Allora, senza la pretesa di essere esaustivi, proviamo a tracciare un bilancio di ciò che è successo in Italia negli ultimi quindici mesi,.
All’inizio del 2020 (o forse anche prima), un esserino, infinitamente piccolo e invisibile, è arrivato nel nostro Paese dall’estremo oriente e ha ucciso, finora, circa 130 mila persone, a fronte delle 4 milioni sterminate nel resto del mondo.
Abbiamo appreso che è un virus dalla forma strana, che gli ha conferito il nome di “coronavirus”.
La strategia che si è applicata per fronteggiarlo si chiama “lockdown”.
Che non è il rimedio nato dalla tecnologia anglosassone del XXI secolo.
No, si tratta della stessa, identica, maniera con cui hanno contrastato l’epidemia di peste gli ateniesi tra il 430 e il 426 a.C., i fiorentini nel 1348, i milanesi nel 1630: chiudersi in casa per non contagiare nessuno.
Una delle conseguenze è stata la più grave crisi economica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che in Italia ha causato un calo del PIL di oltre il 5%.
Alcuni settori hanno subito una riduzione del profitto del 19%, soprattutto nel campo del turismo e della cultura (teatro, cinema, libri).
Inoltre, l’8% dei dipendenti d’impresa e il 13% dei lavoratori autonomi, sono diventati disoccupati.
Ma, grazie a prestiti ingentissimi, sono stati predisposti vari interventi in favore di aziende, per scongiurare ulteriori chiusure o fallimenti.
Sul versante sanitario, a novembre sono “miracolosamente” comparsi dei vaccini, che hanno molto ridotto il numero di contagi e decessi, suscitando però interrogativi scientifici ed etici, che non hanno ancora avuto risposte chiare.
C’è anche stato un incremento del disagio psicologico del 27% sull’intera popolazione e addirittura del 40,2% tra i giovani, dovuto alla diminuzione delle relazioni sociali, alla mancanza di attività sportiva e al divieto di uscire da casa.
Il prossimo 30 giugno scadrà il blocco dei licenziamenti e, quasi sicuramente, non ci sarà alcuna proroga. Se la politica non riuscirà a trovare una soluzione valida e alternativa, le settimane che verranno saranno fortemente drammatiche per molte famiglie italiane.
Lo scenario appena descritto, certamente in maniera non completa, delinea una situazione complessa, difficile, dolorosa, ma estremamente stimolante per le formazioni politiche, storicamente schierate dalla parte dei lavoratori e, in generale, dei più deboli.
Dalle loro menti potrebbero uscire delle intuizioni felici, come quelle che, nel secondo dopoguerra, permisero la ricostruzione in Italia: un imponente piano di opere pubbliche, la rifondazione del Welfare, il varo di concorsi nella pubblica amministrazione, la creazione di nuovi ammortizzatori sociali, l’introduzione di altre agevolazioni per le imprese che assumono, investimenti necessari alla ricerca medica, aiuti alle famiglie in difficoltà.
Un’occasione storica, insomma, per riscoprire e dimostrare la primigenia vocazione di una sinistra, spesso accusata di essersi imborghesita, configurandosi come elitaria e radical chic.
Abbiamo aspettato con interesse e curiosità che qualcosa si muovesse.
Abbiamo anche salutato, speranzosi, l’investitura del nuovo segretario del Pd, Enrico Letta.
Abbiamo seguito con passione le sue ripetute frecciate a Matteo Salvini, nonostante l’innaturale alleanza di governo, funzionali a marcare le differenze ideologiche e programmatiche tra i due.
Ci siamo lasciati coinvolgere nell’avvincente questione riguardante l’alleanza con i Cinquestelle, in vista delle amministrative d’autunno.
E finalmente il gran giorno è arrivato, il momento tanto atteso, che risolleverà le sorti degli Italiani, si è di colpo materializzato.
Certo, ancora è solo una proposta, che però ha già raccolto il consenso di Pd, M5S, Leu, +Europa e pure del Gruppo misto.
E non deve meravigliare tanta condivisione attorno a un’idea risolutiva, che cambierà subito la vita di parecchie migliaia di lavoratori e i cui effetti potranno estendersi – e sicuramente si estenderanno – a milioni di persone, molte delle quali ragazzi.
Il guizzo geniale ha, ovviamente, un autore, anzi un’autrice: la senatrice Bianca Laura Granato, esponente di L’Alternativa c’è.
Per raggiungere il suo obiettivo, l’illustre parlamentare dovrà ottenere la maggioranza delle camere e la modifica di un trattato internazionale.
Siamo sicuri che, convinta della bontà della sua trovata (e come darle torto?) e forte del sostegno già acquisito, ella non si fermerà davanti a niente.
Ma in cosa consiste il suggerimento della grande statista che, in tal modo, è pure riuscita a ricucire lo strappo con il movimento grillino, da cui era stata espulsa dopo la nascita del governo Draghi?
La senatrice Granato ha il merito impagabile di avere compreso che, oggi, la vera priorità dell’Italia sia: “la cancellazione dell’insegnamento confessionale della religione cattolica”.
Sì, amici lettori, avete inteso bene, “sostituito da insegnamenti laici, di storia delle religioni, per esempio, rendendo così più ricca l’offerta didattica di discipline storiche”.
Del resto si è sempre saputo che dalle crisi si esce soltanto coinvolgendo la scuola, pensando ai giovani, speranza e futuro della società.
Non domandatemi, amici lettori, se sia tutta farina del suo sacco, se la senatrice si avvalga di una squadra di consulenti e di esperti, ispirati e illuminati, o se abbia concepito da sola ciò che il Paese agognava da mesi.
Ella ha umilmente precisato che la mozione risale al 16 aprile 2019, quando un gruppo trasversale di parlamentari aveva già avanzato un’analoga richiesta, che poi il Parlamento aveva accantonato, distolto dalla pandemia. (Possiamo escludere, a questo punto, che il virus sia uscito da un laboratorio del Vaticano per bloccare l’iter della legge?).
Sta di fatto che negli ultimi mesi, incredibilmente, nessuno si era più occupato della questione.
Nessuno meno che la senatrice Granato.
Al cui cospetto impallidiscono l’arguzia di Amintore Fanfani, la lungimiranza di Aldo Moro, il carisma di Palmiro Togliatti, la progettualità di Pietro Nenni, l’astuzia di Giulio Andreotti, il prestigio di Nilde Jotti e il coraggio di Tina Anselmi.
Una volta approvata la legge, che suggerisco ormai di chiamare “Legge Granato”, le imprese potrebbero assumere in poco tempo i 25 mila docenti di religione licenziati dallo Stato e il Paese vivrebbe così un nuovo epocale boom economico e industriale.
L’88% degli alunni, che ogni anno sceglie di studiare la religione cattolica, si libererebbe di una serie di stereotipi confessionali e oscurantisti quali il perdono, l’amore, la morale, la riconciliazione, la differenza tra bene e male, la fratellanza, il pudore, la temperanza, la fedeltà coniugale, il rispetto dei genitori, il giudizio finale.
Qualche osservatore inavveduto potrebbe obiettare che, in tal modo, dalla nuova offerta formativa laica mancherebbero importanti chiavi di lettura per comprendere la filosofia, l’arte, la storia, la letteratura.
Ma proprio da questa mancanza scaturirebbe la sua ricchezza perché, come insegnava Socrate, “vero sapiente è chi sa di non sapere”.
Quando, infine, i ragazzi di oggi saranno avanti negli anni e, vegliardi, dovranno spiegare ai loro nipoti come mai in tutte le città d’Italia vi sono piazze e strade dedicate a Bianca Laura Granato, sapranno certamente cosa dire.