
C’era una volta il Molo Trapezoidale di Palermo.
Un posto che, almeno sulla carta (patinata e piena di buone intenzioni), doveva essere il cuore pulsante del fronte mare, l’anello di congiunzione tra il porto commerciale e la città.
Oggi, invece, è il regno del “vedremo”, dell’“appena nominano”, del “è tutto in divenire”, ma soprattutto del “non si sa”.
Dopo l’addio di Pasqualino Monti, già deus ex machina dell’Autorità Portuale, si attende ancora la nomina del successore.
Una poltrona che scotta, più per l'intrigo politico che per il sole di Palermo.
E la battaglia è appena cominciata, o forse è già finita prima di cominciare, in perfetto stile isolano.
Da un lato, scalpita Francesco Scoma, eterno ritorno della politica siciliana, oggi approdato alla Lega dopo un pellegrinaggio tra le sigle del centrodestra.
Un nome che sembra uscito da un manuale di scienze politiche alla voce "riciclo".
Attualmente presidente di AMG Energia, partecipata comunale, la sua candidatura appare più fantascientifica che concreta.
Non perché non abbia curriculum, ma perché è appoggiato dalla Lega – un partito che può anche piacere sul versante catanese, ma che a Palermo non accende i motori nemmeno con i cavi.
Dall’altro, c’è il vice di Monti – benedetto dallo stesso Monti e, pare, da Schifani.
Un’opzione più tecnica, di “continuità istituzionale”, meno pirotecnica ma più digeribile.
E poi c’è l’opzione Forza Italia, che si gioca la carta Carlo Amenta, ex commissario della ZES della Sicilia Occidentale, profilo economico, stimato, già noto alle carte bollate e ai dossier ministeriali.
Un nome che suona rassicurante a Roma, ma che ancora non ha infiammato le banchine del porto.
Nel frattempo, mentre i grandi manovratori si danno da fare nelle retrovie, al Molo Trapezoidale si respira l’aria del nulla cosmico.
Pochi eventi, zero visione, una creatività annegata nelle acque stagnanti della burocrazia.
Il molo, che potrebbe essere un piccolo gioiello, continua a essere un parcheggio per idee mai partite, uno spazio urbano che galleggia tra passato glorioso e futuro rimandato.
L’associazione che dovrebbe gestire l’area – con tanto di affidamento e belle promesse – per ora si limita al minimo sindacale.
Un paio di convegni da colletti bianchi, qualche installazione sbiadita, e poi il silenzio.
Nessun programma culturale vero, nessuna progettualità degna del luogo.
E il molo, beffardo, rimane lì: trapezoidale sì, ma soprattutto marginale.
Il porto di Palermo, insomma, sembra una grande nave in attesa del comandante.
Ma mentre in plancia si litiga sul nome da incidere sulla targa, i marinai sono fermi ai remi e la città guarda da lontano, sospirando un futuro che ancora non si vede all’orizzonte.