Seguiamo le vicende dell'importante società pubblica partecipata dalla Città Metropolitana di Catania ormai da anni e rischiano di diventare più grottesca di quelle intorno al Calcio Catania: e non c'è neanche un Tacopina con cui prendersela.
Le ultime si avvitano attorno alla disperata e disperante ricerca di consulenti legali e finanziari in grado di presentare al Tribunale Fallimentare di Catania un concordato che abbia la credibilità necessaria di evitare un fallimento che però, a quanto pare, non tutte le parti coinvolte hanno davvero a cuore.
In fondo ci sono in gioco "solo" 360 lavoratori con le loro famiglie e alcuni dei servizi pubblici essenziali che dovrebbe svolgere proprio questa partecipata, (manutenzioni, custodie e pulizie ad esempio) e che invece sembra stiano già andando "all'esterno" con appalti milionari: ma questa è un'altra storia di cui ci occuperemo a breve.
Già dallo scorso aprile la tensione si è alzata con i lavoratori e sindacati in agitazione e poi in sit in mentre si svolgevano le "assemblee del socio" in cui venivano fissate linee guida che a quanto pare risultano oggi difficilmente realizzabili e comunque di certo dilatorie, con il risultato di mettere a forte rischio il percorso di recupero della società all'ordinaria amministrazione.
Anche sui social si è scatenata la polemica:
Ma a destare adesso le più forti preoccupazioni è la decisione della Città Metropolitana di imporre un percorso tortuoso per la nomina dei professionisti esterni che dovranno redigere questo ormai famigerato concordato straordinario da sottoporre al Tribunale Fallimentare e la cui scadenza è ormai ravvicinata.
La decisione, proposta dal Segretario Generale della Città Metropolitana Rossana Manno e deliberato dal sindaco metropolitano Salvo Pogliese, di sottoporre la scelta ad un "avviso pubblico" con un limite di spesa e condizioni particolarmente proibitive si sta rivelando un vero boomerang.
Al di là infatti delle inevitabili problematiche burocratiche, è addirittura intervenuto con una nota ufficiale nientemeno che l'Ordine degli Avvocati di Catania che ne contesta persino la legittimità.
La nota, emessa il 26 giugno e pubblicata sul sito istituzionale dell'Ordine a firma del suo presidente avv. Rosario Pizzino, comincia con l'informare Pubbliservizi della decisione di "non diffondere l'avviso avendo rilevato criticità".
E le specifica queste criticità: "In primo luogo, l'avviso appare contrario ai principi che regolano la concorrenza, posto che non risulta indicato alcun limite al ribasso, richiesto sull'onorario base, in spregio alla normativa vigente in tema di equo compenso."
Infatti, spiega il presidente Pizzino, "Nell'ordinamento giuridico italiano vige il principio per cui la prestazione professionale dell'Avvocato configura un'obbligazione di mezzi. Di contro, in seno all'aviso, il pagamento dell'onorario spettante al professionista è subordinato all'accoglimento del concordato proposto, configurandosi così una obbligazione di risultato (contraria tra l'altro al divieto del patto di quota lite tra cliente ed Avvocato.).
E ancora: "Del tutto aleatoria è la seconda condizione (contenuta nell'avviso pubblico, ndr) al cui avverarsi è previsto il pagamento del compenso, e cioè il ritorno in bonis della società."
La conclusione dell a nota è un esplicito invito a "rettificare la manifestazione di interesse, eliminando i. punti di criticità rilevati."
Invito che in realtà è una decisa sconfessione di quanto deliberato dall'assemblea dei soci, anzi del socio, essendo le due condizioni criticate quelle poste come necessarie per poter procedere alla nomina.
Così il tempo scorre e cominciano ad arrivare aziende private a svolgere servizi di competenza della Pubbliservizi...