapertura, si è discusso di aumentare gli stipendi dei docenti, di portare l’obbligo scolastico a diciott’anni, di introdurre borse di studio, di tornare ai voti anche alla scuola primaria, di fornire gratuitamente i libri di testo, di abolire i test d’accesso universitario, di riconoscere il servizio pubblico delle scuole paritarie.
Lascia perplessi constatare che alcune di queste proposte provengono da chi ha governato negli ultimi anni e avrebbe avuto, pertanto, il tempo e la possibilità di attuare quanto adesso promette.
Ma questa è una vecchia storia sulla quale non ci soffermiamo, anche perché, ne siamo certi, i nostri lettori godono di buona memoria e senso critico.
Dispiace, invece, accorgersi che, ancora una volta, non si affrontano i problemi veri dell’istruzione, quelli inerenti alla funzione specifica della scuola che, lo ribadiamo, consiste nell’educare i ragazzi attraverso la cultura.
Intendiamoci, l’educazione alla quale ci riferiamo non è solo quella delle buone maniere, delle quali c’è pure tanto bisogno.
Ma il processo col quale ogni alunno è accompagnato a essere ciò che è.
Potrebbe sembrare una tautologia, eppure l’emergenza di cui parlano gli esperti riguarda proprio quest’ambito.
Molti giovani non sanno chi sono o, peggio, vogliono essere chi non sono.
È venuta meno, infatti, la dimensione introspettiva, che permetteva a ciascuno di guardare dentro di sé e scoprirsi.
Questo perché non si legge più tanto, si riflette saltuariamente, si pensa poco, si studia male.
I ragazzi sono molto più istintivi che razionali e, di conseguenza, alcuni di loro diventano anche scontrosi, aggressivi, talora violenti.
Non hanno colpa, è il frutto malriuscito di un approccio scolastico utilitaristico, in cui si è fatto credere loro che lo studio serva a qualcosa.
E a cosa può servire se non a lavorare e fare soldi?
La cultura classica, da Aristotele a Dante, ci ha invece insegnato che il valore della cultura non dipende dall’utilità che se ne può ricavare, ma è intrinseco.
Si studia per migliorare la persona, per comprendere l’importanza dell’onestà, del servizio, del sacrificio, del dovere.
Per acquisire una coscienza critica, con cui difendersi dagli ingannatori, distinguere nettamente la verità dalla menzogna, riconoscere il bene e attuarlo, maturare un’autonomia di giudizio.
Per avere rispetto degli altri e assumere con loro comportamenti gentili, raffinati, signorili.
A questo punto è legittima una domanda, che forse ci aiuta a spiegare la poca considerazione ricevuta dalla scuola alla vigilia delle elezioni: siamo sicuri che la classe dirigente, di qualunque colore o ideologia sia, voglia dei ragazzi così educati?