sudpresslogo

facebook
instagram
youtube
whatsapp

Il giornale che pubblica una notizia e scatena l'inferno

sudpresslogo

CONTATTI

multigrafica-grafiche-mediterraria-sud-nera2

Direttore editoriale

Pierluigi Di Rosa

Direttore Responsabile

Elisa Petrillo

 

Direttore editoriale

Pierluigi Di Rosa

Direttore Responsabile

Elisa Petrillo

 

salute2
sudlife2
sport2
sudlife2
hitech2
sudlife2
sport2
gusto2
style2

redazione@sudpress.it
direttore@sudpress.it
editore@sudpress.it
tel: +39 339 7008876 (solo messaggi wapp)

redazione@sudpress.it
direttore@sudpress.it
editore@sudpress.it
tel: +39 339 7008876 (solo messaggi wapp)

sudapalermo2
sudapalermo2
sudapalermo2
sudapalermo2

Registrazione Tribunale di Catania n. 18/2010 – PIVA 05704050870 - ROC 180/2021
Edito da: Sudpress S.r.l. zona industriale, c.da Giancata s.n. – 95121 Catania

Su SudSport Sport, Salute e Inclusione: lo sport che unisce, emoziona e includeCatania prova ad immaginarsi con il forum sul Piano Urbanistico GeneraleSu SudSALUTE Asp di Catania: dalla prossima settimana disponibile la nuova piattaforma ASP Con te - Servizi TerritorialiSu SudGUSTO Sicilia en Primeur 2025: il vino siciliano si racconta tra scienza, comunicazione e territorioSu SudHiTech Turismo, Confindustria Catania al centro della presentazione del nuovo bando da 135 milioni: “Una svolta concreta per l’ospitalità siciliana”Su SudSALUTE Educazione alla sicurezza stradale. A Caltagirone una nuova tappa della “Carovana della Sicurezza Stradale”Su SudGUSTO Malvasia delle Lipari: il vino che unisce le Eolie e la Sicilia Un legame strategico tra isole vulcaniche, cultura e futuro enologicoSu SudHiTech Tyrrhenian Link Est: completata la posa sottomarina del cavo HVDC da 500 kV, 490 km tra Sicilia e CampaniaI lavoratori AMTS alzano la voce: sciopero e sit-in della CUB per difendere il servizio pubblico, diritti e dignitàSu SudSport Tra il Catania e la gloria, ancora una volta, c'è il Pescara

Da Catania alla Sierra Leone. Parla Fabrizio Pulvirenti, il medico che ha sconfitto Ebola

20-01-2015 13:18

Mattia S. Gangi

Cronaca, robot, turi vaccaro, Antonello Biriaco, pitbull, cara,

Da Catania alla Sierra Leone. Parla Fabrizio Pulvirenti, il medico che ha sconfitto Ebola

resized-au9fu1-.jpgimg-20150119-wa0009-.jpgimg-20150120-wa0004-.jpgimg-20150119-wa0010-.jpg


Balzato alle cronache per aver contratto e sconfitto il virus Ebola, il catanese Fabrizio Pulvirenti, infettivologo di Emergency, racconta in eslusiva a SUD Press la sua esperienza in alcuni dei territori più difficili del mondo. 



E' sicuramente ancora provato fisicamente dalla lunga malattia, ma il giorno in cui abbiamo l'occasione di incontrarlo, invitato in reparto dal Prof. Massimo Buscema all'Ospedale Cannizzaro di Catania, Fabrizio Pulvirenti ci stupisce per la forza e la passione che trasmette visibilmente ai suoi interlocutori. E' da poco finalmente guarito da Ebola, il virus che continua ad affliggere le popolazioni africane, e prima di tornare a lavorare con l'organizzazione di Gino Strada è tornato a Catania per un breve periodo. 



Intervistato da SUD Press, il Dottor Pulvirenti racconta la sua esperienza, cosa vuol dire aiutare chi è più debole sino a rischiare concretamente la propria vita per il bene del prossimo, anche di quello più "distante".  Ed è proprio a partire da questa domanda, che inizia un dialogo strepitoso, che oggi offriamo ai nostri lettori, come piccolo contributo alla diffusione di una più intensa esperienza umanitaria. 



Dottore, cosa significa operare attivamente in territori difficili come quelli africani?



"Anche se può essere una parola quasi retorica - afferma Pulvirenti - io credo che il sentimento che muove una persona normale come me ad andare in Africa nei territori dove l'epidemia sta facendo una vera e propria strage di individui, è il sentimento della solidarietà. Sono persone povere, non hanno quasi niente, è l'unica cosa che chiedono è di essere curati secondo standard un po' più elevati. Nella mia personale esperienza ho visto decrescere progressivamente la mortalità da virus Ebola dal 78% a poco più del 52%."



"Questo è l'indice del fatto che se le cure sono concentrate sul pazeinte e non soltanto sull'epidemia, è possibile anche curare il paziente. Nelle precedenti epidemie, nel 1976 la prima  nelle successive, si tendeva infatti ad isolare i pazienti contagiti, aspettandone o la guargione o la morte, al fine di proteggere la restante popolazione". 



"Oggi grazie ad Emergency, che è stata la prima organizzazione ad intervenire in questo senso, abbiamo la possibilità di intervenire sul paziente in modo non dissimile da quanto è stato fatto su di me. Quindi con le cure intensive, il ripristino dei liquidi che si perdono e la repsirazione assistita". 



Ci può spiegare qual è l'approccio al virus che in territori come quelli africani viene utilizzato in questi casi? 



"L'approccio è quello di una malattia altamente contagiosa, quindi è necesasrio essere protetti, in Africa come in Italia, allo Spallanzani, si utilizzano dei dispositivi di protezione di individuali, che proteggono completamente cute e mucosa dal contatto con i pazienti. E' una tuta "tronco, gambe e braccia" in plastica, che protegge tutto il corpo, poi si indossa una mascherina. In Africa si utilzzava uno "shield", uno schermo che protegge, al fine di proteggere la congiuntiva dal contagio. Necessariamente in caso di una malattia letale bisogna proteggersi dal contatto". 



Che tipo di supporto ha ricevuto dalle istituzioni italiane?



"Beh, posso ben dire un supporto "enorme". Quando io mi sono contagiato in Sierra Leone, avevo pensato di restare li a farmi curare, ma trattandosi di una malattia mortale, ho pensato che se fosse successo il peggio, i miei familiari avrebbero avuto grosse difficoltà a farmi rientrare in patria. In tal modo, tramite Gino Strada, è stata attivata l'unità di crisi del Ministero degli Esteri, l'Areonautica Militare mi è venuta a prendere e mi ha portato allo Spallanzani, dove ho ricevuto quasi le stesse cure che avrei potuto ricevere in Africa. Le Istituzioni sono state molto vicine a me, ho ricevuto anche la telefonata del Presidente della Repubblica e del Ministro Lorenzin.



Cosa può dire di aver imparato da una disavventura quasi mortale come quella del contagio del virus Ebola?



"Credo di aver imparato prima di tutto il reale significato del termine "solidarietà".  Faccio un esempio, il giorno che ho ricevuto la notizia di essere stato contagiato, immediatamente è partita la ricerca di persone guarite dal virus compatibili con il mio stesso gruppo sanguigno. Nell'arco di 20 minuti da quando la notizia è stata diramata si sono presentate 4 persone per donare il sangue. Questa è la solidarietà, questo è lo stile che noi tutti dovremmo assumere nei confronti di chi è più debole, perché la medicina non ha né colore di pelle né tessera di partito né colore politico. La medicina quando diventa buona medicina diventa senza retorica una missione.



Qual è il consiglio che si sente di dare ad un giovane collega che entra oggi nel mondo della medicina? 



"Mettersi sempre dalla parte del paziente, immedesimarsi nella sofferenza, non limitarsi alla cura della malattia ma estendere il proprio intervento al prendersi cura della persona. Questa credo che sia la chiave di volta per consolidare un buon rapporto tra medico e paziente."



Per concludere, secondo lei, la notizia del suo caso è stata trattata in modo adeguato dalla stampa o vi sono stati casi di allarmismo? 



"Io credo che la paura sia assolutamente giustificata. quello che io non giustifico e non posso accettare è pensare che una malattia che a noi deve interessare nel momento in cui raggiunge l'Occidente. non possiamo essere interessati solo quando c'è un caso come il mio o come quello dei colleghi statunitensi contagiati. E' una malattia molto grave che sicuramente non arriverà con i barconi, con gli immigrati,  ma può raggiunger e l'occidente, come dice anche Gino Strada, "in business class". L'Occidente non può limitare il suo interesse al paziente zero ma dovrebbe orientare i propri sforzi per contenere ed aiutare con le cure direttamente nel continente nero". 



"La malattia da virus Ebola è molti difficile, perché a differenza di altre malattie, si può contagiare con il contatto di qualsiasi liquido corporeo: quindi urine, feci, vomito, sudore, lacrime, ecc. L'informazioen della stampa non sempre è puntuale, probabilmente chi ha paura del contagio dovrebbe rivolgersi al proprio medico. Ma ad ogni modo se non si ha contatto con un paziente contagiato non vi assolutamente possibilità di contagio". 


resized-au9fu1-.jpgimg-20150119-wa0009-.jpgimg-20150120-wa0004-.jpgimg-20150119-wa0010-.jpg


"L'esperienza di Fabrizio Pulvirenti -commenta in conclusione il Professor Massimo Buscema - insegna a noi tutti che quella della medicina è una professione prima di tutto al servizio del paziente. Dal suo esempio dobbiamo infatti apprendere che il ruolo di ogni medico non è soltanto "curare" la malattia ma "prendersi cura" del paziente a 360 gradi. L'invito che rivolgo dunque a tutti i colleghi è >,avviciniamoci alle esigenze delle persone che abbiamo in cura, al fine di ristabilire e rendere ancora più solido il buon rapporto tra medico e paziente, che oggi purtroppo sembra incrinarsi fortunatamente non in modo irreparabile". 



 



 


NEWSLETTER

Rimani aggiornato su tutte le news e gli eventi promossi da Sudpress

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER