È di fresca pubblicazione, e pronto a mobilitare il mondo del lavoro isolano, il comunicato diffuso sul portale istituzionale della Regione Siciliana, riguardante l’attivazione di un nuovo incentivo rivolto specificatamente alle imprese che operano sul territorio regionale.
Il sostegno economico in questione, il quale prevede l’erogazione di 30.000 euro, spalmati su tre anni, in favore delle aziende che assumono in Sicilia, permetterà appunto di “erogare contributi per assumere fino a 1.350 persone.”
A questo punto, però, l’avviso si maschera con un pizzico di affascinante mistero: bisognerà pazientare qualche giorno prima che vengano fornite le informazioni sul “click day”, ossia la data a partire dalla quale le imprese potranno presentare domanda per ricevere l’incentivo.
Da “de minimis”…
Come si legge nell’avviso, gli aiuti potrebbero essere riconosciuti alle aziende siciliane richiedenti a fronte di un numero massimo di dieci lavoratori, nel rispetto del regolamento UE n°2023/2831, anche denominato “de minimis”.
Questa serie di norme giuridiche, adottate dalla Commissione Europea, consente ad uno Stato di erogare aiuti statali di “modesto importo” (fino a 300.000 euro per tre anni) al fine di agevolare piccole, medie e grandi imprese.
Come principio generale, il trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) preclude agli Stati membri la possibilità di concedere aiuti statali di grande entità alle proprie imprese, per evitare alterazioni della concorrenza: in questo senso, dunque, le sovvenzioni concesse con regime “de minimis” risultano come una piacevole e utile eccezione.
A sottolineare la bontà del provvedimento adottato, quindi, ci pensano subito il Presidente della Regione, Renato Schifani, e l’assessore regionale al Lavoro, Nuccia Albano, i quali dichiarano si tratti di “un sostegno importante all’economia siciliana. […] una misura destinata a favorire la crescita occupazionale” e, soprattutto, col preciso obiettivo di creare “nuovi posti di lavoro di qualità, ovvero stabili e duraturi”.
Certamente un’ottima notizia per le imprese e, soprattutto, per i lavoratori.
…a “il minimo”
Una delle ultime analisi condotte dall’Osservatorio economico di Unioncamere Sicilia, relativa al secondo trimestre 2024, rivela la presenza di dati incoraggianti in merito alle imprese sull’Isola: si registrano infatti crescite in settori come il turismo e i servizi, le costruzioni e il commercio; solo in leggerissimo calo l’industria.
Tra aprile e giugno di quest’anno, è il saldo attivo di 1.759 imprese a dare una piccola scossa all’economia siciliana, con Catania come provincia più dinamica tra iscrizioni e cancellazioni negli Albi camerali (452) seguita da Palermo (390).
Numeri che sembrano dare conforto, seppur tiepido.
C’è da dire, però, che questi ultimi dati vanno a scontrarsi con quelli evidenziati nel primo trimestre di quest’anno: tra gennaio e marzo 2024, in effetti, la Sicilia perde in totale 845 aziende, evento che catapulta la Regione al secondo posto nella classifica delle peggiori “prestazioni” in tal senso, a livello meridionale.
È l’Abruzzo a conquistare il primo gradino del podio.
Nello specifico, proprio in questi mesi, la città metropolitana di Catania deve salutare 476 imprese; ad altre 233 attività economiche rinunciano, insieme, Messina e Trapani; Palermo è, invece, la provincia più fortunata: qui, vanno in cessazione “solamente” 37 aziende.
Come se non bastasse, tra l’altro, è anche la fame di lavoratori a inasprire le belle speranze delle imprese sicule.
Lo scorso maggio, un comunicato della stessa Unioncamere lancia un allarme sulla mancanza di circa 28.500 dipendenti qualificati, di cui le attività economiche sono alla disperata ricerca: quasi il 48% delle figure professionali risulta praticamente introvabile.
La carenza di competenze e quindi l’indisponibilità di effettivi candidati “papabili”, i cui profili variano da addetti alla ristorazione ed esercenti fino ad operai specializzati e tecnici della salute, costringe all’amaro risultato del blocco delle assunzioni programmate, mettendo a repentaglio la stessa vita delle aziende.
Tutto ciò, nel meccanismo di un mercato del lavoro che, di certo, non ha la stessa resa di quello del Nord (anch’esso, comunque, con non poche difficoltà).
Evidenze del genere raccontano l’impossibilità di tenere a galla un intero sistema in affanno con l’utilizzo di sovvenzioni “a bocconi”, per quanto utili queste possano risultare nel quotidiano di micro, piccole e medie imprese.
I buoni numeri registrati nel territorio siciliano sottolineano, invece, la necessità di investimenti, mettendo da parte lo stile politico tipicamente isolano del “minimo”.