Mettere nero su bianco e farsi approvare dal Tribunale il concordato fallimentare significherebbe chiudere finalmente la partita della disastrosa gestione passata di Pubbliservizi e al contempo ripartire. Un concordato che vale il futuro di 360 famiglie che da anni vivono con una spada di Damocle sulla testa.
Il Consiglio di Amministrazione, nominato dal sindaco della Città Metropolitana Salvo Pogliese prova a spingere sull’acceleratore della stesura del concordato fallimentare.
E lo fa chiedendo la nomina di tre professionisti di altissimo standing e notoriamente specializzati in concordati fallimentari e crisi d’impresa: l’avvocato Roberto Li Mura e i commercialisti Alessandro Solidoro e Giuseppe Genoni.
A loro, il CdA guidato dall’imprenditore Giuseppe Molino, vorrebbe affidare la stesura di quello che non è solo un documento di chiusura del fallimento: perché il concordato che va predisposto da Pubbliservizi deve non solo cristallizzare e liquidare la posizione debitoria, ma anche prevedere il rilancio dell’azienda e il suo mantenimento nel futuro.
Stando però all’ultimo verbale del CdA, tenutosi lo scorso 26 marzo parrebbe che i vertici della Città Metropolitana caldeggerebbero la nomina di altri professionisti, con il rischio di creare anche un conflitto a causa di probabili incompatibilità.
La nomina degli esperti, che già in passato ha creato non pochi problemi e condotto ad una sonora bocciatura da parte del Tribunale del piano presentato, è il momento più delicato di questa fase, perché dalla loro capacità di sciogliere i nodi di bilanci complicati dipende la possibilità di uscire dalla fase fallimentare e riprenderela piena operatività.
Inoltre, cosa non da poco, con la presentazione del piano concordatario gli amministratori, e quindi il CdA, assumono in pieno delle responsabilità patrimoniali in proprio, e quindi è del tutto ragionevole che si affidino a professionisti di propria fiducia.
Nel verbale silegge che “i professionisti citati, proprio per venire incontro alle esigenze di bilancio della Città Metropolitana, hanno rivisto il loro compenso in netto ribasso rispetto alla richiesta iniziale legata com'era ai decreti ministeriali di riferimento”, e quindi divena sempre più difficile capire perché non si procede provando a mettere fine a questa annosa vicenda che continua a compromettere l'operatività di una importante azienda pubblica ed il futuro di 360 famiglie.
La gestione della procedura concordataria, e quindi la decisione sull’incarico - come specificato dallo stesso presidente Molino nella relazione in allegato al verbale - come da statuto della società, all’art.31, “spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Pertanto, compete solo ad esso, la decisione fiduciaria dei professionisti da incaricare, senza nemmeno la necessità della ratifica assembleare”.
In sostanza l’ex provincia dovrebbe solo ratificare le nomine predisposte dal CdA.
Perché allora ad oggi la nomina non è ancora arrivata?
Perché non arriva a definizione quello che sembra un tassello fondamentale tanto da essere definito dal CdA all’interno del verbale come “importantissimo adempimento che, in uno con il rilancio economico, può fare uscire la società dall'amministrazione straordinaria (così scongiurando la conversione in Fallimento) e consentirle il rientro nel mercato concorrenziale senza il timore di ripartire con una insufficienza finanziaria originaria”?
Un altro dato risulta difficile da comprendere e di cui già ci siamo occupati: l'atteggiamento assunto dal commissario ministeriale Maria Virginia Perazzoli, che pare abbia alzato un muro nei confronti del CdA, ostacolandone di fatto l'attività.
Sempre dal verbale del 26 marzo apprendiamo infatti anche che la commissaria ministeriale Maria Virginia Perazzoli, oltre ad aver sentito l'esigenza di "avvertire" i dipendenti del rischio di procedimenti disciplinari nel caso di divulgazione di "atti o fatti aziendali", ha anche avuto il tempo di dare precise indicazioni affinchè “la posta indirizzata al Consiglio di Amministrazione non viene a quest'ultimo inoltrata dall'Ufficio Protocollo della Società”.
Tanto che le richieste avanzate mezzo pec al protocollo aziendale dal Collegio dei Sindaci rivolte al CdA risultano inevase.
La domanda spontanea: perché la commissaria cerca di ostacolare il CdA nello svolgimento dei compiti che gli spettano di competenza per poter avere il quadro chiaro della situazione per poi averne il piano controllo una volta terminata la procedura di transizione a seguito del concordato fallimentare?
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