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"Cosa si festeggia il 25 aprile?"

24-04-2021 07:00

Nicola Filippone

Cronaca, Focus,

"Cosa si festeggia il 25 aprile?"

...È BENE NON DIMENTICARLO...

liberazione25aprile-1619090656.jpg

L'intervento del preside dell'istituto salesiano Ranchibile di Palermo questa settimana riflette su una ricorrenza che oggi più che mai assume significati molteplici...

Conviene cominciare spiegando in cosa consiste la festa della liberazione che, anche quest’anno, ci accingiamo a celebrare.

 

Il 25 aprile del 1945, Sandro Pertini, dai microfoni di Milano Libera, esortava gli ascoltatori a scioperare contro l’oppressione nazifascista:

 

"Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire."

 

L’invito, accorato e incisivo, del futuro Presidente della Repubblica, aggiunto agli effetti di una guerra estenuante e fratricida e al rinato desiderio di libertà e di pace, indusse migliaia di giovani a sollevarsi contro i carnefici e i sostenitori di un regime tirannico e crudele.

 

Grazie al loro impegno e al loro sacrificio, in pochi giorni, l’Italia del nord fu liberata, la Repubblica Sociale si dissolse e le truppe tedesche furono cacciate, ancor prima dell’arrivo degli Alleati.

 

Durante la stipula dei trattati di pace, tale risultato ridusse le perdite territoriali del nostro Paese e confermò la presenza di una componente sana e democratica della sua popolazione.
 

Ad oltre settant’anni, quanto rimane di quell’esperienza nella consapevolezza comune risulta, ahimè, da un sondaggio di non molto tempo fa, che chiedeva agli Italiani maggiori di 17 anni: “Cosa si festeggia il 25 aprile?”.

 

Ebbene, un terzo degli intervistati non ha dato una risposta corretta e di questi, la metà ignora totalmente il senso della ricorrenza, gli altri si dividono tra chi crede che riguardi la fondazione di Roma, chi pensa sia la festa del lavoro e chi, molto genericamente, la collega alla fine della Seconda guerra mondiale.

 

Il questionario ha pure rivelato che i più giovani sono, per fortuna, anche i più preparati, mentre chi appartiene alla fascia di età compresa tra i 25 e i 45 anni, sa meno di tutti, nonostante 1 su 4 sia addirittura laureato. 
 

Il dato triste di questa rilevazione non concerne solamente la diffusa ignoranza della storia più recente del nostro Paese.

 

Di questo, infatti, ci hanno dato un saggio anche alcuni politici che, interrogati all’improvviso dinanzi ad una telecamera su certi importanti avvenimenti del passato, quali la scoperta dell’America, la Rivoluzione francese o l’Unità d’Italia, hanno sbagliato date e protagonisti.

Per non parlare della confusione manifestata in geografia, in scienze e nella sintassi italiana (l’uso dei congiuntivi è ormai un’impresa davvero improba!). 
 

Ma la domanda sul 25 aprile ha un significato che trascende il mero nozionismo, perché attiene all’identità dello Stato italiano repubblicano, il quale è nato proprio dalla guerra di liberazione del 1945 e sulla resistenza alla dittatura nazifascista ha fondato le sue basi istituzionali e morali. La nostra Costituzione, ad esempio, non fu concepita neutra o “afascista”, come avrebbe voluto il costituente liberale Roberto Lucifero, ma antifascista, come fermamente affermato dall’on. Aldo Moro nel celeberrimo discorso del 13 marzo 1947:

 

"Non possiamo in questo senso fare una Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima, il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale. Guai a noi, se per una malintesa preoccupazione di serbare appunto pura la nostra Costituzione da una infiltrazione di motivi partigiani, dimenticassimo questa sostanza comune che ci unisce e la necessità di un raccordo alla situazione storica nella quale questa Costituzione italiana si pone."
 

Lo statista pugliese esortava i colleghi a “non dimenticare”, prevedendo che se ciò fosse accaduto, sarebbero stati guai per gli Italiani.

 

Forse oggi ci troviamo in questa situazione amnesica e il rischio al quale ci esponiamo è che possiamo dimenticarci pure delle altissime motivazioni che sono all’origine del 25 aprile.

 

Si diceva prima che la questione non è nozionistica, ma è certamente culturale.

 

Perché l’antifascismo è una cultura che resiste alla tracotanza della violenza fisica, che si oppone al nazionalismo aggressivo e razzista, che combatte l’ingiustizia e l’autoritarismo.

 

È un obiettivo educativo che si consegue rispettando la dignità umana, promuovendo la pace, difendendo i deboli, accogliendo lo straniero, svuotando gli arsenali, garantendo i diritti e le libertà basilari.

 

L’insegnamento dell’educazione civica, reintrodotto quest’anno nelle scuole, può essere un’ottima opportunità per formare le nuove generazioni all’antifascismo, partendo dallo studio delle istituzioni e della nostra Carta fondamentale.

 

Le cosiddette discipline umanistiche concorrono allo sviluppo e alla crescita dell’essere umano, ingentiliscono gli animi, raffinano i sentimenti, stimolano la riflessione sul senso della vita e, secondo Martha Nussbaum, istruiscono alla partecipazione democratica.

 

Tra queste un ruolo centrale è svolto dalla storia, che non è solo la conoscenza del passato, ma una scienza che, spiega Georg Friedrich Hegel, rappresenta l’evoluzione dello spirito nel tempo.

 

Essa aiuta a capire che la vicenda dell’uomo è sempre in divenire, attraversata da fasi significative, che ne scandiscono la crescita sociale ed economica, la maturazione culturale ed etica, la sensibilità artistica e spirituale.     
 

Grazie al Cielo, oggi i tempi sono molto cambiati e forse a nessuno di noi toccherà di sacrificarsi per la patria, ma questo non ci esime dal dovere di difendere la dignità della persona, anche a costo di perdere la vita.

 

Come Willy Monteiro Duarte, il ragazzo intervenuto per sedare una rissa e ucciso a botte lo scorso settembre a Colleferro, la cittadina in provincia di Roma dove, giorni fa, un altro giovane, diciassettenne, è finito in ospedale con lesioni gravi, dopo avere tentato di proteggere un amico da un pestaggio.

 

Il crescente uso della forza fisica, lo squadrismo mediatico presente, a volte, sui social, l’aggressività verbale di alcuni programmi televisivi, la furia omicida talora scatenata contro le donne, confermano la sussistenza di un comportamento smargiasso e intollerante, del quale faremmo bene a liberarci, finché siamo ancora in tempo.

 

Un altro grande costituente, Piero Calamandrei, ammoniva che la libertà è come l’aria, ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.

 

È bene non dimenticarlo. 

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