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Rifiuti a Catania, bomba sull'appalto "lotto Centro": la ditta GEMA coinvolta in indagini per mafia

04-08-2022 07:10

Pierluigi Di Rosa

Cronaca, Focus,

Rifiuti a Catania, bomba sull'appalto "lotto Centro": la ditta GEMA coinvolta in indagini per mafia

MA INSOMMA...

Dell'appalto per la gestione dei rifiuti a Catania ci siamo occupati più volte: basta ricordare che è il più importante d'Italia con gli oltre 335 milioni complessivi nei suoi tre lotti.

 

È stata dimostrata la sua antieconomicità, che risulta chiara dal fatto abbastanza inquietante che nessuna delle aziende leader del settore ha ritenuto di poter partecipare alla gara d'appalto: nonostante fosse un bando europeo di grande importo, soltanto 3 le aziende prtecipanti e tutte e tre con qualche problemino.

 

Al momento della gara la maggior parte degli esperti, sindacati in primis, denunciarono come un appalto simile poteva risultare appetibile soltanto a chi avesse "logiche extra aziendali" o "strumenti di compensazione alternativi", diciamola così, che magari possano consentire "risparmi" che altri non riuscirebbero ad assicurarsi.

 

Sulle condizioni della città inutile infierire: è tra le più sporche d'Europa ed i social di tutto il mondo sono pieni di foto di turisti che si immortalano tra cumuli d'immondizia.

 

E ancora il bello deve venire con l'inizio delle scuole, considerato che il geniale capitolato prevede la raccolta diurna e ci sarà da ridere con gli autocompattatori in giro per la città dalle 7 del mattino!

 

Ma ora le notizie che giungono dalla Campania mettono un altro pesante macigno.

 

Come sappiamo, l'appalto, per motivi in realtà mai compresi, è sato diviso in tre lotti: Sud, Nord e Centro.

 

Sui primi due al momento sorvoliamo, l'ultimo, quello Centro, è il più oneroso per le tasche dei cittadini: ben 163 milioni di euro.

 

Dopo alterne vicende e problemi burocratici, è stato aggiudicato al Consorzio GEMA, con sede a Salerno, cha ha iniziato il servizio da qualche settimana ma che ancora pare non abbia firmato il contratto con il comune di Catania.

 

Proprio dalla Campania giungono, dicevamo, notizie che gettano più di un'ombra e rischiano di confermare quanto si riportava all'inizio in ordine alle perplessità di sindacati ed esperti del settore in ordine alla sostenibilità dell'appalto.

 

Lo scorso 10 giugno il Presidente della Repubblica ha sciolto per mafia l'amministrazione comunale di San Giuseppe Vesuviano.

 

Allegati al decreto di scioglimento ci sono sia l'atto del Ministro dell'Interno Lamorgese che spiega le ragioni della richiesta di commissariamento antimafia, sia la relazione del prefetto, entrambi pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 14 luglio.

 

Nella prima, la relazione del Ministro che chiede lo scioglimento, si legge: "La commissione si e' inoltre soffermata sulle  procedure  seguite per l'affidamento del servizio di raccolta, trasporto  e  smaltimento dei rifiuti solidi urbani  e  di  gestione  del  centro  di  raccolta comunale,  ritenute  non  conformi  alla  disciplina  degli   appalti pubblici e  alla  legge  della  Regione  Campania  n.  14/2016  sulla costituzione degli enti d'ambito. L'organo  ispettivo  riferisce  che sin dal 2010 tali servizi sono stati affidati, dopo  espletamento  di gara, ad  una  societa'  e  allo  scadere  del  contratto  settennale dell'appalto,   il   servizio   e'   stato   piu'   volte   prorogato illegittimamente  alla  stessa  ditta  affidataria per un  periodo complessivo di due anni e due mesi. Tale proroga, peraltro, e'  stata adottata  in  violazione della  predetta  norma  regionale  e  della deliberazione assunta dal  consiglio  comunale  l'8  agosto  2016  di adesione all'ente d'ambito, senza che a cio' abbiano  fatto  seguito, per tempo, le dovute iniziative che avrebbero determinato,  ai  sensi degli articoli 25 e 40 della suddetta legge regionale, la  cessazione automatica di nuovi affidamenti del servizio rifiuti  in  conseguenza dell'individuazione del nuovo gestore del servizio integrato da parte dell'ente d'ambito.

Viene riferito  che  solo  nel  giugno  2019,  il competente ufficio comunale ha verificato che  l'ATO  competente  non
aveva avviato le procedure di gara per il  servizio  in  questione  e quindi ha indetto una nuova gara d'appalto per un importo di quasi 28 milioni di euro, gara il cui esito si e' risolto  favorevolmente  per la  societa'  gia'  affidataria  dell'appalto.  

Al  riguardo,  viene rilevato  che,  oltre  alle  illegittimita'  gia'  segnalate  per  le ripetute proroghe, anche in tale occasione non e' stata  attualizzata la certificazione antimafia, facendo riferimento, per la stipula  del nuovo contratto  avvenuta  il  29  maggio  2020,  alle  richieste  di certificazione antimafia del 2010 relative al contratto precedente; a cio'  si  aggiunga  che  la  stipula  del  nuovo  contratto,  e'  ben precedente alla comunicazione della prefettura di Salerno di avvenuta iscrizione della ditta appaltatrice  nelle  white  list  in  data  29 ottobre 2020. Al riguardo si  evidenzia,  poi,  che  recentemente  la prefettura di Salerno, in sinergia con i gruppi  ispettivi  antimafia operanti a Napoli e Salerno, ha avviato nei confronti della  predetta societa' appaltatrice il procedimento  finalizzato  all'adozione  del provvedimento interdittivo, in considerazione degli elementi ostativi
alla permanenza della iscrizione della  suddetta  ditta  nelle  white list, sussistendo il pericolo di condizionamento della  criminalita' organizzata. 

Risulta,  inoltre,  che  alcuni  componenti  del  consiglio  di amministrazione della societa' incaricata del servizio hanno rapporti di stretta parentela con affiliati a clan camorristici.  

Inoltre,  un dipendente di tale consorzio, stretto congiunto di un  amministratore comunale in  carica,  risulta  indagato  in  un  procedimento  penale avviato  dalla  procura  della  Repubblica  presso  il  Tribunale   - Direzione distrettuale antimafia di Napoli.  

Lo  stesso  viene  anche considerato nella relazione prefettizia come dominus effettivo  della predetta societa' e risulta aver avuto funzioni apicali  in  un'altra ditta,  poi  colpita   da   interdittiva   antimafia,   proprio   per collegamenti  con  la  criminalita'  organizzata  locale.  

Un  altro dipendente  risulta  essere  uno  stretto  discendente  di  un   noto pregiudicato  locale,  deceduto,  condannato  per  il  reato  di  cui all'art. 416-bis del codice penale. 
Peraltro, nella relazione prefettizia viene sottolineato  che  la societa' appaltatrice e' la stessa che  ha  operato, sempre  per  la raccolta e lo smaltimento dei  rifiuti,  in  un  altro  comune  della provincia, anch'esso sciolto per infiltrazioni  mafiose,  presso  il quale   tale   servizio   e'   stato   revocato   dalla   commissione straordinaria, ai sensi  dell'art.  145,  comma  4,  TUOEL;  infatti, dall'esame del provvedimento di revoca si evince, tra l'altro, che la
ditta affidataria effettuava la sosta del  propri  automezzi  adibiti alla raccolta dei rifiuti in un terreno di proprieta' di una societa' immobiliare riferibile ad un imprenditore contiguo ad un locale  clan camorrista.

Si precisa, altresi', che la legittimita' della  predetta revoca e' stata confermata in sede  di  ricorso  in  appello  con  la sentenza del Consiglio di Stato n. 3814/2022, pubblicata il 16 maggio 2022. 
Viene altresi' riferito che gli uffici comunali di  San  Giuseppe Vesuviano, pur in presenza  di  segnalazioni  di  disservizi causati dalla ditta affidataria, hanno ripetutamente  omesso  di  avviare  le relative contestazioni, avvenute solo dopo la stipula  del  contratto del  2020,  avvantaggiando  cosi'  il  gestore  del  servizio nella rinnovata procedura di gara; inoltre,  viene  segnalato  che  per  la gestione  dell'isola  ecologica,  anch'essa  assegnata  alla  stessa societa', non risulta effettuata alcuna valutazione sulla  congruita' del prezzo proposto, ne' risulta stipulato dal 2017 alcun contratto. 
Irregolarita' in parte analoghe a  quelle  rilevate  sono  emerse anche dall'analisi delle procedure relative all'appalto del  servizio di conferimento dei rifiuti di  natura  organica,  per  il  quale  si riferisce che nei confronti della ditta ripetutamente affidataria dei lavori non risulta siano state effettuate, da parte  del  comune,  le verifiche dei requisiti soggettivi di cui  all'art.  80  del  decreto legislativo n. 80/2016, ne' acquisita la certificazione antimafia."

 

Quella del Ministro per l'Interno riprende la più approfondita relazione ispettiva del prefetto di Napoli, che nelle sue 48 pagine ne dedica ben 4 (dalla 24 alla 28) all'appalto dei rifiuti con dovizia di particolari e collegamenti, dando anche atto che sulla revoca dell'appalto è in atto un contenzioso innanzi al TAR adesso in sede di appello.

 

Ulteriori conferme sulle "criticità" che coinvolgono il Consorzio GEMA si rinvengono in un decreto della Corte d'Appello del Tribunale Civile di Napoli che si pronuncia in merito ad una complessa questione riguardante la incandidabilità di alcuni amministratori pubblici coinvolti nello scioglimento per mafia del comune di Sant'Antimo in provincia di Napoli.

 

Il nome del Consorzio GEMA ricorre in più passaggi della deliberazione della Corte d'Appello, con la conferma dell'apparteneza di alcuni suoi amministratori ad ambienti pericolosi, oggetto di più approfondite indagini in sede penale antimafia.

 

Si legge che "Anche nella vicenda dell’affidamento del servizio rifiuti al Consorzio GEMA spicca la presenza dell’ing. Valentino per un’assegnazione di più che discutibile legittimità (come si avrà di chiarire esaminando la posizione di Teresa Pedata), non a caso revocata dai Commissari Straordinari, peraltro ancora una volta a favore di soggetto imprenditoriale riferibile ad esponenti della criminalità organizzata gravati da reati per associazione mafiosa (v. pagine nn. 150, 161, 166, 170, 176 della relazione di accesso).

 

E ancora viene dato atto di come venga affidato "il servizio di raccolta dei rifiuti urbani con procedura amministrativa viziata da profili di illegittimità perché effettuata, pur non sussistendo i presupposti previsti dal Codice degli Appalti, con procedura negoziata senza pubblicazione del bando e con criterio di aggiudicazione del minor prezzo, al “Consorzio Gema”, amministrato da Vincenzo Calce, Gabriele Calce e Alfonso Zito, destinatari di provvedimenti cautelari per associazione a delinquere e soggetti legati alla locale criminalità."

 

E ancora: "con determina dell’8 marzo 2019, si diede avvio alla procedura di affidamento senza pubblicazione del bando, “governata” dall’onnipresente ing. Valentino (v. determina n. 12 del 18 aprile 2019 della Centrale Unica di Committenza di Sant’Antimo, da questi presieduta), con assegnazione al consorzio GEMA (i cui amministratori Vincenzo e Gabriele Calce ed Alfonso Zito, soggetti che il Tribunale ha indicato essere legati alla locale criminalità e destinatari di provvedimenti cautelari per associazione per delinquere), successivamente revocata dai Commissari Straordinari con delibera n. 58 del 12 novembre 2020 per le ravvisate suesposte illegittimità."

 

MA INSOMMA...

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