Che la Sicilia venga vista come un villaggio turistico dove trascorrere le vacanze, è un dato di fatto.
Se una settimana, fa passeggiando tra i social, vedevamo allarmismo per il cambiamento climatico e per gli incendi, a distanza di un paio di giorni sembra che tutti si siano dimenticati degli avvenimenti e che rimanga una grande questione: “Le vacanze di chi scende in Sicilia”.
Le lamentele sull’aeroporto ed i suoi voli annullati, l’aria irrespirabile, l’eccessivo caldo…
L’unico interesse da parte dei visitatori è per quanto riguarda le loro vacanze rovinate.
Come se la Sicilia esistesse solo per 2 settimane l’anno, il resto non conta.
Veniamo visti come una sorta di grande campeggio dove trastullarsi senza rispetto, dove viene sottolineata la differenza tra “noi” e “loro”.
Dare tutto per scontato sbattendo i pugni, perché quando si arriva in Sicilia tutto deve essere impeccabile, in ordine, perfetto, non si ammettono dilazioni.
Il turista è sacro per la nostra terra, viviamo prevalentemente di questo, non possiamo negare l’evidenza, ma c’è differenza tra turista che concepisce le difficoltà di una terra abbandonata dallo stato dalla prima Repubblica e chi, invece, frega solo del suo benessere.
Non è regionalismo spicciolo, non è difendere la propria terra, è più sottile di così.
Dobbiamo sottolineare che la Sicilia vale quanto le altre regioni e che il danno economico degli incendi e della mancanza di energia e di acqua non è solo a scapito del turista, ma di chi quella terra la vive tutti i giorni.