Appena ieri siamo tornati ad occuparci dopo diverso tempo dell'università di Catania, ed oggi dobbiamo replicare.
L'articolo, che ha ottenuto enorme riscontro e provocato ulteriori segnalazioni, ha raccontato le prodezze del docente di economia Vincenzo Pisano che, avendo aggredito verbalmente e minacciato con insulso turpiloquio uno studente durane la lezione, si è beccato una sospensione di 20 giorni. Che a molti è parsa troppo generosa.
Non è detto che fatti come quello narrato ieri, e ancor di più gli scandali tipo “Università Bandita”, l'esagerato nepotismo, la mancanza di trasparenza, una gestione così discutibile e discussa, quella “Malauniversità” catanese ormai oggetto di libri e trasmissioni giornalistiche nazionali, non siano la diretta conseguenza del continuo, inarrestabile declino di questo ateneo che ha avuto una storia gloriosa ed un ruolo fondamentale per la comunità di riferimento.
Ed il danno per il territorio è immenso, di natura sociale, culturale, politico ed economico.
Ma questi aspetti li esamineremo prossimamente, perché l'opinione pubblica deve rendersi conto del costo enorme che si subisce nell'avere una università ridotta in questo modo, intanto basti pensare alle centinaia di milioni sottratti al PIL locale dalle migliaia di studenti che devono scegliere il pendolarismo universitario.
Ma torniamo alla notizia che è del pomeriggio di ieri: è stato pubblicato il rapporto annuale CENSIS che analizza e classifica le univarsità italiane.
Per Catania è il definitivo disastro, il certificato finale di una gestione che ha annientato ogni prospettiva, sancendo un trend negativo che pare inarrestabile, eppure accade nell'indifferenza generale, con una classe politica altrettanto imbelle ed un'opinione pubblica ormai incapace di capire che simili circostanze compromettono direttamente ogni prospettiva di crescita.
Nella classifica CENSIS per l'anno accademico 2023/2024 l'Università di Catania è riuscita a classificarsi ultima, diciottesima sulle diciotto cosiddette “grandi università”, quelle cioè che contano tra i 20 mila ed i 40 mila iscritti.
E già quest'ultima fu notizia scandalosa rimasta sottaciuta, il passaggio dai “mega atenei”, quelli con più di 40 mila iscritti cui appartenne per decenni.
Si badi che uscire dal novero dei mega atenei non è solo un fatto d'immagine o estetico, comporta automaticamente la riduzione di fondi da destinare alla formazione e quindi un altro danno diretto alla comunità.
Sembrava potesse bastare la notizia combinata della perdita di iscritti con quella di mega ateneo ed il pessimo risultato in classifica per indurre ad un cambio di passo, ed invece sono riusciti a fare di peggio.
Ma, come si dice, al peggio non c'è fine e per l'anno 2023/24 si sono superati, riuscendo nientemeno a classificarsi ultimi nella classifica CENSIS.
ULTIMI!
Superati persino da Messina, che invece riesce a scalare ben tre posizioni e con l'ulteriore onta di vedere l'università della Calabria tra le prime tre: e noi catanesi che siamo sperti, ULTIMI!
L'università di Catania riesce ad ottenere appena 76,8 punti, ben 14, 4 in meno rispetto alla prima classificata che è quella di Pavia e 13,4 sotto quella della Calabria. Pazzesco!
Sicuri che gli scandali non c'entrino?
Sicuri che quei metodi di gestione, quei metodi di selezione della sua classe docente, la gestione degli appalti e servizi, la mancanza di trasparenza NON C'ENTRINO?
E QUANTO COSTA ALLA CITTÁ AVERE UNA UNIVERSITÁ RIDOTTA COSÍ?
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