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Mondiali di calcio in Qatar: perchè?

26-11-2022 05:30

Nicola Filippone

Cronaca, Focus,

Mondiali di calcio in Qatar: perchè?

"Il gatto è un leone se prende un topo, ma diventa un topo se lotta con una pantera."

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I Mondiali di calcio 2022, iniziati domenica scorsa in Qatar, sono stati finora accompagnati da una pioggia di polemiche, che potremmo riassumere in un’unica, imbarazzante domanda, variamente declinabile: perché


Perché si stanno svolgendo, circostanza a dir poco singolare, in autunno?

Periodo non vacanziero, che non agevola la visione delle partite e il godimento dello spettacolo.


Perché si è aggiudicata l’organizzazione del campionato un Paese che, notoriamente, non rispetta, anzi non riconosce proprio, i principali diritti umani?


Perché, sul piano politico, non hanno sortito alcun effetto i dati, che autorevoli giornali internazionali da tempo riferiscono, riguardanti le migliaia di morti sul lavoro, verificatisi durante la costruzione degli stadi qatarioti?


Perché la RAI ha deciso di trasmettere in diretta tutte le partite, ancorché l’Italia sia stata esclusa dalla competizione?
Perché, ciononostante, gli ascolti televisivi stanno andando bene?


Parafrasando un vecchio adagio, tratto da un dramma di Dumas, si potrebbe rispondere: cherchez l’argent, cercate i soldi.

 

Proprio come nell’ormai lontano 1996, anno del centenario della ripresa dei Giochi Olimpici, quando Atlanta la spuntò su Atene, grazie all’appoggio della Coca Cola, potente finanziatrice del Comitato Internazionale Olimpico, e all’esorbitante investimento dell’emittente televisiva CBS che, con 456 milioni di dollari, coprì metà del budget complessivo, che ammontava a 898 milioni di bigliettoni verdi. 


In questi giorni, il Parlamento Europeo ha alzato la voce, denunciando mancanza di trasparenza da parte della FIFA e del Qatar, in cinica sintonia nel contenere alcune provocazioni, tentate sia dalle squadre in gara che dai loro sostenitori.

 

È stata, ad esempio, respinta la richiesta di indossare fasce da capitano di colore arcobaleno, in difesa degli omosessuali, tuttora perseguitati nell’Emirato.

 

Agli spettatori non è stato consentito l’accesso agli stadi, indossando magliette solidali con le manifestanti iraniane, da mesi impegnate in una cruenta ribellione contro le restrizioni imposte dal regime degli ayatollah. 


A questi divieti hanno fatto da contrappunto le iniziative clamorose di alcuni calciatori, che sono riusciti comunque a veicolare un messaggio molto eloquente di protesta.

 

Per la foto di rito, i giocatori tedeschi hanno posato con la bocca tappata, mentre la squadra iraniana non ha cantato l’inno nazionale, prima di incontrare l’Inghilterra.

 

Ma molto più efficaci sono state le lacrime copiose dei tifosi, che hanno, in tal modo, espresso il dolore per quanto sta accadendo nel loro Paese e l’angoscia per la sorte di tanti loro congiunti e connazionali. 


Questi mondiali stanno così entrando nella storia non solo per le troppe eccezioni volute dalla loro organizzazione, ma soprattutto per la trasformazione di un evento leggero, quale dovrebbe essere una gara sportiva, in una troppo ghiotta occasione di guadagno e di scontro politico.

 

Da quest’ultimo punto di vista, può considerarsi un bene che essi si stiano svolgendo e che milioni di persone, in tutto il mondo, li stiano seguendo.

 

Rimane scandaloso e inaccettabile, però, che le società occidentali, che pur dicono di essere attente e sensibili alla dignità delle persone, si rivelino poi consenzienti verso chi, di tale dignità, fa sistematicamente scempio.

 

Il politicamente corretto, che è sempre pronto a scagliarsi, sui social, contro coloro che, a volte, usano parole inopinate nell’affrontare le questioni più delicate, non ha manifestato lo sdegno che questa vicenda meritava.

 

Forse ha ragione il poeta persiano Sa’dî quando scrive che il gatto è un leone se prende un topo, ma diventa un topo se lotta con una pantera. 

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