La Sicilia è tra le aree più colpite dalla siccità in Europa.
Anche la parte più a sud della penisola iberica non se la passa benissimo: Andalusia, Estremadura (Spagna) e Algarve (Portogallo).
Però, quasi certamente, i nostri vicini più calienti non buttano 180 milioni di m³ d’acqua.
Gli agricoltori, giustamente, lamentano che mentre gli agrumeti e altre coltivazioni soffrono per la mancanza di acqua, una parte significativa di questa viene sciupata a causa di disfunzioni nei sistemi di irrigazione, o paratie.
A quanto pare, il problema è localizzato nelle zone del paternese, da un affluente del Simeto.
È evidente (oltre che fisicamente elementare) che non venendo trattenuta l'acqua, e in assenza di piogge, il livello dell'invaso decresca e tra l’altro, non secondariamente, l’invaso d’acqua serve anche ad alcune specie autoctone di uccelli che stazionano li.
Agricoltori e produttori sottolineano che il punto della questione è che le disfunzioni coinvolgono sei paratie, causando un immenso spreco.
Quindi, delle due, l’una:
o le emergenze vengono chiamate senza motivo e dilaniano patrimoni che, purtroppo, non ci vengono regalati, oppure (e verosimilmente) l’emergenza siamo proprio noi siciliani che non abbiamo idea di come conservare sta benedetta acqua.
Riflettiamo un secondo su come funzionano le emergenze.
La regione, stato o città chiama l’emergenza e, grazie a dei fondi nazionali o europei, le si dà una mano.
Ed è sacrosanto che funzioni così, ma parte di quei soldi serve soprattutto a far sì che non ricapitino altre emergenze!
Esempio: sono stati stanziati 6,1 milioni di euro alla Sicilia per l’emergenza incendi di meno di un anno fa.
Non ci si aspetta il miracolo che nessun incendio tocchi la nostra terra, ma quanto meno di riuscire a domarlo.
Specie con 16 mila guardie forestali che abbiamo in Sicilia. Quasi quanto l’intero esercito della Croazia.
Ma questa è un’altra storia sulla quale faremo luce.
Sempre meno di un anno fa, fu emergenza blackout, poi emergenza terra dell’Etna, emergenza caldo, emergenza balneazione, (tuccannu ferru) sarà la volta dell’emergenza ponte.
Il punto non è che queste non sono emergenze, la questione centrale è: se vengono investiti soldi su soldi, come mai non riusciamo a far fronte a nessuna emergenza?
Quando ve ne sarà una più grande ed importante, come la affronteremo? I terremoti qui sono all’ordine del giorno, quando busserà alla nostra porta, all’ennesima emergenza e richiesta di aiuto economico, chi ci prenderà sul serio?
La crisi idrica è evidente, certo, e bisogna riattivare un dissalatore abbandonato a Trapani e recuperare 180 milioni di metri cubi d'acqua entro fine anno.
E non sarà gratis riattivare un dissalatore in disuso.
Gli investimenti necessari sono stimati in 720 milioni di euro, ma il governo regionale ne ha stanziati solo 16.
Non deve passare l’idea che non crediamo alle emergenze o che le sottovalutiamo, ma che chiedere aiuto debba essere un’azione che porta esperienza nel fronteggiare le calamità quando da anni si ripetono ciclicamente le stesse identiche emergenze.
Manlio Sgalambro, filosofo catanese, anni fa lanciò una provocazione sul Corriere della Sera :
“Smettete di dare i fondi ai siciliani, perché quando messi alle spalle al muro riescono a darsi la spinta”
All’ennesima emergenza senza soluzione, avremo la risposta.