Chi è contrario alle elezioni anticipate, lamenta anche il fatto che, per la prima volta nella storia del nostro Paese, la campagna elettorale si stia svolgendo in piena estate.
E in effetti è così: quotidiani, rotocalchi e programmi televisivi d’informazione, oltre a mostrare le solite foto di vip in costume e serate mondane, riportano anche le dichiarazioni di uomini politici, la fluttuante composizione degli schieramenti, le schermaglie tra i leader di partito.
A primo acchito i due generi di notizie dovrebbero stridere tra di loro, appartenendo il primo alla categoria del frivolo e del sollazzevole, laddove il secondo dovrebbe connotarsi per sobrietà e serietà.
Ma quest’analisi non è del tutto veritiera.
Innanzitutto va ricordato che da anni, i partiti politici italiani si comportano come se fossero in uno stato permanente di campagna elettorale.
Essi, infatti, preferiscono mettere in luce i difetti degli altri, aggredirli verbalmente, criticarne sistematicamente le mosse, anziché rivelare i contenuti dei propri programmi politici.
E questo accade dodici mesi l’anno, incluse le ferie estive, natalizie e pasquali.
Probabilmente è conseguenza della mancanza di idee valide e convincenti, di progetti interessanti e ragguardevoli, di intuizioni lucide e fruttuose.
Ma anche dell’incapacità, da parte degli esponenti politici, di usare un linguaggio adeguato, propositivo, cordiale, dai toni garbati, signorili e raffinati.
A ridurre le differenze tra i due tipi di informazione ci stanno pure i comportamenti di certi politici, che non differiscono molto dai pettegolezzi estivi, che un tempo riempivano i settimanali scandalistici e modaioli, che si leggevano in spiaggia, mentre ora occupano le prime pagine dei quotidiani nazionali.
Scrive Dante nel VI canto del Purgatorio, che nella sua Firenze “a mezzo novembre non giugne quel che tu d’ottobre fili”.
Vuol dire che nel Trecento, tra i motivi di lamentela dell’esule poeta nei confronti della sua città, vi era la volubilità di certe decisioni, che non duravano più di due settimane.
Magari, oggi, fosse così!
Magari una decisione presa a ottobre si mantenesse fino a metà novembre!
Adesso gli accordi, le alleanze, i patti, si sciolgono a quarantott’ore dalla loro sottoscrizione.
Alcune scene ricordano le battute più esilaranti del teatro di Eduardo, come quella di Tommasino Cupiello, che allo zio Pasqualino, che non trova più il suo cappotto e gli chiede se l’abbia venduto lui, risponde: - Secondo te io mi vendevo il tuo cappotto? - Interviene rassegnato Lucariello, padre di Tommasino e fratello di Pasqualino: - Pasquali’, s’è venduto u cappotto! -
Se un politico dichiara che non si alleerà mai con un altro politico, vuol dire che i due sono già in trattativa.
Si giura di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitta o fallimento, salvo rimangiarsi tutto e avvincersi alla carica che si ricopre più di prima.
Si improvvisano, così, coalizioni destinate a sfaldarsi il giorno dopo le elezioni, per le incomprensioni personali, i malintesi, le incompatibilità caratteriali e soprattutto le eterogeneità ideologiche.
Tutto questo, ovviamente, va a scapito della credibilità della politica e purtroppo, di conseguenza, delle istituzioni che ci governano.
Non meravigliamoci, pertanto, se, in questo momento, il partito in testa nei sondaggi è quello dell’astensione, piazzato intorno al 40%.
O se appena 4 elettori su dieci sanno con certezza e convinzione a chi daranno il voto.
Sintomi assai preoccupanti in una democrazia, che si basa essenzialmente sulla partecipazione dei cittadini.
Concludo, allora, con un appello e un auspicio. Il primo, l’abbiamo scritto altre volte, è indirizzato a chi è restio a votare, affinché desista dal suo proposito e cambi idea. Non diamo indicazioni di voto, non possiamo e non vogliamo!
Ma esortiamo quanti hanno un diritto a non rinunciarci, ad esercitarlo, anche senza esprimere preferenze, anche a costo di inserire nell’urna una scheda bianca.
Andiamo a votare, mostriamo interesse per questo Paese, teniamo costantemente il fiato sul collo di chi amministra il potere, ricordiamogli di essere a servizio di un sovrano, che è ontologicamente tale e che siamo noi, il popolo italiano.
L’auspicio è che le risorse migliori si impegnino in politica, non per forza candidandosi, ma occupandosi, ciascuno secondo le proprie responsabilità, del bene comune.
Si torni a fare politica nelle scuole, nelle università, nelle aziende, nelle parrocchie.
Ovunque fioriscano idee, ci si confronti apertamente, con libertà, onestà di giudizio, interesse collettivo.
Si programmino iniziative di respiro generale, nascano nuovi ideali e si studi il modo di attuarli per beneficare gli altri.
Rendiamoci conto che anche in questo caso siamo prossimi al capolinea: o cambiamo percorso o qualcuno, fra non molto, potrebbe chiederci di scendere e non farci più risalire.