Ma se è tutto vero quello che scriviamo, com'è possibile che…

E pazienza, hanno perso anche questa.
Intanto, in premessa per l'ennesima volta il nostro più sentito ringraziamento agli avvocati che continuano a difendere il diritto dei siciliani ad essere informati in maniera libera ed indipendente su quanto accade dove si gestiscono ruoli e soldi pubblici.
In questo processo ci ha difesi, ancora una volta vittoriosamente, l'avvocato Renata Saitta, ma la nostra riconoscenza deve estendersi agli altri grandi professionisti che si alternano nelle tante, troppe intimidazioni ed aggressioni di vario genere che siamo costretti a subire da anni e per anni.
Per le aggressioni civili l'avvocato Franz Sgroi, per quelle penali gli avvocati Emanuela Fragalà e Dario Riccioli.
Si tratta non soltanto di professionisti di straordinaria levatura e dedizione, ma anche e soprattutto di personalità INCORRUTTIBILI: e se lo diciamo è perché sappiamo di cosa stiamo parlando!
E ora veniamo alla notizia di oggi.
La decisione della Corte d'Appello del Tribunale di Catania conferma la legittimità del giornalismo d'inchiesta di SudPress e rigetta la richiesta di risarcimento danni per diffamazione.
Il Caso Giudiziario
La Corte di Appello di Catania, Seconda Sezione Civile con Presidente Giovanni Dipietro, Consigliere Estensore Massimo Lo Truglio e Consigliere Nicolò Crascì, ha emesso una sentenza in merito al ricorso presentato da Franco Maria Merlino, detto Kiko, che aveva citato in giudizio SudPress s.r.l., il direttore editoriale Pierluigi Di Rosa e la direttrice responsabile Lucia Murabito per presunta diffamazione a mezzo stampa.
Il contenzioso nasce dalla pubblicazione di una serie di articoli su SudPress, alcuni dei quali trovate in calce, nei quali si denunciava l'uso ripetuto dello strumento degli affidamenti diretti da parte della società SAC s.p.a. per incarichi di consulenza legale, tra cui quelli assegnati allo stesso Merlino.
Si parla di centinaia di migliaia di euro di denaro pubblico.
Le Motivazioni del Ricorso
L'appellante sosteneva che gli articoli in questione:
Non potessero essere considerati giornalismo d'inchiesta, bensì una "campagna di stampa" diffamatoria.
Contenessero informazioni false e distorte, gonfiando i compensi ricevuti e insinuando l'idea di un comportamento illecito.
Violassero il principio di continenza con espressioni ironiche e denigratorie, come l'appellativo "super-consulente".
Le Ragioni della Sentenza
La Corte di Appello ha respinto il ricorso, ritenendo che gli articoli di SudPress:
- Rientrano nel giornalismo d'inchiesta, poiché basati su un'analisi autonoma di documenti ufficiali pubblicati dalla SAC s.p.a.
I giudici infatti affermano in sentenza che "gli articoli oggetto di controversia rientrano nella nozione di giornalismo di inchiesta e, in quanto tali, sono meritevoli di maggior tutela rispetto al più generico diritto di cronaca.
Tali articoli sono il frutto dell’attività di investigazione da parte degli autori Pierluigi Di Rosa e Lucia Murabito, i quali, attraverso la ricerca sul sito ufficiale della SAC s.p.a. (sezione Società Trasparente) hanno avuto modo di acquisire, confrontare e valutare dati e informazioni, constatando il frequente ricorso da parte dell’ente suddetto allo strumento degli “affidamenti diretti” nell’assegnazione degli incarichi fiduciari di consulenza legale e stragiudiziale, tra cui quelli riguardanti l’odierno appellante." Punto.
- Non risultano diffamatori, poiché le informazioni riportate erano sostanzialmente veritiere e di interesse pubblico.
Ancora, si legge in sentenza che “l’analisi dei vari articoli oggetto di tale giudizio non può che tenere conto del contesto in cui si innestano e, in particolare, dell’inchiesta mossa da SudPress nei confronti della SAC s.p.a., in ottemperanza al criterio affermato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (cfr. provvedimento del 24.09.2019, applic. nn. 75637/13 e 8114/14) secondo cui gli articoli di cronaca non possono essere esaminati prescindendo dal contesto a cui essi si riferiscono.”
Rispettano il principio di continenza, non essendo presenti espressioni lesive della reputazione di Merlino, ma piuttosto un linguaggio critico nei confronti della gestione trasparente degli affidamenti diretti.
Conseguenze della Sentenza
La Corte ha stabilito che Franco Maria Merlino, detto Kiko, dovrà:
Rimborsare le spese legali degli appellati, pari a 4.996,00 euro.
Pagare un ulteriore contributo unificato per l'impugnazione.
Questa sentenza, l'ennesima favorevole a Sudpress, rappresenta un'importante conferma della tutela del giornalismo d'inchiesta in Italia da parte dei Tribunali, anche se molto c'è ancora da fare sul piano legislativo, in particolare contro le querele penali temerarie.
Stabilisce che la pubblicazione di informazioni di interesse pubblico, anche se critiche, non costituisce diffamazione se rispetta i principi di verità, interesse pubblico e continenza.
SudPress, con tutte le altre testate d'inchiesta realmente libere ed indipendenti, esce rafforzata da questa vicenda, confermandosi come una testata impegnata nell'indagine e nella denuncia di pratiche poco trasparenti nelle amministrazioni pubbliche, quando non addirittura predatorie.
E allora ripetiamo la domanda iniziale: MA SE È TUTTO VERO QUELLO CHE SCRIVIAMO, COM'È POSSIBILE CHE…
Leggi gli altri articoli dell'incredibile saga e dicci se non è incredibile:





"SAC Aeroporto di Catania, negato accesso agli atti: Ma non era tutto trasparente?"
Nella denuncia hanno sostenuto che "gli atti erano stati secretati per tutelare il processo di privatizzazione in virtù del principio di libera concorrenza."
E noi ridiamo!


