Il 24 gennaio scorso, il Municipio di Gravina di Catania provvede ad ultimare i dettagli di un importante contratto d’appalto, pubblicato sul portale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Approvato dal sindaco, Massimiliano Giammusso, e dall’assessore ai Lavori Pubblici, Federica Ingaglio, a seguito della deliberazione della Giunta comunale n°86 del novembre 2024, questo progetto prevede degli interventi con l’obiettivo di smaltire le acque meteoriche lungo via Etnea, nel tratto compreso tra via San Paolo e via Antonio Gramsci.
Al fine di impedire che le future e intense piogge continuino ad erodere le superfici di queste importanti arterie stradali della cittadina, si pensa dunque di realizzare sia collegamenti al canale di gronda già esistente sia nuove caditoie, così da rifunzionalizzare la condotta di smaltimento delle acque.
Il considerevole finanziamento per portare a termine questo progetto, che vede l’ingegnere Marco Alfio Scalirò come responsabile unico, è pari a 3 milioni di euro.

Cifrette mica da nulla, ma indispensabili. A meno che non si desideri rinnovare i necrologi locali.
“L’acqua arriva da…”
Nell’ottobre del 2021, un violentissimo nubifragio trasforma proprio la via Etnea di Gravina di Catania nel letto di un autentico fiume in piena, che porta con sé anche una tragedia: il 53enne Paolo Claudio Grassidonio, originario di Pedara e volontario della Protezione Civile, viene travolto dalla furia cieca dell’acqua dopo essere sceso dalla propria auto, probabilmente per prestare soccorso.
Il corpo esanime dell’uomo viene ritrovato, proprio sotto l’auto, da alcuni volontari della Misericordia.
È ancora ottobre, ma del 2024; ed è ancora la via Etnea, ma del capoluogo di provincia.
Mentre una devastante tempesta si abbatte su un’impotente Catania, un rider a bordo del proprio scooter viene pericolosamente trascinato via dall’acqua piovana che allaga la strada più centrale e importante della città, all’altezza di Piazza Stesicoro.
L’uomo annaspa, ma una persona si fa coraggio, decidendo di attraversare una barriera che non si limita affatto ad inumidire soltanto l’orlo dei jeans: una giovane mamma di 28 anni, Angela Isaac, di origine nigeriana, afferra prontamente il rider per le braccia e lo porta fino alla “terraferma”.
Diverse ore più tardi, dopo i doverosi ringraziamenti rivolti ad Angela Isaac, il sindaco di Catania, Enrico Trantino, commenta l’accaduto con un post sui suoi profili social, scrivendo: “Sicuramente i tombini otturati sono all’origine di alcuni fenomeni di allagamento […] Ma non è questa l’origine di quel che è accaduto e accade in via Etnea. Nella nostra via centrale non esiste una sola caditoia ostruita, se non – eventualmente – per effetto dei detriti portati dall’acqua […] Quindi dicono cose inesatte quelli che attribuiscono a una inadeguata manutenzione la genesi degli allagamenti.”
Una tesi immediatamente smentita da Franco Politano, fondatore del Centro Speleologico Etneo e co-realizzatore della mappa del Canale di Cintura, un’ormai abbandonata galleria, scavata negli anni ’50 per salvaguardare la città dell’Elefante dagli allagamenti. “Ho sempre detto che questo canale esiste ed è fondamentale” scrive, infatti, Politano, ma la radice che attualmente ostruisce il canale “rappresenta un ostacolo insormontabile e ha creato un notevole accumulo di detriti e cenere vulcanica.”
Inoltre, lo speleologo sottolinea come le caditoie presenti nel sottopasso del Tondo Gioeni siano state ricoperte da detriti e asfalto, a seguito dei lavori di ristrutturazione voluti dall’ex sindaco, Salvo Pogliese.
“Bisogna investire in una manutenzione costante e programmata delle infrastrutture già esistenti”, conclude Politano, “e creare un piano d’azione che preveda ispezioni regolari e interventi mirati.”
D’altro canto, il sindaco Trantino è già stato chiaro e onesto: il comune dispone di sole due squadre di tre operai, da dover impiegare lungo tutta la città.
Panta Rei
Nello stesso contesto del suo intervento pubblicato sui social, il sindaco del capoluogo etneo afferma “Stiamo studiando con l’Università alcune soluzioni; ma non potranno essere immediate e dovremo imparare a convivere con questi fenomeni.”
Una delle soluzioni non immediate potrebbe riguardare il coinvolgimento dello stesso comune di Catania e della Regione Siciliana, insieme a svariati e importanti partners europei, nel progetto CARDIMED (Climate Adaptation and Resilience Demonstrated In the MEDiterranean region).
Questo progetto di ricerca, nato nell’ambito del programma Horizon Europe e che vanta un costo complessivo di quasi 21 milioni di euro, ha l’obiettivo di porre le basi per la costruzione della resilienza climatica nella regione mediterranea, con un focus sulle sfide legate al cambiamento climatico.
Nel frattempo, fino alla data prevista per la conclusione di CARDIMED, ossia nel febbraio 2028, bisognerà evidentemente imparare a “convivere” con questi fenomeni.
Tutto sommato, ne è già passata di acqua sotto i ponti.