
Senza entrare nel merito, magari lo si farà a tempo debito, il dato significativo è che si sta vivendo una stagione politico-istituzionale caratterizzata da una improvvisazione, un caos concettuale che proprio pare ormai insostenibile.
L'impressione è che ognuno che arrivi ai posti di governo e potere, certamente legittimamente ma più o meno rappresentativo considerato che ormai a votare si è sempre di meno, a seconda di come si alzi la mattina tende ad imprimire provvedimenti estemporanei, del tutto scollegati dalla realtà e dalle effettive emergenze della comunità che dovrebbero governare.
L'ultima che sembra l'ennesima boutade arriva con una dichiarazione del presidente della regione siciliana Renato Schifani, che ancora non ha potuto nominare la giunta di governo.
Viene annunciata lo scorso 31 ottobre durante la cerimonia di consegna delle lauree e di inaugurazione dell'anno accademico 2022/2023 della Facoltà di Medicina e Farmacia dell'Università rumena "Dunărea de Jos" din Galați a Enna.
"Uno dei primi atti del mio governo dovrà essere quello di trovare una soluzione legislativa che permetta di reintrodurre le vecchie Province e con elezione diretta. Non è un fattore squisitamente elettorale o campanilista, ma oggi mancano gli interlocutori per alcuni servizi di base. È necessaria una presenza istituzionale sul territorio più efficace, più capillare. Presenteremo un disegno di legge in questa direzione, e spero che su questo ci possa essere collaborazione anche con le opposizioni".
La storia delle ex provincie è di quelle tutte italiane, che in Sicilia si trasformano in grottesche.
Entei territoriali intemedi, tra comuni e regione, erano, e lo sono ancora, dotati di funzioni importanti nel campo dei servizi territoriali, ed avevano, sino al 2014, propri organi di governo che venivano direttamente eletti dai rispettivi residenti.
Tra le funzioni le manutenzioni stradali, di edifici pubblici, scuole, servizi di custodia, etc.
Gli enti, a seguito della riforma nazionale Delrio e durante il governo regionale Crocetta, con una legge regionale del 2013 furono sostituiti da Liberi Consorzi e vennero istituite le tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina.
L'elemento cardine della legge fu la soppressione del voto diretto, gli organismi dei Liberi Consorzi, infatti, sarebbero stati di secondo livello, eletti non dal popolo ma dai Consigli comunali dei paesi delle ex province. Da allora sono passati nove anni e alla guida dei nuovi enti si sono succeduti diversi commissari nominati dalla Regione. Oggi vivono una profonda crisi finanziaria.
Da quel momento le ex provincie entrarono in una sorta di limbo, con progressive riduzione di risorse finanziare e umane chele hanno ridotte a zombie istituzionali.
Ora, dopo quasi dieci anni come se non fosse accaduto nulla, e arriva l'annuncio di un ritorno indietro, così, d'amblè:
ma è una cosa seria?
È davvero ancora sostenibile governare una terra così difficile ed in crisi come la Sicilia con trovate sempre estemporanee e senza che vi sia un progetto serio ed organico di quello che si vorrebbe e dovrebbe fare?