Quello che è accaduto nella ex Pubbliservizi e, adesso, sta accadendo nella sua “erede” SCMC, è superato solo da quanto accade in SAC ed a breve probabilmente da quello che combinano all'Autorità Portuale, ma in queste ultime due i numeri ed il ruolo strategico sono ben più pesanti, al cui confronto la prima è una mezza bazzecola, se non fosse che ha portato 300 famiglie sul lastrico e continua a macinare milioni per servizi che in realtà vengono affidati all'esterno: roba da provocare terremoti e invece continuano a giocarci.
A proposito delle altre due, SAC e Autorità Portuale, più tardi tiriamo a sorte con cosa aprire domani, se con i veri numeri dell'aeroporto oppure sull'ennesimo appalto pasticciato e sanzionato che abbiamo scoperto tra le banchine del porto di Catania, anzi proprio in acqua: restate sintonizzati.
Intanto torniamo alla partecipata della Città Metropolitana Pubbliservizi, provando a riavvolgere il nastro, a prima della costituzione dell'Azienda Speciale SCMC che sta già dando il meglio del top management che si è capaci di esprimere da queste parti.
Nell'ultimo periodo di vita, quando già era entrata nell'agonia del commissariamento ex legge Prodi che abbiamo ampiamente raccontato, a presiedere il consiglio di amministrazione venne nominato l'imprenditore catanese Giuseppe Molino.
Un organo in realtà senza nessun potere operativo, essendo la società commissariata, ed in pratica con il solo compito di presentare al Tribunale Fallimentare quel concordato preventivo che avrebbe potuto/dovuto salvare la società rimettendola in carreggiata, ma che una serie incredibile di “bizzarrie consulenziali”, chiamiamole così, ha reso impraticabile rendendo insuperabile la dichiarazione di fallimento: basti dire che per patrimonializzare la società, il socio Città Metropolitana aveva offerto al Tribunale un immobile…abusivo.
Niente, cose da film.
Nonostante tutto, proprio quel consiglio di amministrazione, senza poteri e con non poche umiliazioni, ha tentato di fare da argine alle follie amministrative che stavano travolgendo la società con le 300 famiglie appresso, senza riuscirci per la pervicacia di qualcuno o qualcosa che di salvarla non aveva alcuna intenzione.
Prima o poi si capiranno i veri motivi.
Allora, presidente Molino, com'è andata?
Io mi sono insediato un paio d’anni dopo la nomina dell'avv. Perazzoli
Da subito ho trovato un clima ostile e di non collaborazione.
L'organizzazione interna era confusa e disordinata, consulenti della vecchia gestione mantenuti senza contratto e con proroghe illegittime.
I tentativi di conoscere la gestione e l'andamento sono risultati però vani.
Una mancata collaborazione culminata anche in momenti di duro confronto.
Vuole parlarci allora di questi adempimenti?
Da subito, ebbi la sensazione che il socio non avesse una seria volontà di proseguire con questa società.
Al di là delle richieste dell'ufficio controllo analogo, a firma del dott. Schillirò, non constatavo, poi, i provvedimenti successivi. Più che altro sembrava un modo per dimostrare di aver tentato di fare qualcosa.
Solo richieste di atti e chiarimenti, ma nessun provvedimento o direttiva da parte del socio per indirizzare la macchina amministrativa verso esiti positivi di gestione.
In altre parole, si percepiva uno scollamento tra la proprietà e la gestione.
Scollamento che da anni aveva caratterizzato questa società.
Vi erano, esclusivamente, richieste di atti e chiarimenti da parte della ragioneria generale di Città Metropolitana che, di fatto, non portavano a nulla.
Ad ogni buon conto, proprio per adempiere al mio mandato, mi feci promotore di una serie di iniziative cercando di trovare il sostegno della proprietà.
Prima fra tutte, la scelta di professionisti, tecnici della materia, per la predisposizione del concordato.
In segno di discontinuità col recente passato contattai il professionista che aveva redatto la consulenza tecnica per conto dell'autorità giudiziaria che aveva condotto ad indagini penali e altri professionisti (su indicazione dello stesso) esperti della materia, di fama nazionale.
Raccolte le disponibilità, indicai questi nomi in seno al Consiglio di Amministrazione per le deliberazioni conseguenti.
Purtroppo, da parte del Socio Pubblico, in un primo momento mi venne insistentemente “suggerito” un professionista ma rifiutai.
A quel punto mi fu negata la possibilità di una scelta fiduciaria e successivamente fui obbligato ad una selezione mediante manifestazione di interesse con il criterio dell'offerta più bassa e con delle condizioni che lo stesso presidente dell’ordine fu costretto ad intervenire per chiederne l’annullamento.
Le modalità della procedura e dell’aggiudicazione, le spiegherò in un contesto diverso, ove si volessero conoscere le stesse.
In ogni caso, tutto quello che sto affermando è scritto nero su bianco in tutti i verbali delle riunioni del CdA: sarebbe bastato che di dovere leggesse quegli atti per capire quello che è accaduto.
Non fu una modalità corretta?
Sul punto preferisco non esprimere alcun giudizio o valutazione in questa sede.
Racconterò, eventualmente, i fatti solo a chi è deputato istituzionalmente a conoscerli.
Cosa accadde poi?
La scelta, secondo i criteri imposti dall'avviso redatto da Città Metropolitana, portò alla nomina di professionisti non legati a rapporto fiduciario e sin da subito la relativa attività si caratterizzò con modalità da me non condivise.
Il professionista era infatti in piena sintonia col Commissario Perazzoli e con il socio di maggioranza ed in netto contrasto con il CdA.
In altre parole, il professionista incaricato dal CdA non seguiva alcuna indicazione del DaA stesso!
Seguiva semmai le indicazioni del Commissario Perazzoli e di qualche dirigente di Città Metropolitana.
I contrasti col CdA e con il socio di maggioranza sono documentati in atti e nella corrispondenza in mio possesso.
E il socio Città Metropolitana di Catania come si poneva riguardo a questo?
Guardi il socio scelse, inspiegabilmente, un ulteriore professionista che doveva rappresentarlo legalmente, lo stesso che ci fu “suggerito” e che non accettammo.
Stando così le cose, trovandomi in un isolamento assoluto, scelsi di farmi coadiuvare dall'avvocato Roberto Li Mura che mi ha assistito con professionalità, prudenza e pacatezza a tutte le udienze oltre che negli adempimenti di mia competenza.
Fui fortemente contrastato anche su questa scelta ma, purtroppo per loro, non gli fu possibile impedirmelo.
È chiaro, però, che la concertazione amministrativa e istituzionale era compromessa da questi molteplici professionisti incaricati e dall'assenza di dialogo costruttivo e collaborazione che avevo percepito tra gestione Commissariale, socio di maggioranza e CdA.
La sensazione era di una nave senza timone ma con scialuppe pronte a salvaguardare chissà cosa.
Cosa vuole dire?
Non lo dico io. Lo disse apertamente il Commissario Portoghese al consiglio comunale di Catania.
Cito quasi testualmente "si faranno le gare europee, lo prevede la legge".
In effetti, Città Metropolitana aveva tutto pronto per la collocazione degli operai alle ditte esterne.
Il Concordato?
Il professionista incaricato per la redazione della proposta concordataria è stato individuato per volontà espressa del socio in sede assembleare attraverso una strana procedura di evidenza pubblica che non ho approvato ma subìto;
la proposta formulata non ha trovato il consenso del C.d.A. ma esclusivamente la sua acquisizione non essendovi in entrambi i casi (prima e seconda proposta) i termini per una loro modifica né strutturale né sostanziale;
la seconda proposta è stata notevolmente peggiorativa rispetto alla precedente in quanto offriva ai creditori il pagamento di importi significativamente ben inferiori (per circa Euro 500.000,00) così sottoponendola al grave rischio di voto negativo alla sua approvazione;
chiedemmo di aggiungere, alla somma accantonata, un’ulteriore somma di Euro 500.000,00;
fu chiesto, invano, prima dal CdA da me presieduto e poi ribadito dalla gestione commissariale di adeguare i disciplinari per raggiungere l’equilibrio di bilancio aumentandoli di circa 750.000 euro;
l’immobile dato in garanzia, il cui valore veniva stimato da un dirigente della stessa Città Metropolitana, con una perizia asseverata, oltre 700.000, risultava essere abusivo;
In buona sostanza, la Pubbliservizi fallisce per appena 750.000 euro e per aver dato in garanzia un immobile abusivo e quindi privo di valore.
E l'azienda speciale?
Sarebbe dovuto essere un progetto per salvaguardare i dipendenti, ma di fatto ha tutelato il socio pubblico, o meglio qualche burocrate piuttosto che i dipendenti.
I sindacati, incomprensibilmente, invece di chiedere al socio pubblico la revoca in autotutela degli affidamenti ai privati, hanno concertato con il socio e l’ amministratore il subentro dei dipendenti con stipendi inaccettabili e inquadramenti insostenibili.
Con una operazione studiata ad arte, dopo aver redatto un elenco di dipendenti messi in cassa integrazione, figli di un dio minore, per consentire il transito di tutti, i sindacati, Città Metropolitana e l'amministratore unico nominato, hanno concordato un passaggio mortificante del tipo o così o disoccupati…
Una trovata apparentemente furba, per costringere i lavoratori a passare a minor costo nell'azienda speciale con queste modalità e senza possibilità di documentarsi adeguatamente.
Una sorta di ricatto con l'avallo dei sindacati.
I nodi, però, vengono sempre al pettine.
Il problema è, come preannunciato dall’assessore regionale agli enti locali all’ARS, di aver creato una azienda fotocopia.
E inoltre, mentre si aspetta di rendere operativi i servizi e uffici con interpelli inutili, Città Metropolitana affida i lavori a terzi, raddoppiando i costi e quindi arrecando un enorme danno erariale di cui, prima o dopo, si dovrà rendere conto.
Pare che i dirigenti di Città Metropolitana, a differenza della precedente gestione diventano più permissivi, non calcolano più penali per i mancati interventi, liquidano fatture con DURC sospetti e non rilevano più alcune anomalie.
Mi è stato riferito che i revisori contabili di questa azienda speciale, più volte, hanno evidenziato gravi problemi al socio Città Metropolitana, sembra, senza alcun esito e purtroppo per loro, pare abbiano evidenziato questi problemi solamente al socio.
Non è la mia materia ma questa operazione di vendita, anche alla luce delle dichiarazioni fatte dall'assessore Messina all'ARS, potrebbe essere interpretata come un’operazione in frode ai creditori.
Se avessimo salvato la società dal fallimento, il CdA l'avrebbe senz'altro portato avanti per incrementare servizi e remunerare di più il contratto.
Le modalità sono state sbagliate, frutto di intese sindacali che nulla hanno a che vedere con gli interessi dei lavoratori.
Il lavoro di tutti andava salvaguardato, fuori dubbio, insieme alla dignità.
È la prima volta che sento nostalgia della politica.
Mi auguro che torni presto negli enti metropolitani, i burocrati e i sindacati, in questi anni, hanno fatto il bello e il cattivo tempo, hanno scimmiottato la politica ma in modo ancora più disinvolto.
Meglio il potere politico che, malgrado logiche di partito e spartizione di poteri, deve fare i conti con gli equilibri di maggioranze, sfiduce e opposizioni, piuttosto che una burocrazia sorda e priva di controllo con alcuni sindacati accondiscendenti.
Quindi, in sintesi, perché secondo lei è fallita Pubbliservizi:
Per assenza, negli anni, di un serio controllo del socio pubblico.
Per la gestione incontrollata degli appalti.
Per la mancata volontà di un riequilibrio contrattuale.
E per qualche altro motivo ma questo lasciamo che siano gli organi competenti ad accettarlo.
Queste le ragioni tecniche, le ragioni che si è dato lei?
Nessuna ragione, solo scelte irrazionali.
Quindi?
Quindi hanno fatto finta di cambiare tutto per non cambiare nulla.
Questa è la storia della Sicilia, questa è la storia di Pubbliservizi, ora SCMC.
Questa è la verità!
Da rimanere allibiti ad ascoltare le parole, decisamente amare, del presidente Molino.
Del resto basta scorrere gli articoli in calce per rendere inspiegabile come sia stato possibile che non sia arrivata la cavalleria.
Allora la sintesi la facciamo noi: in pratica hanno fatto fallire per circa 700 mila euro di deficit operativo una società pubblica, (i cui curatori stanno peraltro espletando azioni di responsabilità per 11 milioni di euro), facendola ricomprare in asta ad altra società con lo stesso oggetto sociale, di proprietà dello stesso socio e con gli stessi soldi pubblici: beh, siamo al di là del bene e del male, non c'è dubbio.
Ci torneremo, anche perché, faremo accesso agli atti, dobbiamo ancora leggere queste famose quattro lettere dei Revisori dei Conti che, se contengono le contestazioni di cui si mormora, ci auguriamo siano già state trasmesse dalla Città Metropolitana alle autorità competenti: non averlo già fatto sarebbe un'omissione troppo pesante.
Leggi anche:
“Nuova” PUBBLISERVIZI: altra puntata surreale, e la “politica” resta alla finestra