Fu un caso che fece scalpore per il coinvolgimento di 937 medici di base e che oggi si conclude con una clamorosa sconfitta dell'Ordine dei Medici di Catania, allora presieduto da Massimo Buscema, che ingaggiò una pesante contesa con i vertici dell'ASP di Catania che, a seguito di un'indagine della Guardia di Finanza, stavano svolgendo un'inchiesta interna sul fenomeno, particolarmente esteso ed oneroso per le casse pubbliche, di prescrizioni scorrette di farmaci a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Massimo Buscema, e siamo agli inizi di settembre 2015, arrivò anche a denunciare in sede penale i vertici dell'ASP che, rappresentati dal direttore Franco Luca difeso dall'avvocato Carmelo Calì, ottennero un proscioglimento totale: "Nel suo esposto, - si legge nel comunicato emanato dall'ASP in occasione dell'archiviazione - il presidente dell’Ordine dei medici sosteneva presunte irregolarità nelle procedure di verifica, seguite dall’Asp, nei confronti dei 937 medici di medicina generale e specialisti ambulatoriali della provincia di Catania, in relazione ai casi di iperprescrizioni di farmaci per l’osteoporosi. Nell’ordinanza il Gip, a seguito dell’udienza camerale aveva rilevato la correttezza procedurale seguita dai vertici dell’Asp, affermando come gli stessi si siano limitati ad attivare le procedure previste per far fronte all’accertato danno erariale, per l’interesse della collettività e non certo per un interesse proprio o per danneggiare qualcuno."
L'aspetto singolare della vicenda fu che finirono denunciati, dall'allora presidente dell'Ordine dei Medici di Catania, i vertici dell'ASP che avevano "osato" controllare l'operato dei medici convenzionati: bah!
Quel proscioglimento, che sanciva sotto il profilo penale la correttezza della procedura di verifica attuata dall'ASP nei confronti dei medici convenzionati, arriva nel settembre 2016 ad un anno di distanza dall'esplosione del caso.
Adesso, dopo 5 anni e mezzo, si conclude anche sotto il profilo civile.
Il 23 febbraio il Giudice del Lavoro Rosario Cupri ha emesso una sentenza che ha accolto le ragioni dell'ASP di Catania difesa dall'avv. Andrea Pittalà respingendo le richieste di numerosi medici di base (tutti i nomi nell'allegato) che chiedevano anche il riconoscimento di un presunto "danno biologico patito in dipendenza della condizione di stress psicologico in cui ciascun sanitario si era trovato costretto ad operare per effetto delle richieste di pagamento trasmesse dall'ASP".
I medici ricorrenti si erano anche opposti alla procedura di verifica adottata dall'ASP, rifiutando persino - si legge nella sentenza - di "comparire davanti all'UCAD perché lo hanno ritenuto privo di competenza."
L'UCAD (Ufficio di Coordinamento delle attività distrettuali), spiega il Giudice nelle motivazioni, era in realtà l'organismo deputato ad esaminare il caso di inappropriatezza delle prescrizioni, correttamente istituito ai sensi dell'art. 25 comma 4 dell'ACN, e quindi la decisione dei medici di non fornire adeguate giustificazioni in ordine a quanto contestato non viene viene ritenuto condivisibile dal Giudice.
In conclusione, il Giudice del Lavoro ha respinto tutte le richieste dei medici di base ricorrenti, confermando sostanzialmente la correttezza dell'operato dell'ASP di Catania nella sua attività di controllo sulle attività dei medici convenzionati.