Si trascina dall'estate del 2018 uno degli scandali più eclatanti che sia mai emerso a Catania, quando la Procura, a seguito delle indagini della DIGOS, mise a nudo l'incredibile sistema che governava l'Università di Catania.
L'inchiesta che, almeno apparentemente, squassò l'apparato accademico etneo venne intitolata "Università Bandita" e coinvolse due rettori, ben nove direttori di dipartimento ed un numero straordinario di docenti ed ex docenti.
Diciamo "apparentemente" perchè, al di là dei titoli dei giornali di tutta Italia e non solo, di fatto non accadde praticamente nulla: la maggior parte degli imputati è ancora al loro posto o addirittura promosso.
Per di più l'Università di Catania continua a scivolare in basso in tutte le classifiche, è uscita dal novero dei "mega atenei" e adesso risulta addirittura penultima in quella CENSIS delle performance.
Un disastro.
Nel silenzio pressoché generale, a ricordare che il processo comincia, almeno quello che vede alla sbarra i big, è il settimanale L'Espresso attualmente in edicola, quello uscito il 18 settembre.
Un articolo, detto per inciso e non è la prima volta, che non ha trovato spazio nella "rassegna stampa" dell'Università di Catania, che poi è la stessa istituzione pubblica che continua a secretare i verbali del consiglio di amministrazione e del senato accademico: la TRASPARENZA evidentemtente non è un valore accademico!
Lo fa a pagina 64 l'articolo a firma Gloria Riva con un titolo pesantissimo: "UNIVERSITÁ=OMERTÁ".
Sopratitolo: "Scandali Italiani".
Sommario: "Si moltiplicano le indagini sui concorsi truccati. Se ne occupa anche l'Antimafia, pochi denunciano per paura delle ritorsioni."
La parte dedicata all'Università di Catania è micidiale e riporta testualmente le parole di uno dei procuratori titolari dell'indagine, Raffaella Vinciguerra, che parlando dell’operazione “Università bandita” ha detto: «Sul codice sommerso di comportamento dei docenti siamo rimasti, noi magistrati, basiti nel ritrovare delle conversazioni e delle modalità procedurali paramafiose. È un codice sommerso basato sul ricatto e sul guadagno reciproco che prescinde assolutamente dal merito. La cosa che rattrista è che quella che dovrebbe essere la culla della scienza e quindi la speranza del Paese, in realtà adotta gli stessi metodi che noi magistrati ritroviamo nelle associazioni mafiose».
MI-CI-DIA-LE!!!
Eppure...tutto continua a scorrere come nulla fosse, e verso il basso per giunta...
L'autrice dell'articolo domanda: "Perché pochi denunciano?" ed a rispondere è una delle vittime più note del "Sistema", il ricercatore Giambattista Scirè, fondatore della battagliera associazione "TRA-ME Trasparenza e Merito" che annovera ormai centinaia di docenti associati ed è intervenuto anche in Commissione Nazionale Antimafia: «Il sistema è omertoso. C’è una diffusa mafia accademica che si basa su scambio di favori, controllo del potere, spartizione dei posti e una stretta osservanza del codice del silenzio».
Ma a Catania tutto continua a scivolare. Verso il basso.
E CHISSÁ SE QUESTO ARTICOLO LO METTERANNO NELLA "RASSEGNA STAMPA"...
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