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"Le città vanno in rovina quando non sono in grado di discernere 

gli uomini che non valgono nulla  da quelli valenti.”

 

Antistene (445-365 a.C.), in Diogene Laerzio, Vite, VI, 5

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Quelle lacrime del Papa che vorremmo più potenti delle bombe

10-12-2022 06:00

Nicola Filippone

Cronaca, Focus,

Quelle lacrime del Papa che vorremmo più potenti delle bombe

"Dov'è dunque Dio?""Eccolo: è appeso lì, a quella forca …”

Prima di Francesco era già capitato a Giovanni Paolo II di commuoversi dinanzi alle telecamere, durante l’assedio di Sarajevo.

 

Anche in quell’occasione, dunque, si stava combattendo una guerra nel cuore dell’Europa, a pochi chilometri dall’Italia.

 

La RAI si collegò con la città bosniaca, dove si stava svolgendo un concerto in favore della pace.

L’esecuzione fu segnata da una giovane che, mentre cantava, cominciò a piangere, senza interrompere la sua esibizione.

 

Il regista del programma, a questo punto, inquadrò Giovanni Paolo II, che seguiva dal Vaticano, e lo immortalò mentre le lacrime gli scorrevano sulle guance imporporate dall’emozione.

 

A differenza di allora, lo scorso 8 dicembre Francesco ha dovuto interrompere, per qualche secondo, la preghiera all’Immacolata, in Piazza di Spagna, nel momento in cui diceva: “avrei voluto portarti oggi il ringraziamento del popolo ucraino”. 
 

Per Bergoglio, le lacrime sono una manifestazione identitaria dell’uomo, tanto che, ha spiegato in altre circostanze, pure Gesù pianse più volte, per confermare la sua reale umanità e viverla con pienezza.

 

Nelle Sacre Scritture le lacrime sono il segno della fatica dell’uomo, di fronte alla quale il cuore di Dio non rimane insensibile.

 

“Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo”, recita il salmo 126, “nell’andare se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare viene con giubilo, portando i suoi covoni”.

La speranza è, allora, che le preghiere innalzate in questi dieci mesi di ostilità, possano, alla fine, servire a riottenere la pace, prevalendo su coloro che, finora, hanno attuato soltanto propositi di guerra.


Ma il pianto esprime anche il dolore di chi pensa che la sua preghiera non sia stata ascoltata e, per questo, crede che il Signore gli sia distante.

 

Dice il salmo 42: “Le lacrime sono mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: "Dov’è il tuo Dio?”.

 

Paolo VI, amico personale di Aldo Moro, intervenendo ai suoi funerali, pregò così: “Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico”.

Era lo sfogo di chi non si era risparmiato per salvare lo statista democristiano e aveva sperato di riuscirci, con l’aiuto dell’Altissimo.

Dovette, invece, prendere atto che altri erano stati i disegni divini, provando un dispiacere talmente grande da morirne, pochi mesi dopo. 


Anche dalla invocazione di Francesco è emerso il rammarico di chi si è speso tanto per il ristabilimento della pace, ricorrendo a ogni mezzo a sua disposizione.

“E, invece, - ha dovuto ammettere -, devo ancora presentarti la supplica dei bambini, degli anziani, dei padri e delle madri, dei giovani di quella terra martoriata, che soffre tanto”. 


Bergoglio ha certamente parlato a nome suo, ma, ai piedi dell’Immacolata, ha raccolto la voce di milioni di cristiani che, in tutto il mondo, si chiedono, come lui, perché si continua a sparare in Ucraina.

 

A chi giovano i morti e la distruzione, che ogni giorno si verificano all’interno di un continente, che ha già conosciuto e vissuto quegli stessi orrori e che aveva pensato di averli banditi per sempre.

 

Eppure è proprio dal dramma della Seconda Guerra Mondiale, che può arrivare la risposta a questi interrogativi. 


Il premio Nobel Eli Wiesel, ebreo romeno deportato ad Auschwitz nel 1944, racconta ne "La notte", di essersi chiesto dove fosse Dio, mentre tre uomini, uno dei quali era un bambino, morivano impiccati sotto i suoi occhi.

 

Così egli scrive:
“I tre condannati salirono insieme sulle loro seggiole. I tre colli vennero introdotti contemporaneamente nei nodi scorsoi.
Viva la libertà! — gridarono i due adulti.
Il piccolo, lui, taceva.
– Dov’è il Buon Dio? Dov’è? – domandò qualcuno dietro di me.
A un cenno del capo del campo le tre seggiole vennero tolte.
Silenzio assoluto. All’orizzonte il sole tramontava.
– Scopritevi! – urlò il capo del campo. La sua voce era rauca.
Quanto a noi, noi piangevamo.
– Copritevi!
Poi cominciò la sfilata. I due adulti non vivevano più. La lingua pendula, ingrossata, bluastra.

Ma la terza corda non era immobile: anche se lievemente il bambino viveva ancora …
Più di una mezz’ora restò così, a lottare fra la vita e la morte, agonizzando sotto i nostri occhi.

E noi dovevamo guardarlo bene in faccia.

Era ancora vivo quando gli passai davanti. La lingua era ancora rossa, gli occhi non ancora spenti.
Dietro di me udii il solito uomo domandare:
Dov’è dunque Dio?
E io sentivo in me una voce che gli rispondeva:
Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca …”. 

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