La recente campagna di sensibilizzazione sulla raccolta differenziata, commissionata dal Comune di Catania, ha sollevato un’ondata di indignazione che non sembra affievolirsi.
Se inizialmente la notizia fece scalpore a causa del costo esorbitante di 155 mila euro più IVA, la delusione e la frustrazione sono aumentate di fronte alla scarsa qualità creativa dei video, alla scelta discutibile dei testimonial e al metodo con cui è stata affidata la campagna stessa.
Un affidamento in emergenza, senza bando
Nel luglio scorso, la campagna venne commissionata “in emergenza”, senza che venisse indetto un bando pubblico, sollevando già allora perplessità.
La scelta di procedere in maniera frettolosa, quasi come se si trattasse di un’urgenza, è apparsa agli occhi di molti come un metodo poco trasparente in un periodo in cui i cittadini chiedono maggiore responsabilità nella gestione dei fondi pubblici.
Ma la questione economica e procedurale è il male minore.
La qualità della campagna ha deluso profondamente.
I video proposti, lungi dall’essere innovativi o creativi, sono risultati pieni di luoghi comuni già sfruttati.
La raccolta differenziata, un tema cruciale per la sostenibilità ambientale e la gestione dei rifiuti urbani, è stata trattata in modo superficiale, ripetendo stereotipi e banalità che non hanno avuto alcun impatto significativo sul pubblico.
Se l’obiettivo era sensibilizzare la cittadinanza, il risultato ottenuto è stato ben lontano dalle aspettative, con video che non hanno brillato né per innovazione né per efficacia comunicativa risultando a volte anche grotteschi.
Se il contenuto della campagna non ha convinto, la scelta dei testimonial ha suscitato altrettante, se non maggiori, critiche.
In particolare, la presenza tra i protagonisti della campagna di un personaggio che, in passato, è stato arrestato per spaccio di sostanze stupefacenti ha sollevato perplessità sulla coerenza del messaggio che la campagna avrebbe voluto trasmettere.
La sensibilizzazione alla raccolta differenziata richiede credibilità e fiducia, due qualità che un testimonial con un passato controverso fatica a rappresentare.
In un paese serio un simile danno d'immagine avrebbe come minimo fatto cadere qualche testa.
Il metodo Signorini applicato alla politica.
L’agenzia pubblicitaria incaricata della campagna sembra aver adottato un approccio che ricorda da vicino i casting del "Grande Fratello VIP" dando un'impronta trash all'intera campagna.
Piuttosto che puntare solo su volti noti per il loro impegno sociale o per la loro autorevolezza, la selezione è avvenuta attingendo dai personaggi più virali sui social media, spesso scelti per la loro notorietà legata a gag o a casi umani.
Questo metodo di lavoro, che privilegia la viralità piuttosto che la rilevanza sociale o culturale dei testimonial, ha fatto sì che la campagna venisse percepita come una sorta di spettacolo mediatico, piuttosto che un’iniziativa seria e ben studiata.
L’obiettivo sembra essere stato più quello di generare "buzz" sui social che di sensibilizzare realmente i cittadini.
Tutto ciò ha inevitabilmente influito sull’immagine del sindaco Enrico Trantino.
Trantino stesso è stato trasformato in un influencer, in una specie di Alfonso Signorini della politica locale, più preoccupato di gestire la popolarità del momento piuttosto che affrontare in modo serio le questioni centrali per il futuro di Catania.
Il rischio, ora, è che questa campagna di sensibilizzazione, anziché migliorare la gestione dei rifiuti e promuovere la raccolta differenziata, finisca per diventare l’emblema di una politica più interessata ai riflettori che ai risultati concreti.