La morte in piazza Cutelli di una madre di famiglia, per causa di una palma precipitatale addosso, segna il punto di non ritorno del divario ormai incolmabile tra una classe dirigente persa nei propri riti autoreferenziali e una cittadinanza smarrita, che ormai deve avere anche paura di riposare su una panchina perché l’inadeguatezza assassina di chi è pagato per assicurare un minimo di civiltà rischia di uccidere all’improvviso.
Per questo è morta una mamma, per incuria, per negligenza, perché a nessuno viene in mente che palme alte 5 metri in luoghi di passaggio e sosta vanno controllate meticolosamente e forse sarebbe addirittura più saggio evitare di impiantarle, magari trovando altre, più moderne e sicure soluzioni di decoro.
Invece, negligenza assoluta ed immediato scaricabarile sulle responsabilità, sino a che la colpa ricadrà sul solito buon Dio che come si sa non è imputabile ed in ogni caso finisce sempre archiviato o in prescrizione.
Le responsabilità penali e civili le vaglierà la magistratura, perché qualcuno dovrà spiegare ad una famiglia perché da oggi la loro casa sarà così vuota.
Ma le responsabilità politiche, etiche e morali potremmo dire, vanno ricercate in un modello di amministrazione della città, della Sicilia, che pensa solo a passerelle e cerimonie.
E non è un fatto da poco, ma è il motivo principale per cui si distolgono risorse finanziarie ed umane a quelle che dovrebbero essere le incombenze prioritarie.
Questo comune di Catania è annichilito giornalmente da iniziative che vanno oltre il comico.
E infatti sono questi i commenti che abbiamo raccolto a pochi minuti dalla tragedia nel bar di quella piazza: “Fanno venire la NATO e qua si muore per una palma!”
Concetto semplice, (questo il più “riportabile”), della gente comune, ai limiti del qualunquismo pensiamo subito, ma invece, riflettendo, ci pare del tutto pertinente.
Che c’entra la NATO con un incidente simile? C’entra, eccome.
Un’intera amministrazione che gira attorno alle cerimonie inventate da chissà chi e per soddisfare chissà quale frenesia personale, è un’amministrazione che toglie risorse finanziarie e di personale a tutti quei problemi reali e concreti che abbisognerebbero di un presidio prioritario.
Quando decine, se non centinaia, di dipendenti sono distratti, compresi i loro dirigenti, ad assecondare le mire cerimoniali di chi capeggia pro tempore la baracca, le urgenze vere, come delle palme da controllare, passano in secondo o terzo piano, perché prioritario è far fare bella figura a chi comanda oggi.
Allora, se si organizza un evento NATO o passa per qualche minuto il presidente della repubblica, la priorità è rendere presentabile lo stretto necessario a dare l’immagine di una città civile che invece
per i suoi cittadini non solo civile non è, ma diventa addirittura mortale-
.
E nel frattempo che passano NATO e Napolitano, per controllare le palme il tempo non c’è, perché si è impegnati a volteggiare tra un brindisi, una targa ed un sopralluogo.
Probabilmente anche i fondi per le manutenzioni spesso mancano, mentre gli 8.000 euro per le spese di rappresentanza del sindaco in occasione del solo evento Nato li hanno subito trovati e liquidati.
E così, tutti indaffarati al seguito del sindaco Bianco che organizza cerimonie per ogni cosa, il maestro di Kung Fu, la Nato, l’amministratore di Alitalia che promette e si smentisce, i bambini di Librino deportati in piazza Duomo a pulire il salotto buono mentre il loro resta nel degrado.
Una commedia dietro l’altra.
Una commedia che però non è innocente esibizionismo, ma colpevole edonismo che distoglie risorse, sfianca l’impegno di chi dovrebbe essere impiegato in cose ben più serie, è sommamente inutile e persino molesta.
Vola a Genova, questo sindaco, per parlare di un sistema portuale che non esiste inventandosi persino gallerie nebulizzate per rinfrescare i turisti prima che siano scippati.
Vola anche a Bologna facendo emanare un grottesco comunicato dell’ufficio stampa del comune che definisce “il sindaco Enzo Bianco ospite d’onore della Fiera di Bologna” mentre in realtà risulta appena citato nelle ultime tre righe dei comunicati riportati dalla stampa locale (Il Resto del Carlino e
Bolognatoday).
E gli esempi potrebbero essere decine e decine.
Allora, è una città colpevole, Catania, perché continua ad accettare amministrazioni assurde mentre la gente muore perché cade una palma che chi doveva controllare non ha controllato.
Non è un incidente che ha strappato una mamma alla sua famiglia.
E’ stata Catania.
Una città che ormai uccide sé stessa.