I francesi, come sempre, compiono passi da gigante mentre l'Italia rimane indietro.
Il Senato francese ha soltanto ieri approvato l'inclusione dell'aborto tra i diritti fondamentali della nazione, una decisione storica e non scontata data la maggioranza di senatori centristi e di destra.
Tra l'altro, quando il dibattito sembrava sopito.
In Italia, invece, abbiamo figure che hanno la stessa utilità di una forchetta in una minestra: l'obiettore di coscienza.
In Italia, l'obiezione di coscienza per i professionisti sanitari riguardo all'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) è stata introdotta dalla legge del 22 maggio 1978.
Sebbene la revoca dell'obiezione sia prevista in caso di pericolo di vita per la donna, il professionista sanitario obiettore deve comunque fornire assistenza pre e post-intervento.
Il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a garantire l'IVG anche con personale obiettore, e in caso di massiccia adesione all'obiezione, la cittadinanza può trovarsi in difficoltà nell'accesso a determinate prestazioni, con possibili ripercussioni sui diritti.
Immaginiamo ora una ragazza di Catania, Olbia, Palermo o Gioiatauro che si trova nella difficile situazione di cercare un professionista sanitario non obiettore all'IVG.
La sua esperienza, purtroppo, è come attraversare un oceano a nuoto per trovare un medico disposto.
Mentre in Francia si affronta con precisione il problema delle gravidanze non desiderate, in Italia la situazione è percepita più come una colpa da espiare che come un'opportunità per garantire libertà, privacy e celerità.
Nonostante le proteste anti-aborto vicino al Congresso a Versailles, l'80% dell'opinione pubblica francese sostiene la modifica costituzionale.
In Italia, nonostante le critiche, il paese è considerato tra i più progressisti globalmente.
Tuttavia, una parte femminista radicale in Francia è "contenta a metà" poiché il testo si riferisce a una libertà, non a un diritto, secondo la scrittrice femminista francese Harmange.