La minaccia dell'impianto agro-fotovoltaico su Gibellina
La notizia è di quelle da far cadere le braccia, anche se questi trogloditi ci hanno ormai abituato a tutto e di più.
L'ultima notizia, tra le tante simbolo di una politica devastante, è che sarebbe in corso di definizione da parte del governo Schifani l'autorizzazione per la costruzione di un impianto agrovoltaico di 50 ettari a Gibellina, un atto di sconcertante miopia politica e culturale.
A richiederla una società con sede legale a Ravenna, la Tozzi Green spa con capitale sociale di 2,3 milioni di euro rappresentante legale Maria Antonietta Marino e che ha in corso anche altre operazioni simili sul territorio siciliano.
Altra operazione simile sempre da parte della stessa Tozzi Green, denominata denominata “Impianto Agrovoltaico Centuripe Piana di Mazza”, della potenza nominale pari a 40 MWp, è in corso nel Comune di Centuripe (EN), in località “Piana di Mazza”, con il coinvolgimento, per le per le opere ed infrastrutture necessarie alla connessione alla RTN dei comuni di Adrano (CT) e Biancavilla (CT).
Di questa abbiamo trovato solo l'Autorizzazione Idraulica Unica del 28 giugno 2024, firmata dal dirigente del Servizio 5 dell'Autorità di Bacino del distretto idrogeografico della Sicilia presso la presidenza della regione Calogero Zicari con il funzionario direttivo Antonio Vita.
Ma è l'autorizzazione su Gibellina che grida allo scandalo, all'inconcepile scandalo, all'indefinibile oltraggio ad una Memoria, ad un Significato che viene dal dolore di una tragedia comunitaria immane, il terremoto del Belice del '68, trasformata in esempio di riscatto.
Questa autorizzazione arriva con il decreto assessoriale 173 del 17 maggio 2024, firmato sempre dall'allora assessore Elena Pagana, in cui viene citato, tra le decine di visti e considerato, il parere favorevole del CTS presieduto dall'ex assessore all'economia della giunta Musumeci Gaetano Armao.
Per inciso, Armao fu candidato presidente della regione contro Schifani che poi lo nomina, appunto, presidente della “Commissione Tecnica Specialistica per il supporto allo svolgimento delle istruttorie per il rilascio di tutte le autorizzazioni ambientali di competenza regionale”: vabbè…
Questa decisione mette in pericolo uno dei luoghi più significativi della Sicilia e del Mediterraneo, un territorio che ha saputo rinascere dalle ceneri del terremoto del 1968 grazie a una visione che ha trasformato la devastazione in un'opera d'arte e memoria collettiva.
Un progetto che minaccia un patrimonio artistico unico al mondo
Stiamo parlando quindi di un progetto che, se realizzato, andrebbe a deturpare irrimediabilmente uno dei luoghi simbolo dell'arte contemporanea mondiale: il Cretto di Burri e il Museo "Ludovico Corrao", in memoria di un gigante non adeguatamente ricordato.
Il Cretto di Burri è una delle opere di land art più importanti al mondo, un monumento che ricorda, appunto, il devastante terremoto del Belice e che rappresenta una testimonianza del dolore e della speranza di una comunità intera.
Il Cretto di Burri, per chi non lo sapesse, è una gigantesca opera di land art realizzata dall'artista Alberto Burri tra il 1984 e il 1989. Consiste in una distesa di cemento bianco che copre le rovine del vecchio paese di Gibellina, distrutto dal terremoto del 1968.
L'opera è stata costruita utilizzando materiali come cemento e detriti dello stesso terremoto, ed è pensata per ricordare le macerie del borgo originario, rappresentando così un monumento alla memoria e alla rinascita.
Il Cretto simboleggia il dolore della comunità e allo stesso tempo la sua capacità di resistere e trasformare la tragedia in arte e bellezza.
Un territorio che, dopo la distruzione provocata dal terremoto del 1968, ha ritrovato una nuova identità attraverso la visione artistica e culturale che ha saputo trasformare il dolore in bellezza e memoria collettiva.
Questo progetto di agro-fotovoltaico è pertanto una chiara mancanza di rispetto verso l'eredità culturale e storica di Gibellina.
Significa ignorare l'importanza di questo luogo non solo come testimonianza del passato, ma anche come simbolo di una rinascita possibile grazie all'arte e alla cultura.
Gibellina è diventata un luogo in cui l'arte ha riscritto la storia, trasformando un evento tragico in una fonte di ispirazione per il futuro. Deturpare questo luogo con un impianto industriale significa calpestare il valore simbolico di un'intera comunità.
Gibellina: centro di arte contemporanea del Mediterraneo
Gibellina non è solo un paese della Sicilia, è il più grande centro di arte contemporanea del Mediterraneo, un laboratorio a cielo aperto nato dal sogno visionario del senatore Ludovico Corrao, una figura mai adeguatamente ricordata.
Corrao, già senatore del PCI, nei difficilissimi anni del terremoto e poi della ricostruzione, diviene sindaco di Gibellina nel 1969 ed ha saputo vedere oltre quelle macerie, immaginando una Sicilia che potesse essere il cuore pulsante di un Mediterraneo che trova nell'arte e nella cultura gli strumenti per creare coesione e fratellanza tra i popoli.
Grazie a questa intuizione, Gibellina è diventata un simbolo della resistenza culturale, un luogo dove artisti di tutto il mondo hanno contribuito a un progetto unico, che ha ridato speranza e valore a una comunità distrutta.
A proposito, se siete attivati a leggere sino a qui magari potrebbe essere opportuno suggerirvi la lettura de “Il Sogno Mediterraneo”, il libro - intervista al Senatore Ludovico Corrao, a cura del professore- giornalista Baldo Crollo, edito da E. Di Lorenzo: la differenza tra uno dei giganti della recente storia siciliana e la pletora di cafoni parassiti che la stanno occupando!
Gibellina, dicevamo, ospita opere di artisti di fama internazionale come Alberto Burri, Mimmo Paladino e Pietro Consagra.
È un museo a cielo aperto che ha trasformato la tragedia in un’opportunità di crescita culturale e sociale.
Ogni installazione racconta una storia di resilienza, di trasformazione e di visione.
Questo rende Gibellina un luogo unico nel suo genere, un crocevia di culture che guarda al futuro senza dimenticare il passato. L'impianto agrovoltaico minaccia di oscurare tutto ciò che è stato costruito con passione e dedizione in decenni di lavoro.
Un attacco all'identità culturale di Gibellina
L'idea di costruire un impianto agrovoltaico così vicino al Cretto di Burri è una provocazione e una mancanza di rispetto verso la storia e il patrimonio artistico che questo territorio rappresenta.
Non si tratta solo di una questione estetica o paesaggistica, ma di un attacco diretto all'identità culturale di Gibellina e al suo ruolo di simbolo di rinascita.
La Sovrintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani ha già espresso un parere negativo, definendo il progetto "incongruo" e "incompatibile con i luoghi", ma la Regione sembra ignorare queste preoccupazioni, così come la voce delle associazioni culturali e della stessa comunità locale.
Anzi, leggiamolo proprio il parere della Sovrintendenza di Trapani: “Quanto rilevato con Certificazione resa in data 07/09/21, con riguardo in particolare, all’aderenza dell’impianto al Centro abitato di Gibellina, occupando una vasta area a Nord-Est, prossima ai Monumenti di Arte Contemporanea, al “Sistema delle Piazze”, dichiarate di importante interesse artistico, tutelato ai sensi dell’art. 10 del D. Lgs.42/2004, nonché prossima al Museo di Arte Contemporanea “Ludovico Corrao”, costituisce una criticità importante non risolvibile con la proposta di mitigazione di ampliamento della fascia a verde perimetrale. Appare importate, in considerazione della storia di Gibellina e della tragica perdita dei propri valori identitari storico- tradizionali, preservare la nuova identità che si è affermata negli ultimi anni, attraverso la valorizzazione dell’arte contemporanea in connubio al paesaggio rurale tradizionale. Si rammenta che Gibellina è divenuta il più grande centro di Arte contemporanea nel Mediterraneo, con refluenze positive su tutto il territorio della Valle del Belice. La realizzazione di siffatto impianto comporterebbe la cancellazione del rapporto, non solo visivo, ma anche relazionale dell’abitato con il proprio contesto, imponendo riferimenti avulsi dai contesti abitati. Pertanto si manifesta contrarietà alla realizzazione dell'impianto proposto”.
Anche il sindaco di Gibellina Salvatore Sutera ha formalizzato il suo disappunto: ha dichiarato: “si ritiene poco opportuna la vicinanza ad un centro abitato un impianto cosi grande e per tale motivazione si esprime parere non favorevole”.
E la cosa interessante è che questi pareri così trancianti sono riportati proprio nel decreto con cui l'allora assessore al Territorio del governo Schifani Elena Pagana ha concesso l'autorizzazione di cui sopra: come a dire…"vabbè, a noi che ci frega …".
Le associazioni culturali locali e i cittadini si sono mobilitati per far sentire la propria voce contro questo progetto.
È evidente che la costruzione di un impianto di questa portata metterebbe in pericolo l'atmosfera e l'unicità di questo luogo, trasformandolo da spazio di arte e contemplazione a zona di sfruttamento energetico.
Gibellina non può essere sacrificata sull'altare di un presunto e sedicente sviluppo energetico senza considerare i danni irreparabili che ciò comporterebbe al suo patrimonio storico e culturale.
Industrializzazione forzata: un pericolo per Gibellina
L'installazione di un impianto fotovoltaico di queste dimensioni è l'ennesimo tentativo di industrializzare uniformemente un territorio che ha già subito abbastanza.
Già in passato il paesaggio di Gibellina è stato compromesso dalle torri eoliche, e ora, con questo progetto, si rischia di cancellare definitivamente quel delicato equilibrio che era stato faticosamente raggiunto tra arte, storia e territorio.
Come affermato dalle associazioni culturali, tra cui "Articolo Nove", questo tipo di industrializzazione forzata non porta alcun beneficio reale per Gibellina, ma solo la perdita di una parte fondamentale del suo valore simbolico.
Nel solo territorio della provincia di Trapani, infatti, si contano già oltre mille torri eoliche e centinaia di ettari di parchi solari.
Questa espansione incontrollata delle energie rinnovabili, sebbene mascherata da “nobili intenti”, non tiene conto del contesto specifico e delle peculiarità culturali di ogni luogo.
L'industrializzazione del paesaggio rischia di renderlo uniforme e privo di quella diversità culturale e storica che è invece il cuore pulsante di Gibellina. Il territorio non può essere visto solo come una risorsa da sfruttare, ma va valorizzato e protetto, affinché possa continuare a raccontare la propria storia.
La candidatura a Capitale italiana dell'Arte contemporanea
Tra l'altro tutto questo “affaire” si sviluppa in una fase particolare in cui proprio Gibellina è tra le cinque finaliste per la nomina di Capitale italiana dell'Arte contemporanea per il 2026, opportunità che non è solo un riconoscimento del suo passato, ma un impegno per il suo futuro.
La città ha presentato il dossier "Portami il futuro", un titolo che evoca speranza e visione, ma che rischia di diventare una beffa se le autorità non capiranno l'importanza di tutelare questo patrimonio unico.
Ludovico Corrao, lo ricordiamo ancora, aveva un sogno: fare di Gibellina un faro culturale per tutto il Mediterraneo, un luogo dove l'arte potesse essere strumento di dialogo e crescita.
La realizzazione dell'impianto agrovoltaico rischia di spegnere questo faro, di trasformare un simbolo di rinascita in un ennesimo esempio di sfruttamento e indifferenza.
Questa candidatura è un'opportunità straordinaria per far conoscere ancora di più Gibellina al mondo, per valorizzare il suo straordinario patrimonio artistico e per attrarre turismo culturale, che potrebbe dare un impulso positivo all'economia locale.
Quindi, la presenza di un impianto industriale nelle immediate vicinanze del Cretto di Burri rischia di compromettere seriamente l'attrattiva del luogo, allontanando visitatori e artisti. Non possiamo permettere che un'opportunità così importante venga vanificata per mancanza di visione a lungo termine.
Appello alla Regione: tutelare Gibellina
È pertanto fondamentale che la Regione riconsideri questa scelta e ascolti la voce della comunità e degli esperti che si sono espressi contro il progetto.
Gibellina è un patrimonio di tutti, un esempio di come l'arte possa ricostruire non solo i luoghi, ma anche le anime.
Distruggere questo equilibrio significherebbe tradire non solo la memoria del passato, ma anche le speranze per il futuro.
La Regione ha il dovere di preservare Gibellina, non solo per rispetto alla comunità locale, ma anche per l'importanza che questo luogo ha acquisito a livello internazionale.
Gibellina è diventata un modello di come la cultura e l'arte possano fungere da leve per la ricostruzione e il rilancio di un territorio martoriato. La sua tutela non è solo una questione locale, ma riguarda tutti noi, come cittadini di un mondo che deve imparare a proteggere la propria storia e le proprie radici culturali.
Rinunciare a questo progetto agrovoltaico non significa essere contrari alle energie rinnovabili, ma significa capire che lo sviluppo deve essere sostenibile anche dal punto di vista culturale e paesaggistico.
Gibellina merita di continuare a essere un simbolo di speranza, non di mera resilienza, filosofia che va tanto di moda, ma di vera e propria reazione e resistenza alle avversità della Storia, la capacità di immaginare Futuro anche e soprattutto dopo la distruzione.
Un luogo dove l'arte può ancora dare forma a un futuro migliore, dove la memoria e la bellezza possono coesistere e dove ogni pietra, ogni opera, racconta la storia di una comunità che ha saputo rinascere dalle sue ceneri.