La saga Pubbliservizi-SCMC è ormai un case study di livello internazionale.
I Revisori dei Conti continuano a scrivere note che ne sarebbe bastata la prima a far saltare sulla sedia gli organi responsabili, invece siamo già alla quarta e non si muove niente, neanche fossimo a Catania, l'unica città al mondo (esclusa Bogotà) dove può accadere di tutto e il contrario di tutto.
Per il momento lasciamo perdere che mancano ancora i bilanci, le condizioni salariali-mansionarie dei dipendenti, il fatto che i servizi per i quali la Città Metropolitana paga la SCMC vengono appaltati all'esterno, le vicende del DURC ballerino e la reale situazione dei versamenti contributivi. Lasciamo stare.
Torniamo invece al momento clou della vicenda, quando i poteri che potevano e dovevano risolvere i problemi della vecchia Pubbliservizi, affossata da incredibile mala gestio ed alla fine fatta saltare per appena 700 mila euro, decidono scientemente di farla fallire e, qui l'incredibile operazione, di sostituirla senza soluzione di continuità con un'altra società pubblica, appositamente costituita con lo stesso oggetto sociale e che comprerà all'asta, con i soldi pubblici della Città Metropolitana, l'azienda appena dichiarata fallita, con tutti i suoi dipendenti brutalmente demansionati e quel che c'era di macchinari e ammennicoli.
Attenzione, particolare non di poco conto: proprietaria della società fallita venduta all'asta e di quella che se la compra all'asta è la stessa Città Metropolitana.
La Pubbliservizi fallita resta con il suo enorme carico di creditori insoddisfatti nel guado di una procedura liquidatoria che chissà come e quando si chiuderà, con i commissari giudiziari che hanno avviato azioni di responsabilità per oltre 11 milioni di euro.
E basta ripercorrere gli articoli pubblicati, magari leggendo gli atti, per comprende che sono parecchie le anomalie,
tra gestioni commissariali inadeguate, consulenze illogiche che hanno condotto la Pubbliservizi dritta al fallimento, come se avessero fatto a gara per costringere il Tribunale a decretarne la fine.
Il colpo di teatro arriva con l'intervento in piena Assemblea Regionale dell'assessore cuffariano Andrea Messina, che entra nella partita Pubbliservizi non solo per essere di San Giovanni la Punta, quanto per aver nominato il commissario regionale della Città Metropolitana Piero Mattei, che materialmente costituisce la nuova azienda speciale SCMC nominando quale amministratore unico l'avvocato Mario Balsamo, di San Giovanni la Punta.
L'assessore Andrea Messina, nel suo illuminante intervento che lo colloca al secondo posto delle mirabilie del governo Schifani, essendo quelle di Turano sugli ERSU al momento insuperabili, fa delle dichiarazioni che lasciano allibiti per la loro portata confessoria.
Siamo al 21 marzo 2023 e l'assessore cuffariano risponde ad alcune interrogazioni dichiarando testualmente che la nuova azienda speciale che stanno costituendo, cioè la SCMC “dovrebbe ricevere per migrazione i dipendenti che saranno licenziati dalla Pubbliservizie saranno poi assorbiti dalla nuava Azienda Speciale.”
Quindi il piano era strategicamente approntato sin dall'inizio?
Mentre ancora stavano approntando gli atti costitutivi, al governo regionale era chiaro che si sarebbero acquisiti per “migrazione” i dipendenti della fallita.
E poi spiega: “Si dovranno stipulare i nuovi contratti ripercorrendo più o meno quello che è stato il percorso con la Pubbliservizi nel senso che dovranno contrattualizzare più o meno gli stessi servizi che in questo momento la Città Metropolitana ha di bisogno …e andrà a svolgere gli stessi servizi che più o meno svolgeva la Pubbliservizi.”
Andrà a svolgere gli stessi servizi della società fallita dello stesso proprietario? mmm, se lo dice l'assessore…
E ancora: “Stiamo aspettando che questa nuova società nasca e poi riassuma i 330 lavoratori che provengono chiaramente da parte della Pubbliservizi che purtroppo si trova in situazione di fallimento”.
Quindi erano pienamente coscienti di quanto stavano combinando, anzi lo stavano facendo appositamente.
Hanno fatto fallire una società pubblica piena di debiti e ne hanno costituita un'altra con lo stesso personale, poi peraltro salariamente massacrato, e che svolge gli stessi servizi di quella fallita.
Se una cosa simile l'avesse congegnata qualche privato, non è difficile immaginare come sarebbe finita.
Del resto, se per questo governo Schifani i revisori degli ERSU possono sostituire gli organi elettivi di enti pubblici, figuriamoci se non possono far fallire quante società vogliono e costituirne altre che ancora non si capisce come funzionano.
Figuriamoci, siamo in Sicilia mica a Bogotà.
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