Girando per le strade di Catania, quasi sempre ci si imbatte in qualche negozietto un po' dimesso, dal fascino anni '80 e dalle pretese pressoché nulle.
Ristoranti, negozi di vestiti, baretti, piccole botteghe, ecc.
Tutte queste attività hanno un solo comune denominatore: sono vuote.
In venti o trent'anni di storia non abbiamo mai visto nessuno dentro; spesso sono chiuse in orari strategici e aperte in orari insoliti.
La vetrina è sempre la stessa, posti immobili nel tempo che potrebbero rimanere così vita natural durante.
Naturalmente, parliamo di riciclaggio: molti sanno cos'è, ma pochi sanno come, nei fatti, questi benedetti negozietti tirano avanti.
FASE INIZIALE:
Il denaro ottenuto dal reato viene inserito nel circuito finanziario attraverso operazioni come depositi di fondi, donazioni, trasferimenti o acquisti.
Spesso, con l'aiuto di prestanome, si riesce a fare il tutto in maniera abbastanza celere.
STRATIFICAZIONE:
La fase più delicata.
Bisogna individuare quale attività è ben inserita in un contesto, diciamo, criminale; da questa partirà la vera operazione di riciclaggio (o lavaggio) del denaro.
INTEGRAZIONE:
L'organizzazione va nella piccola attività, deposita pian piano e senza destare sospetti piccole somme. Chiaramente nulla si fa per nulla: una parte di questa andrà al titolare dell'attività.
Capite ora perché quei negozi, quei bar e quelle attività, nonostante manchino persino di una cosa banale come un sito internet, orari di apertura o, paradossalmente, una clientela, continuano a rimanere aperti?
Ora, che il modus operandi valga così per le "putie" come per i grandi investitori, è scontato.
Qualcuno potrebbe dire che la differenza sta nelle somme, certo; tuttavia, le botteghe, i negozietti e i baretti stanno sotto i nostri nasi da 30 anni, mentre i grandi capitali si muovono in un battito di ciglio e hanno come intermediari le banche.
Sta a noi chiederci quale sia più grave: la moralità di restare a guardare per decenni un'attività fantasma oppure il lavaggio di una somma fatto da un gruppo finanziario per conto della criminalità organizzata nel giro di pochi secondi?
Due facce della stessa medaglia.
Sembra controintuitivo, ma questo vale anche in maniera speculare: un supermercato, centro commerciale o negozio di generi alimentari è un luogo ottimo dove fare questo tipo di affari, poiché insospettabile data la mole di persone che gestisce.
Nell'area metropolitana di Catania, abbiamo in totale (secondo un rapporto del 2018) 11.000 attività, di cui un buon 20% categorizzabili solo ed esclusivamente come ristorazione.
11.000 attività registrate significano che esiste un esercizio ogni 27 catanesi.
Proviamo a vedere Bologna, con i suoi 390.000 abitanti? Un esercizio ogni 97.
Firenze? Numeri simili a quelli emiliani.
Potremmo continuare con Perugia, Genova, ecc. Catania è superata solo da Napoli, Milano e Roma.
Certamente non tutte le attività con poca affluenza devono essere necessariamente luoghi dove si ripulisce il denaro; tuttavia, invitiamo gli utenti a stare attenti, perché a Catania di lavanderie non ce ne sono molte, ma di "lavatrici", ahinoi, sì.