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Un omaggio, da liberali antifascisti ed anticomunisti, ad una voce fuori dal coro che ci ha insegnato che la vera grandezza non ha bisogno di lusso ma di verità, coerenza e rispetto per l’altro.
Una lezione di umanità in un mondo che ha smarrito il senso della misura.
Un uomo, non un politico. Un esempio, non un'eccezione
Il 13 maggio 2025 si è spento José “Pepe” Mujica, ex presidente dell’Uruguay, ma soprattutto un uomo che ha incarnato una visione della politica come servizio e non come potere per il potere.
Un agricoltore, un ex guerrigliero tupamaros, un pensatore radicalmente umano: Pepe Mujica è stato molto più di un capo di Stato.
È stato una coscienza collettiva, una voce limpida in un mondo sempre più stonato.
Un personaggio che non cercava il consenso nei salotti televisivi, ma nelle parole semplici che parlavano al cuore delle persone.
Il Movimento di Partecipazione Popolare: la democrazia dal basso
La sua storia politica nasce dal basso, letteralmente.
Mujica è stato uno dei fondatori del Movimento di Partecipazione Popolare (MPP), espressione diretta della sinistra uruguaiana e parte del più ampio Frente Amplio, coalizione progressista che ha saputo cambiare radicalmente il volto politico dell’Uruguay.
Il MPP è stato, sin dalle sue origini, un movimento radicato nei quartieri, nelle campagne, nei collettivi di base, con l’obiettivo di portare il potere decisionale vicino alle persone comuni, lontano dai palazzi autoreferenziali.
Una visione non ideologica ma profondamente etica e sociale, incentrata sulla giustizia, sull'equità e sulla partecipazione vera.
Sobrietà: non una posa, ma una scelta di vita
"Chi lotta per il lusso quando il mondo è pieno di miseria, è fuori strada", diceva Mujica.
Durante il suo mandato da presidente (2010-2015), ha rifiutato di vivere nel palazzo presidenziale, preferendo la sua modesta casa di campagna, con il tetto arrugginito e i cani zoppi che giravano liberi.
Rinunciava al 90% del suo stipendio per donarlo a chi ne aveva bisogno.
Guidava una vecchia Volkswagen Beetle, coltivava fiori con la moglie e non aveva guardie del corpo.
Non era una messinscena: era la manifestazione concreta della sua filosofia di sobrietà.
Una sobrietà che non era privazione, ma scelta consapevole di libertà.
La sua idea era tanto semplice quanto rivoluzionaria: non siamo più felici se accumuliamo ricchezze, ma se liberiamo tempo e risorse per vivere davvero.
Un'eredità morale, oggi più che mai necessaria
Mujica ha rappresentato una rivoluzione silenziosa, ma potentissima, in un tempo in cui la politica è diventata spettacolo, carriera, potere e privilegio.
Ha denunciato gli eccessi del capitalismo sfrenato, l’ipocrisia dei sistemi che parlano di giustizia mentre tollerano l’ingiustizia quotidiana, l’assurdità di un progresso che divora l’ambiente e la dignità umana.
Oggi, mentre intere classi dirigenti banchettano tra benefit e auto blu, con la povertà che avanza e i servizi pubblici al collasso, la figura di Mujica emerge come uno schiaffo morale.
Un esempio imbarazzante per chi vive nella logica dell'opulenza, del consenso a pagamento, del potere per il potere.
Gandhi, Mandela… Mujica
Paragonare Mujica a figure come Gandhi o Mandela non è un azzardo retorico.
Come loro, ha pagato con la prigione (14 anni di detenzione durissima sotto la dittatura uruguaiana) il prezzo delle sue idee.
Come loro, ha scelto la pace invece della vendetta, la parola invece dell’odio, l’umiltà invece del trionfalismo.
Ha parlato al mondo dalle sedi dell’ONU e del G20 come un uomo libero e integro, ricordando a chi detiene il potere che la vera forza sta nel servire, non nel comandare.
E ora?
Ora che la sua voce si è spenta, resta l’eco delle sue parole, che ci chiedono: Che senso ha un mondo che corre per produrre cose inutili mentre milioni di persone non hanno l’acqua?
È tempo di riscoprire il valore della sobrietà, dell’autenticità, della partecipazione.
Pepe Mujica ci ha mostrato che un altro modo di fare politica è possibile.