
Anche quest’anno gli esami di Stato della scuola secondaria di II grado, un tempo chiamati “di maturità”, sono stati accompagnati da polemiche molto aspre.
In particolare, segnaliamo quella del noto critico letterario Romano Luperini col Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
La querelle ha riguardato uno dei titoli del tema di letteratura, quello che prevedeva l’analisi testuale della novella di Giovanni Verga "Nedda".
La traccia richiedeva ai candidati di “individuare nel brano i principali elementi riferibili al Verismo”, corrente letteraria nata cinque anni dopo la pubblicazione della suddetta novella.
Pertanto, ha scritto Luperini, i ragazzi sono stati chiamati “non solo a inventarsi un testo che non c’è, ma ad asserire e a dimostrare una falsità”.
Caustica la conclusione con cui egli si rivolge direttamente a Bianchi: “Studi, ministro, studi, o almeno stia zitto. La smetta, per favore, di offendere l’istituzione che dovrebbe rappresentare fornendo esempi così grossolanamente diseducativi di ignoranza e conformismo”.
Per quanto ne sappiamo, quest’attacco non ha avuto replica da parte di nessuno, tale è la statura di chi l’ha lanciato, da inibire qualunque tentativo di risposta.
Non possiamo, però, ignorare altre scelte discutibili compiute dal ministero che fu di Giovanni Gentile, Aldo Moro e Giovanni Spadolini.
Ad esempio, la collocazione del concorso a cattedra per insegnanti, negli stessi giorni in cui, in tutt’Italia, si svolgevano gli scrutini finali.
Con la conseguenza che molti docenti non hanno potuto partecipare al momento culminante dell’anno scolastico e sono stati sostituiti da colleghi che non conoscevano gli alunni da valutare.
Una situazione analoga si è vissuta lo scorso anno, quando gli esami di Stato coincisero col concorso materie STEM, ossia scienze, tecnologia, ingegneria e matematica.
Questo comportò una serie di disagi, che presidenti di commissione e dirigenti scolastici dovettero gestire, sospendendo di alcuni giorni le prove di maturità.
In entrambe le situazioni non occorrevano specifiche conoscenze letterarie o scientifiche, sarebbe bastato avere un calendario sott’occhio e programmare bene, evitando le concomitanze.
Così come sarebbe stato sufficiente fornirsi di una comunissima calcolatrice, due anni fa, quando furono organizzati gli esami di Stato in piena pandemia.
Allora fu giustamente stabilito che le prove d’esame si riducessero al solo colloquio, fu così necessario convertire i crediti scolastici, aumentando, molto opportunamente, la percentuale totalizzata durante il triennio scolastico.
Agli addetti ai lavori sfuggì, però, un dettaglio, di cui si accorse una scuola di Palermo: alcuni ragazzi, che col vecchio credito avrebbero potuto accedere al cento, dopo la conversione ne erano esclusi.
Sarebbe bastato aumentare il bonus, ovvero i punti di cui la commissione dispone e che può assegnare in sede di scrutinio, per ovviare all’inconveniente.
Fu inviata una comunicazione al ministero, anche la stampa (non tutta) diede risalto alla questione, ma ogni tentativo fu vano.
Gli esami procedettero come stabilito e molti alunni, che l’anno prima avrebbero potuto avere cento, dovettero accontentarsi di novantotto o novantanove, non per loro demerito, ma per un mero e imperdonabile errore di calcolo.
Andando a ritroso, non possiamo prescindere dalla Legge 107 del 2015, inopinatamente definita della “buona scuola”, che, fra l’altro, ha abolito i crediti formativi, ossia la possibilità per gli studenti del triennio superiore, di aumentare il credito scolastico, frequentando attività culturali o svolgendo servizi di volontariato, durante l’anno scolastico.
Di contro, ha introdotto l’alternanza scuola lavoro, con un monte ore incredibile (200 nei licei e 400 negli istituti tecnici!!), che aveva di fatto trasformato la scuola italiana da istituzione educativa e culturale in una sorta di apprendistato.
Molto opportunamente le ore di alternanza, che oggi si chiama “percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento”, sono poi state dimezzate.
Ma l’idea che la scuola, anziché istruire e dunque formare uomini e donne di cultura, sia invece una specie di avviamento professionale, non è scomparsa e, purtroppo continua ancora a circolare.
Da alcuni giorni sono stati pure pubblicati i risultati delle prove INVALSI, che, ancora una volta, non sono incoraggianti, soprattutto nel sud Italia.
Essi sicuramente forniranno lo spunto per l’ennesima discussione sullo stato in cui versa la scuola italiana e magari si penserà ad una nuova riforma.
Se possiamo permetterci di dare un consiglio, vogliamo dire al sig. Ministro: prima di pensare a provvedimenti straordinari, si impegni, per favore, ad assicurare il funzionamento dell’ordinario.
Sarebbe già tanto!