Come noto il sindaco di Catania Salvo Pogliese era stato sospeso dal prefetto a seguito della condanna ricevuta in primo grado a 4 anni e sei mesi per peculato.
A seguiro della condanna erano scattate le prescrizioni della cd. Legge Severino che comporta la sospensione dale funzioni per 18 mesi.
In quell'occasione il Tribunale di Catania competente, accogliendo le richieste della difesa di Pogliese, aveva sollevato una eccezione di costituzionalità innanzi alla Suprema Corte, con ciò comportando la "sospensione della sospensione" e quindi il reintegro del sindaco Pogliese.
Adesso la Corte Costituzionale si è espressa rigettando il ricorso e quindi riconfermando la piena legittimità della Severino,
Adesso non è chiaro se la sospensione scatti immediatamente e per quanto tempo, ma intanto Catania ripiomba nel caos ed è proprio quello che mancava...
Dopo aver ripercorso la vicenda in fatto e aver esaminato tutte le questioni poste dal Tribunale di Catania e dalle difese, nella sentenza di 16 pagine si legge:
"Le questioni non sono fondate.
L’accento posto dal giudice a quo sulla necessità che spetti all’autorità amministrativa che le applica – e conseguentemente al giudice che ne controlli la scelta – di calibrare la durata della sospensione sulla maggiore o minore gravità dell’esigenza cautelare di tutela del buon andamento e della legalità dell’azione
amministrativa non introduce significativi elementi di novità rispetto ai temi già esaminati a più riprese da questa Corte scrutinando, sotto diversi profili di legittimità costituzionale, le norme sulla sospensione dalle cariche elettive contenute nel d.lgs. n. 235 del 2012.
Secondo l’orientamento così formatosi – che si colloca nel solco tracciato da sentenze di questa Corte rese su analoghe disposizioni previgenti e che è stato di recente fatto proprio dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza 17 giugno 2021, Miniscalco contro Italia; decisione 18 maggio 2021, Galan contro Italia) – la sospensione in esame non ha natura sanzionatoria, ma è una misura cautelare diretta a evitare che coloro che sono stati condannati anche in via non definitiva per determinati reati gravi o comunque offensivi della pubblica amministrazione – come il peculato, per il quale e` stato condannato il ricorrente nel giudizio principale – rivestano cariche elettive, mettendo così in pericolo il buon andamento dell’amministrazione stessa e la sua onorabilità (sentenze n. 35 del 2021, n. 36 del 2019, n. 276 del 2016 e n. 236 del 2015).
L’adeguatezza della misura a corrispondere a queste esigenze va dunque apprezzata in una logica che prescinde dalla concreta gravita` del reato contestato e dalla pena irrogata, e che si incentra invece sulla finalità cautelare perseguita, che è quella di evitare che la permanenza dell’eletto nell’organo elettivo pregiudichi lo stesso interesse al buon andamento e all’onorabilità della pubblica amministrazione (ex plurimis, sentenze n. 35 del 2021 e n. 276 del 2016).
....
A fortiori, la non irragionevolezza della scelta legislativa di far prevalere l’esigenza di tutela oggettiva dell’amministrazione sugli interessi sottesi agli artt. 48 e 51 Cost. si deve riconoscere quando – come nel caso oggetto del giudizio a quo – la condanna non definitiva sopravvenga all’elezione, posto che in tale ipotesi l’elettore ha espresso la propria scelta nella mera consapevolezza, tutt’al più, della pendenza del procedimento penale a carico del candidato.
Infine, nessun rilievo assume nel contesto in esame il principio di non colpevolezza (art. 27, secondo comma, Cost.), in quanto la sospensione, come più volte sottolineato, non ha natura sanzionatoria, essendo priva dei tratti funzionali tipici della pena; essa, infatti, «non consegue a un giudizio di riprovazione personale, ma è semplicemente diretta a garantire l’oggettiva onorabilità di chi riveste la funzione di cui si tratta» (sentenza n. 276 del 2016).
LA REAZIONE DEL SINDACO POGLIESE:
In merito alla sentenza della Corte Costituzionale depositata oggi, inerente la non fondatezza delle eccezioni di costituzionalità sollevate dal Tribunale di Catania il 5 dicembre dello scorso anno relativamente alla sospensione dall’incarico elettivo, il sindaco Salvo Pogliese ha diffuso la seguente nota:
“Apprendo e accolgo con serenità il pronunciamento della Corte Costituzionale che, di fatto, legittima quella parte della legge <<Severino>> che il Tribunale di Catania aveva chiesto di esaminare.
Anche stavolta per la sua concreta applicazione mi rimetto rispettosamente al giudizio della magistratura ordinaria, visto che fu proprio il Tribunale etneo, esattamente un anno addietro, a reintegrarmi nelle mie funzioni dopo la temporanea sospensione. Continuerò nel frattempo a lavorare svolgendo il ruolo di Sindaco per Catania e nell'interesse dei suoi Cittadini, incarico che con largo consenso sono stato chiamato a ricoprire. Ritengo, tuttavia, doveroso evidenziare che sulla legge Severino pende già un referendum abrogativo, ritenuto ammissibile dalla Corte di Cassazione, e diversi disegni di legge di modifica sono stati presentati in Parlamento.
Da ultimo quello del Pd, partito a cui fa riferimento il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, che di recente è stato colpito da analogo sproporzionato provvedimento di sospensione, anch’egli a fronte di una sentenza di primo grado.
Sono certo, nel merito, che la mia condotta limpida e trasparente verrà accertata in ogni sede giudiziaria; ho fatto, lo ribadisco, una scelta d'amore verso la mia Città.
Per questa ragione non sarà una legge profondamente ingiusta, come la ritengono illustri costituzionalisti ed esponenti di ogni parte politica, a farmi arretrare di un millimetro.
Fino a quando sarò chiamato a farlo, rispetterò il mandato che mi è stato affidato dai Catanesi, con lo scrupolo e la coscienza di chi considera Catania la propria vita, la propria famiglia e, da Sindaco, la propria missione”.