La portata di quanto sta emergendo a seguito dell'inchiesta “Doppio Petto” della Procura di Catania è, ancora una volta, enorme nel suo squallore e nelle conseguenze che determina.
Devastanti.
Nel trattare la notizia ci si confonde nello scegliere a cosa dare priorità, tanto è grave il contesto: prima narrare il fatto? O è persino più importante l'assordante silenzio di gran parte delle istituzioni?
Infatti, quello che più colpisce, a tre giorni dalla bomba, il mutismo assoluto del comitato di presidenza di quella Confindustria Catania che alla legalità ed alla lotta alle infiltrazioni mafiose dedica l'incipit del suo “Codice Etico” e vi si dovrebbe adeguare.
In realtà sono intervenute, e molto duramente, praticamente tutte le associazioni antiracket, ma dalle varie istituzioni politiche il nulla assoluto. Almeno ufficialmente.
Ma andiamo con ordine.
Lo scorso venerdì esplode la notizia di una importante operazione antimafia della Procura di Catania denominata “Doppio Petto”.
Una poderosa ordinanza del GIP Fabio Di Giacomo Barbagallo accoglie le richieste del pool guidato dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e coordinata dai pm Assunta Musella e Fabio Saponara.
Tra le 150 pagine, alcune destano l'attenzione della stampa locale e nazionale.
Se ne comincia a parlare a partire dalla pagina 40 e si legge, tra l'altro, “Nella circostanza, RUGGERI Giovanni veniva fermato - all'uscita dello stabilimento dei fratelli Di Martino - da personale della Squadra Mobile che gli rinveniva indosso - custodita nella tasca interna sinistra del suo giubbotto - la somma di €4.000 legata con un elastico.”
E ancora, la parte più grave: "Di Martino Filippo, subito dopo escusso a s.i.t., confermava che l'azienda - da circa 20 anni - era sottoposta ad estorsione, soggiungendo che detta attività illecita aveva preso avvio con una richiesta di denaro destinato, nella prospettazione che gli era stata fatta, al sostentamento delle famiglie dei detenuti; l'importo, originariamente convenuto in due ratei annuali di € 1.000,00 ciascuno, era poi lievitato sino ad €4.000,00, con la consegna, quindi, ogni anno di complessivi €8.000,00. Analoghe dichiarazioni venivano rese da Di Martino Angelo che - riferendosi alla determinazione assunta illo tempore dal fratello e, poi, mantenuta nel tempo - precisava: "le persone a cui corrisponde l'estorsione sono mafiosi e pertanto ha insistito di pagare per evitare ritorsioni e lavorare tranquilli".
L'Angelo Di Martino di cui si parla è, appunto, l'attuale presidente di Confindustria Catania!
Quindi la sua azienda, tra le più importanti del settore della logistica, con un fatturato di gruppo che sfiora i 500 milioni di euro, pagava il pizzo alla mafia “per lavorare tranquilli”, e lo faceva da 20 anni!
E la cosa significativa che le ammissioni di Di Martino alla Procura sono del 2021, cosa che non gli ha impedito di candidarsi presidente di Confindustria.
E questo non gli ha impedito di ambire ad un ruolo prestigioso come quello di assumere la presidenza della maggiore organizzazione di rappresentanza degli industriali, la figura che li rappresenta nei più delicati tavoli istituzionali, con le varie amministrazioni.
Pagare il pizzo rappresenta una delle più gravi violazioni della condotta morale richiesta agli associati, figuriamoci ad un presidente:
Successivamente, con una delibera della giunta nazionale del 28 gennaio 2010, veniva ulteriormente ribadito l'impegno antimafia riferendolo esplicitamente alla “tutela della Trasparenza nelle associazioni del Mezzogiorno”, e si legge: "Costituiscono comportamenti dovuti, per gli associati alle organizzazioni del Mezzogiorno, la denuncia all’Autorità giudiziaria o la comunicazione all’Associazione di riferimento di aver subito un’estorsione o altro delitto che, direttamente o indirettamente, abbiano limitato la loro attività economica a vantaggio di imprese o persone riconducibili ad organizzazioni criminali
- eventuali condotte omissive saranno considerate comportamenti non in linea con i principi della Confindustria, con la conseguenza che i Probiviri per le funzioni disciplinari ed interpretative di ogni organizzazione dovranno valutarli ed eventualmente procedere all’applicazione delle sanzioni statutariamente previste".
Altro che, a Catania chi paga il pizzo senza denunciare niente per 20 anni diventa nientemeno che Presidente!
Al deflagrare della notizia, in una città normale, ci si sarebbe infatti aspettati le immediate dimissioni, e invece si apprende che nei giorni precedenti si stava discutendo all'interno del comitato di presidenza di Confindustria Catania della possibilità di candidare Angelo Di Martino quale “Cavaliere del Lavoro”, essendo peraltro già “Commendatore della Repubblica”: uno che paga il pizzo alla mafia da 20 anni, appunto!
Non solo non sono arrivate le dimissioni, ma, questo forse sconcerta di più, neanche una minima presa di posizione da parte del comitato di presidenza di Confindustria Catania che è formato dal Vice presidente Vicario Gaetano Vecchio, dai vice presidenti Lucio Colombo, Salvatore Gangi, Miriam Pace, Miriam Pace, Antonio Perdichizzi, Eliano Russo e dal Past President Antonello Biriaco.
Col ruolo di Tesoriere fa parte anche Santi Finocchiaro che pare nei giorni scorsi abbia autorizzato un bonifico per l'acquisto di una bella Mercedes serie S di rappresentanza, ma questa è un'altra storia.
Un silenzio pesante quello di imprenditori importanti posti al vertice dell'organizzazione di rappresentanza degli interessi e della moralità degli industriali: tra questi, ad esempio, il Vicario Gaetano Vecchio ha di famiglia una lunga storia di lotta alle estorsioni, con il padre senatore Andrea, fondatore della Cosedil, sul cui profilo Wikipedia si legge: “Nel corso degli anni, l'impresa di Vecchio ha subito attentati e danni ai cantieri, ai depositi e agli automezzi. L'attentato più eclatante, ha dato avvio a una serie di iniziative pubbliche. Da quel momento Vecchio è stato coinvolto in numerose attività con i ragazzi delle scuole, andando in giro per la Sicilia ma anche nel resto d'Italia, a portare la sua testimonianza.”
E ora? Silenzio!
Per non dire che tra i vice presidenti di Di Martino ci sono i manager rappresentanti di due colossi quali ST ed Enel: SILENZIO!
E gli altri tutti esponenti di quell'ANCE, la rappresentanza degli imprenditori edili, che dovrebbe essere più che sensibile a temi come questi: Silenzio.
Tra l'altro di questa disponibilità a pagare il pizzo alla mafia da parte dei Di Martino c'era già un precedente di qualche anno fa, quando un pentito testimoniò episodi estortivi: di questa notizia lo scorso luglio Sudpress chiese spiegazioni tramite PEC ai vertici di Confindustria nazionale, forse la stanno ancora esaminando, la pec, ed ora è certamente superata da questa nuova inchiesta e, soprattutto, dalle ammissioni raccolte a verbale dagli investigatori del presidente di Confindustria Catania Angelo Di Martino, che manda agli associati ed al mondo imprenditoriale il messaggio devastante di pagare la mafia “per lavorare tranquilli”.
E ora? Silenzio?
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