Il 4 di dicembre del 2023 dovrebbe essere ricordato a Catania.
Ma siccome siamo, appunto, a Catania ormai non si fa più caso a niente e tutto scorre nella sempre più rapida degradazione di una comunità che si è votata al più miserabile dei suicidi.
Le notizie sono due e si intrecciano tra loro perché accomunano il ceto imprenditoriale e quello politico: due “ceti” che sono al contempo cause ed effetti dell'infimo status quo. Quasi un ossimoro, di certo un paradosso.
Ieri, 4 dicembre, si è dimesso dal suo incarico di presidente della Confindustria Catania il commendatore della Repubblica Angelo Di Martino.
Ieri, 4 dicembre, è stato condannato per corruzione elettorale l'attuale vice presidente vicario del consiglio comunale, il Senato della città di Catania. Si tratta di Riccardo Pellegrino, esponente di Forza Italia, il partito del presidente della regione Renato Schifani.
Ieri, 4 dicembre, ma questo lo segnaliamo per inciso perché non riguarda Catania, è stata resa nota la notizia che proprio il presidente della regione Renato Schifani si è visto scattare la prescrizione che potrebbe salvarlo dal processo in cui è imputato a Caltanissetta per gravi reati che la procura ritiene abbia commesso nell'ambito del cosiddetto “Sistema Montante”, accusato di concorso esterno in associazione a delinquere semplice e rivelazione di notizie riservate.
Se Schifani dovesse accettare la prescrizione, impedendo per mero decorso del tempo di accertare la sua proclamata innocenza, sarebbe un altro duro colpo per la credibilità delle istituzioni che si sommerebbe alle altre due assestate questo 4 dicembre. Staremo a vedere che decide il presidente.
L'aspetto singolare è che, come ormai di consueto, non sono le fisiologiche dinamiche politiche o civiche a determinare prese di coscienza e riequilibri di potere, ma per ogni cosa si attende l'esito di inchieste giudiziarie.
Una patologia tutta italiana che in Sicilia assume livelli aberranti.
Non sono ricostruzioni investigative, lo ammettono chiaramente i due fratelli Di Martino interrogati nell'ambito dell'inchiesta “Doppio Petto” che decapita la cosca dei Pillera.
Dopo una impossibile resistenza, nella mattinata del 4 si è riunito il comitato di presidenza di Confindustria Catania al termine del quale Di Martino finisce dimissionario ed esce un laconico comunicato:
"CONFINDUSTRIA CATANIA, ANGELO DI MARTINO SI DIMETTE DALLA CARICA DI PRESIDENTE
Catania, 4 dicembre 2023 - Il Consiglio di Presidenza di Confindustria Catania si è riunito questa mattina nella sua interezza, con procedura di urgenza, per valutare il contenuto delle notizie apparse sulla stampa riguardanti il Presidente Angelo Di Martino. Nel corso della riunione il Presidente, dopo avere espresso la propria estraneità ai fatti, così come riportati sulla stampa, riservandosi di agire per le vie legali, ha deciso, sentito il Consiglio di Presidenza, di rimettere il mandato e di rassegnare quindi le proprie dimissioni, ciò al fine di preservare l'immagine dell'Associazione evitando così qualsiasi ulteriore speculazione."
“Estraneità ai fatti”? Ma la “stampa”, tutta, non ha fatto altro che riportare le frasi, virgolettate pronunciate dai due fratelli Di Martino contenute nell'ordinanza, che non solo confermano il pagamento del pizzo da 20 anni, ma addirittura la piena consapevolezza, proprio del presidente di Confindustria Angelo Di Martino, che quei fondi andassero alla mafia.
Altro che “estraneità”, a parte il fatto che ci sarebbe da capire come quelle migliaia di euro uscissero dai conti dell'azienda per finire in contanti nelle tasche degli esattori beccati all'uscita dell'azienda: ma queste sono cose che staranno verificando gli investigatori, come anche qualche riflessione starà facendo la prefettura di Catania che deve chiarire se può essere superabile per un'azienda tra le più importanti del territorio finanziare per 20 anni le cosche mafiose.
Fatto sta che dopo il primo comunicato di Confindustria ne esce un altro a firma dell'ormai ex presidente Di Martino:
Quindi il commendatore Angelo Di Martino ribadisce quanto dichiarato in seno di comitato in merito alla “estraneità ai gravi fatti”, evitando però la minaccia di azioni legali non si capisce nei confronti di chi contenuta nel primo comunicato.
Sin qui la bomba su Confindustria Catania che, con le traumatiche e poco onorevoli dimissioni di Di Martino, entra nella fase elettorale che viene affidata al vice presidente vicario uscente Gaetano Vecchio che adesso ha 60 giorni di tempo per condurre l'organizzazione alla nuova governance. E già sono partite le corse.
Se quello di prima riguardava il “ceto imprenditoriale” della città, non sta meglio quello politico.
È arrivata infatti la condanna di primo grado per l'attuale vice presidente vicario del consiglio comunale di Catania Riccardo Pellegrino, esponente di punta del partito del presidente della regione Schifani e già candidato anche alle regionali.
Sul nome di Pellegrino quale candidato vice presidente qualche polemica c'era stata e di certo non è risultato molto azzeccato affidare un ruolo istituzionale di questo tipo ad una persona imputata in un processo con gravi accuse di corruzione elettorale.
Il dispositivo della sentenza indica per Pellegrino la condanna a due anni di reclusione con l'aggiunta della sospensione dal diritto elettorale e da tutti i pubblici uffici per cinque anni. La pena è stata sospesa.
Nel pomeriggio di ieri sono circolate voci di possibili dimissioni ma al momento nulla di formalizzato.
Insomma, proprio un bel 4 dicembre.
Da ricordare, soprattutto per i troppi silenzi che stanno facendo più rumore degli stessi fatti che avrebbero squassato sin dalle fondamenta qualsiasi città normale.
Normale, appunto.