Progetti faraonici, promesse miliardarie, affidamenti contestati
e intanto non sono riusciti a fare neanche un aiuola

Sono sempre più le associazioni che stanno intensificando l'allarme sulle troppe criticità del piano regolatore del porto di Catania predisposto dall'Autorità di gestione e che tra qualche giorno passerà all'esame del consiglio comunale di Catania.
Dopo la conferenza stampa della scorsa settimana che ha messo all'indice l'intera gestione del porto, compresi appalti e concorsi già sanzionati da ANAC e tribunali, è la volta di LIPU e WWF che con Volerelaluna hanno emanato un comunicato in cui denunciano i rischi di una illogica cementificazione del tutto dannosa per la città e scollegata dai fini istituzionali cui il porto dovrebbe essere soggetto.
La gestione dell'Autorità Portuale - secondo le critiche - appare opaca e slegata dalle reali esigenze del territorio.
L'intero piano, infatti, sembra concepito senza una visione organica, ignorando sia le criticità strutturali che le opportunità di miglioramento dell'area portuale e del suo rapporto con la città.
Un'iniziativa di questa portata avrebbe richiesto una fase di consultazione più ampia e trasparente, con un coinvolgimento reale della cittadinanza e delle forze produttive locali.
Un piano che ignora la città e il suo sviluppo
Il Porto di Catania rappresenta un'infrastruttura strategica per lo sviluppo economico della città, eppure il nuovo PRP sembra trascurare le esigenze di una pianificazione integrata.
La mancanza di un dialogo concreto con le realtà locali e la cittadinanza crea un distacco preoccupante tra la città e il suo mare. In molte città europee, si sta adottando un modello di "waterfront cittadino", che prevede il recupero e la valorizzazione delle aree portuali in disuso per restituirle ai cittadini con funzioni di aggregazione sociale, culturale e turistica.
A Catania, invece, si continua a ragionare in termini di espansione del traffico commerciale, senza una reale pianificazione della fruibilità pubblica.
Abusi territoriali e mancanza di coerenza strategica
Uno degli aspetti più controversi riguarda la competenza territoriale del progetto. Il piano include aree al di fuori della giurisdizione dell'Autorità di Sistema Portuale, come la scogliera dell'Armisi a Nord del porto.
Questo solleva interrogativi sulla legittimità di tali previsioni pianificatorie e sulla trasparenza delle decisioni prese. Il problema non è solo giuridico, ma anche pratico: un ampliamento del porto in un'area protetta potrebbe avere ripercussioni ambientali devastanti e costituire un pericoloso precedente di speculazione edilizia in un contesto naturale fragile.
Un piano slegato dalla logica di sistema
Il PRP ignora completamente la nuova configurazione del sistema portuale della Sicilia Orientale, che include ora anche i porti di Pozzallo e Siracusa, oltre ai già esistenti Catania e Augusta.
Questo approccio limitato e miope non considera le opportunità di distribuzione dei traffici e ottimizzazione delle funzioni portuali. Ad esempio, il traffico pesante potrebbe essere spostato su Augusta, riducendo così l'impatto ambientale e il congestionamento della zona Sud di Catania.
Questo non solo migliorerebbe la viabilità cittadina, ma favorirebbe una gestione più efficiente dei flussi commerciali. Inoltre, non è stata presa in considerazione una reale intermodalità con il trasporto ferroviario e autostradale, elemento essenziale per un porto moderno ed efficiente.
Un disastro ambientale annunciato
Le previsioni del PRP comprendono interventi altamente impattanti dal punto di vista ambientale:
- La costruzione di una darsena turistica sulla scogliera dell'Armisi, un'area di alto valore paesaggistico e naturalistico.
- L'ampliamento del porto a Sud con alterazione dell'ecosistema costiero, il versamento di enormi quantità di materiali a mare e la creazione di una "isola di calore" dannosa per il microclima urbano.
- Lo spostamento della foce del torrente Acquicella, un'area protetta con habitat faunistici e floristici di pregio, compromettendone l'equilibrio.
- La mancanza di studi approfonditi sugli effetti dell'inquinamento acustico e atmosferico che questi interventi potrebbero generare sulla città, incidendo sulla qualità della vita dei cittadini.
Un'espansione edilizia insostenibile
Il PRP prevede nuove costruzioni per un volume di 3.571.629 metri cubi, pari a otto volte il volume attuale.
Questa cementificazione spropositata stravolge il rapporto tra la città e il porto, con gravi conseguenze in termini di inquinamento e sostenibilità ambientale.
Inoltre, alcune delle strutture previste non hanno alcuna attinenza con le funzioni portuali, come hotel e altre strutture ricettive.
Invece di pianificare un'espansione orizzontale e cementificata, si sarebbe potuto pensare a un recupero delle aree dismesse e a un uso più intelligente degli spazi già esistenti.
Le previsioni del PRP sembrano più rispondere a interessi immobiliari privati che a una reale visione di sviluppo equilibrato della città.
Un progetto da rivedere
Viste le gravi criticità emerse, appare evidente che il PRP debba essere rimodulato e sottoposto a una nuova revisione, tenendo conto:
- Delle opportunità offerte dai quattro porti del sistema Sicilia Orientale.
- Delle gravi problematiche ambientali e urbanistiche sollevate.
- Della necessità di una pianificazione più equilibrata e sostenibile.
- Di un maggiore coinvolgimento della cittadinanza e delle associazioni ambientaliste nel processo decisionale.
- Della necessità di garantire una reale integrazione tra porto e città, piuttosto che una divisione netta come si sta prospettando.
Il rischio di un intervento scellerato e dannoso è concreto: è fondamentale che il Consiglio Comunale di Catania esprima un parere critico e richieda una profonda revisione del piano, evitando un futuro segnato da speculazioni e scelte irresponsabili.
Una visione lungimirante e sostenibile del porto potrebbe trasformarlo in un'opportunità di sviluppo per tutta la città, invece che in un'ennesima occasione mancata di crescita equilibrata e consapevole.
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