Una chiusura scolastica per un Carnevale che di fatto non esiste.
Un’ordinanza sbandierata come se fosse l’evento dell’anno, mentre la realtà è una sfilata finanziata esclusivamente dalle famiglie, senza alcun vero impegno da parte dell’amministrazione.
Il sindaco di Paternò, Nino Naso, ha deciso di chiudere le scuole il 4 e 5 marzo, giustificando questo provvedimento con “operazioni di pulizia e organizzazione”.
Ma pulire cosa? Organizzare cosa? Quando tutto è lasciato nelle mani dei genitori, quando non c’è un progetto, quando il Carnevale, un tempo fiore all’occhiello della città, è solo il ricordo sbiadito di una festa che non c’è più?
L’ordinanza suona quasi ridicola nella sua solennità.
Una decisione che sembra più un gesto propagandistico che una reale necessità.
Perché la verità è che il Comune non ha mosso un dito per ridare dignità a questa tradizione. Il Carnevale paternese, una volta noto e apprezzato, si regge ora solo sulla buona volontà dei cittadini.
Il declino di una città che non investe su se stessa
Non è solo il Carnevale a essere stato sacrificato. Paternò è una città che ha smesso di credere nelle proprie potenzialità.
L’artigianato, un tempo cuore pulsante dell’economia locale, è in declino. Le tradizioni culturali, come quella dei cantastorie, sono state dimenticate. Il turismo è inesistente. Gli spazi pubblici, abbandonati.
Il Comune non investe sui suoi talenti, non incentiva le iniziative locali, non costruisce un futuro.
Mentre altre città, come Acireale e Misterbianco, hanno trasformato il loro Carnevale in un evento di livello nazionale, a Paternò non esiste nemmeno una rete di associazioni che possa prendere in mano la situazione. E non per mancanza di persone capaci, ma per assenza di volontà politica.
Le fondazioni potrebbero essere la chiave per il rilancio di eventi culturali e folkloristici, ma servirebbe una strategia. E invece, si chiudono le scuole per una festa che non esiste, come se questo fosse il massimo dell’azione amministrativa.
Il “pedaggio” per il Carnevale
A dare delle amare conferme in merito all’attuale situazione a dir poco carnevalesca (se si vuol passare il termine) che interessa questo comune dell’hinterland catanese, ci pensano diversi cittadini, i quali, tramite alcuni commenti non esattamente al sapore di miele e rilasciati sulle pagine dei social più usati, si rivolgono proprio in direzione del primo cittadino.

A chiarirci quanto stia accadendo e accadrà nei prossimi giorni tra le vie di Paternò, è una conversazione con quella che si rivela essere una fonte titubante ma preziosissima, la quale ci informa su quel che succede tra le silenziose pareti delle scuole locali.






Insomma, il Comune dà il benestare nell’organizzazione delle sfilate studentesche per il carnevale, ma sono le famiglie degli alunni a dover mettere mano al portafogli per fare in modo che questi eventi vadano effettivamente in porto.
Tutto ciò, in attesa di rimborsi che, con molta probabilità, non vedranno la luce del sole. Sono soltanto scuole, mica istituti di credito.
D’altronde, il 2025 non è di certo il primo anno in cui nel comune paternese, capitanato da Nino Naso, si adottano modalità organizzative di questo genere: in effetti, in calce ad un servizio giornalistico realizzato dall’emittente televisiva biancavillese Video Star e riguardante la sfilata dei bambini in maschera durante l’edizione 2024 del Carnevale, una cittadina commenta “pensato dall’amministrazione, ma pagato dai genitori... Quindi fate un plauso a loro”.

La politica del consenso e il prezzo dell’indifferenza
Questa chiusura scolastica è solo l’ennesimo esempio di una politica che non governa, ma accontenta. Chiudere le scuole senza una reale necessità è una scelta che mette in difficoltà le famiglie, che si ritrovano senza un servizio essenziale, e che dimostra una visione amministrativa miope.
A Paternò mancano spazi di svago per i bambini, mancano investimenti sulle nuove generazioni, mancano piani per il futuro. Il sindaco non dovrebbe limitarsi a prendere decisioni per “fare contenti i cittadini” nel breve termine, ma dovrebbe pensare al bene della comunità nel lungo periodo.
La sensazione diffusa è quella dell’impotenza.
I paternesi sembrano aver gettato la spugna, rassegnati a una città che si spegne lentamente, senza che nessuno si preoccupi di riaccendere la scintilla. Eppure, c’è ancora chi crede nella possibilità di un risveglio.
Una speranza per il futuro?
La rinascita di Paternò non è impossibile.
Servono idee, serve intraprendenza, serve il coraggio di guardare oltre la gestione approssimativa del presente. Esistono persone con competenze, voglia di fare e amore per la propria città. Esistono professionisti, artisti, artigiani che potrebbero riportare Paternò ai suoi anni d’oro. Ma senza un’amministrazione capace di ascoltare, di pianificare, di investire nel territorio, tutto resterà solo un rimpianto.
Il Carnevale poteva essere un’opportunità. Invece, è diventato il simbolo di una politica che chiude scuole e apre il vuoto. Ma se i paternesi troveranno la forza di reagire, di organizzarsi, di riprendersi il loro spazio, allora questa storia potrebbe avere un finale diverso.
E forse, un giorno, si potrà tornare a festeggiare un vero Carnevale.
