Costa cara la felicità, ma smaltire i mattoni rotti? Il prezzo è uguale, a quanto pare.
Quello che vediamo in video è una scena che abbiamo osservato talmente tante volte che, come per la maggior parte delle cose, ci indigna, ci stranisce e infine diventa, come dire, costume.
Alcuni lavori di routine in zona Tribunale non destano nessun tipo di sospetto, a meno di una lunghissima scia di melma marrone che scola per circa 100 metri, con una portata piuttosto considerevole vista la lunghezza.
Seguendo la scia, come Pollicino segue i sassi bianchi, vediamo cosa sta succedendo: operai che innaffiano i detriti di mattoni rotti e che, con scopa e pompa, ammuttunu polveri e calcinacci.
Sia chiaro: non è un'iniziativa degli operai. Questi sono quasi sempre ordini dei piani alti dell'impresa per risparmiare, anche perché smaltire i materiali edili costa dai 20 ai 35 euro al metro cubo, mentre costa zero se i detriti li smaltisce la fogna. O meglio: costa zero a loro, ma milioni e preoccupazioni a noi.
Il video dello scolo è stato fatto una settimana fa, ma come si può vedere i detriti sono ancora bagnati dopo 5 giorni, il che significa che la pratica è durata per un bel po' di tempo.
Naturalmente, e senza voler scatenare l'ira degli imprenditori edili che sguinzaglieranno le peggiori maledizioni su questo pezzo, non sono loro gli unici imputati. O meglio, sono una parte (o un detrito, per rimanere in tema) di una grande incuria che alla fine si esprime con una domanda:
Perché, ad ogni pioggia, Catania annega?
Anche se il sindaco sostiene che i tombini e le fognature sono pulitissime e che la colpa è dell'Impero Ottomano, che ha invaso la Sicilia e poi ha lasciato il posto ai Normanni, ai Borboni e infine a tutti i sindaci prima di lui che hanno cementificato Catania... non è così.
Solo una settimana prima dell'ultimo nubifragio – quello di ottobre – cadevano 17.000 tonnellate di cenere.
Viola Sorbello, referente di Legambiente Catania, sosteneva già allora che il fenomeno si ripresenta regolarmente e in maniera piuttosto prevedibile: la cenere dell’Etna, mischiandosi all’acqua piovana, ostruisce i tombini.
La città è strutturata con vie in discesa verso il centro e priva di un sistema efficiente di drenaggio, è vero; ma intuppare ancora di più gli scoli non aiuta. L'argilla e i materiali edili, ad esempio, nel tempo si depositano nei tubi, formando strati che possono portarli a un’ostruzione completa. Tappi.
Sommiamo a questo la cenere dell'Etna, la spazzatura, la segatura di ogni festa di Sant'Agata e tutte le imprese che smaltiscono in questo modo: otteniamo degli scoli che faticano a compiere il loro lavoro.
Il colpevole non è qualcuno o qualcosa, ma il fatto che non sappiamo adattare le nostre abitudini ad un territorio difficile, non è quindi un j'accuse.
Il sindaco (pur essendo un'uscita incongrua) ha ragione quando dice che il problema della cementificazione è precedente alla sua elezione e che è davvero il problema principale, ma visto che la decementificazione è qualcosa di troppo utopico, non possiamo che accettare la conformazione del nostro territorio: un grande imbuto di cemento. Certo non possiamo fare danze tribali che fermino la terra dell'Etna o la pioggia, ma possiamo evitare, quantomeno, un atteggiamento così superficiale (e soprattutto vietato) con qualche controllo in più.
Che bisogna fare allora?
Serve un piano urbanistico da qui a vent’anni che rimoduli completamente la città, una visione di verde più funzionale che estetica e ispezioni costanti sia delle fognature che dei tombini.
Ma si sa: un mandato dura sempre troppo poco, l'erba del vicino è stata espropriata per un nuovo centro commerciale e, storicamente, le fogne non portano voti.

Mai.